Il gesto beffardo di Ante Rebic dopo il gol-beffa all’Argentina
Da ieri sera la Croazia è una delle favorite del Mondiale di Russia 2018. La scoppola rifilata all’Argentina parla chiaro. Wilfredo Caballero scherza con Ante Rebic, e mal gliene incoglie. Da lì in poi, la squadra che domina in virtù di una classe superiore non è l’albiceleste del fenomeno Messi ma la squadra a scacchi biancorossi dei fenomenali Modric, Rakitic e Mandzukic. All’Argentina per tornare a casa basta che oggi tra Islanda e Nigeria siano i vichinghi a prevalere. Dopodiché il drammatico spareggio della terza partita contro la squadra africana che già le dette un cocente dispiacere ai Giochi Olimpici di Atlanta 96 potrebbe non bastarle.
A Zagabria sognano già di ripetere Francia 98 ed un terzo posto che sembrò loro addirittura stretto. Per scaramanzia nessuno dice che per quello che si è visto finora stavolta potrebbe addirittura arrivare qualcosa di più. Dopodiché ci sarà da interrogarsi sul miracolo non soltanto sportivo di questo paese che da una generazione all’altra mette in fila performances sorprendenti.
Ci sanno fare i croati. Hanno sempre tratto il massimo da ogni situazione. Durante la guerra del 40-45 erano nostri alleati e furono più feroci dei nazisti, ma essendo riusciti a piazzare uno di loro – Josip Broz detto Tito – a capo dei partigiani si sono goduti un dopoguerra niente male, amministrando tra l’altro nuovi territori sottratti all’ex alleato italiano e italiani da sempre. Durante la guerra del 91-92 che divise la Jugoslavia orfana del croato Tito, riuscirono a sfilare di mano alla coriacea e ferocissima Serbia tutta o quasi la fascia costiera, dall’Istria fin quasi alla Macedonia. Una miniera d’oro per un paese a vocazione soprattutto turistica.
Pur essendo poco più di quattro milioni di abitanti, sono un fenomeno sportivo, riuscendo a mettere in campo sempre una delle migliori nazionali nel calcio, una delle prime tre o quattro nel basket, una delle regolari finaliste nei tornei europei e mondiali nella pallanuoto, diversi dei migliori tennisti del ranking. Nel calcio di club, Modric è da anni una colonna portante del Real Madrid, Rakitic lo è da qualche anno nel Barcellona in cui a questo punto rischia di oscurare la stella di Messi, Mandzukic lo è della Juventus dopo esserlo stato del Bayern Monaco. Questo per citare solo i nomi più famosi di una generazione di campioni croati che rischia di oscurare nella fama quella del ‘98, di Davor Suker & c. Una generazione di fenomeni, come già accadde negli anni cinquanta all’Ungheria e negli anni settanta all’Olanda.
Festa a Zagabria dunque e lutto nazionale a Buenos Aires. Dove tutte le colpe rischiano di gravare sulle spalle del già citato portiere Caballero e dell’allenatore Jorge Sanpaoli, del quale dicono che le sue squadre giocano addirittura peggio di come lui si veste (e dategli torto). La verità è che l’Argentina si presentava a questi mondiali – come del resto a quelli precedenti – come una portaerei carica di diverse armi letali, malgrado si fosse permessa di lasciare Icardi a casa dalla moglie Wanda e Higuain in panchina. Ma del resto, se hai in squadra la Pulce che qualcuno – molti – hanno paragonato negli ultimi anni a Diego Maradona, è inevitabile che la tua naturale predisposizione alla presunzione (in Sudamerica sono pochi coloro che abbiano in simpatiagli argentini tra le altre popolazioni) risulti ingigantita alla massima potenza.
Leo Messi fallisce l’ennesima occasione – la quarta – di giustificare l’accostamento del suo nome a quello di Dieguito. E a questo punto sarà l’ultima. Il limite di questo funambolo cresciuto e invecchiato nella riserva protetta catalana è sempre stato il carattere. A parità di talento con CR7, quest’ultimo è un condottiero che riesce a tirare fuori dai compagni anche più di ciò – tanto, tantissimo – che riesce a tirare fuori da se stesso. Messi no, Messi è un uomo che ogni volta che mette piede fuori di Barcellona sprofonda sotto il peso di fama e responsabilità che il suo temperamento non sa gestire. I suoi occhi, sia che risuoni l’inno argentino sia che si avvicini al dischetto del rigore, sono quelli di un uomo preoccupato, a volte di un uomo già sconfitto prima ancora di giocare. Diego vinceva le partite anche da solo, Leo le perde da solo, prima ancora che i suoi a volte più scarsi compagni abbiano il tempo di dargli una mano. Come il prode Caballero ieri.
Stasera tocca al Brasile. Altri eroi di cartone, a cominciare da quel Neymar che assomiglia a Ronaldo (il brasiliano, appunto) o addirittura a Pelé come Gian Piero Ventura a Vittorio Pozzo? Oppure squadra che per una volta saprà attingere all’umiltà sufficiente per rendersi conto che in Sudamerica nessuno vuole bene al Brasile più che all’Argentina, e questo Costa Rica mena di santa ragione, soprattutto se vede verde-oro?
Vediamo. Il nostro pronostico finale resta quello iniziale: o una prima volta, come quella di Russia o Croazia, o una seconda, come quella dell’Inghilterra o della squadra erroneamente iscritta alla Federazione europea, la Francia a trazione integrale africana. E’ il mondiale della rivincita per paesi che hanno sempre dovuto guardare gli squadroni da dietro le loro spalle. Ed è, se non si sciupa d’ora in avanti, un bel mondiale.
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