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Россия 2018 – L’Africa vince i Mondiali di Calcio

Per la seconda volta nella sua storia, la Francia è campione del mondo di calcio

MOSCA – La prima notizia, scontata, è che la F.I.F.A. omologherà il Mondiale di calcio 2018, ed il risultato finale che vede la Francia fregiarsi per la seconda volta in vent’anni del titolo di campione. Non si può del resto chiedere né ottenere, neanche alla luce di quanto si è visto ieri allo Stadio Lužniki di Mosca, l’annullamento della competizione. E difficilmente Gianni Infantino, presidente FIFA succeduto a Blatter che ha dichiarato di ritenere l’edizione russa dei Mondiali la migliore di tutti i tempi, lo concederebbe.

Gianni Infantino, presidente F.I.F.A.: «la migliore edizione di sempre»

Gianni Infantino, presidente F.I.F.A.: «la migliore edizione di sempre»

La Francia dunque supera la Croazia in una delle finali più brutte e tecnicamente misere di sempre, anche se la peggiore in assoluto resta quella Germania Ovest – Argentina finale di Italia 90 che rappresenta probabilmente un limite insuperabile nei secoli dei secoli. Ma anche ieri, a suggello di una manifestazione che – con buona pace di Infantino – era iniziata promettendo molto e poi mantenendo poco e sciupando quasi tutto, le protagoniste dell’atto conclusivo si sono messe d’impegno a mostrare tutta la loro pochezza. Sempre Infantino non ce ne voglia, ma le finaliste di Russia 2018 in altre edizioni avrebbero stentato ad ottenere il passaggio del turno nella fase a gironi. Ieri invece hanno avuto il diritto di scrivere una pagina di calcio che potrebbe benissimo essere letta come l’anticamera della sua fine, almeno per come lo abbiamo conosciuto: l’ex sport più bello del mondo.

Più della Croazia sconfitta dall’ormai consueto e ultrabrevettato catenaccio e contropiede francese, è il Belgio vincitore della finalina del terzo posto contro l’Inghilterra che può recriminare per non aver vinto una competizione in cui è apparso decisamente come la squadra migliore. Se Hazard (l’unico vero fuoriclasse messo in mostra dalla kermesse russa) e soci avessero avuto un terminale offensivo meno imbarazzante del mastodontico e sgraziato Lukaku, la Coppa del Mondo l’avrebbero alzata loro e Macron se ne sarebbe rimasto a Parigi.

Invece, la Francia, che ha capitalizzato tutto quanto di favorevole le è capitato con il minimo sforzo, porta a due i suoi successi nell’albo d’oro dei Mondiali, raggiungendo l’Argentina. Ma se si toglie uno Mbappe sicuramente ragazzo di belle speranze (se si ricorda di non correre più veloce del pallone, questo sport si chiama calcio, non atletica leggera) ed un Griezmann che ricorda molto il Beppe Signori di USA 94 (non poca roba, ma nulla più), la selezione transalpina appare come uno spot per tutto ciò che non vorremmo che diventasse il calcio, e invece lo diventerà. Lo sta già diventando.

Stamattina i commentatori politologi prestati al giornalismo sportivo si sperticano in lodi per il modello di integrazione razziale della Francia oggi in festa. Quel modello che, prima di trovare 11 pedatori decenti da mettere in campo per questo torneo, aveva peraltro mostrato in diverse e assai più serie circostanze le sue drammatiche lacune. Ma tant’é, la banda di Deschamps (il terzo di sempre a vincere un Mondiale sia da giocatore che da allenatore, dopo Zagallo e Beckenbauer), costellata di nomi che – a differenza degli omologhi inglesi di Southgate – hanno poco o nulla di autoctono, è apparsa più che altro la prima squadra africana forte abbastanza da poter vincere un titolo mondiale, piuttosto che l’erede delle brillanti formazioni capitanate da Michel Platini e Zinedine Zidane.

Del calcio champagne di quei tempi (che autorizzava i nostri cugini, secondo loro, a guardarci dall’alto in basso in quanto biechi difensivisti) sono piene ormai le fosse biologiche. Il gioco della Francia è muscolare, rugbistico, opportunistico. Per la prima volta vince una finale una compagine che ha avuto il possesso palla per solo il 36% del tempo. Tutti dietro, palla lunga e pedalare. Oggi sugli Champs Elysees si farà festa lo stesso, anzi. Ma il calcio dei bleus è davvero il certificato di morte del gioco che una volta era il più bello del mondo.

Dall’altra parte, una Croazia sopravvalutata, con un campione sopravvalutato (facile giocare in Spagna con gli arbitri che ti riparano anche dai colpi di vento, quando il gioco si fa duro Luka Modric esce dal gioco, il nostro Mario Frustalupi – per dirne uno – era un giocatore di maggior spessore di lui) e tanti comprimari del consueto spessore agonistico (ai croati non manca mai, in guerra come nello sport) e di accettabili doti tecniche. Poco, troppo poco per giustificare ambizioni mondiali. La Croazia anch’essa ha fatto già tanto ad arrivare qui, superando due ostacoli al terno al lotto dei rigori ed infine l’Inghilterra in semifinale più che altro per insipienza tattica di quest’ultima. La Francia, inguardabile ma più concreta, l’ha giustiziata tutto sommato con facilità.

Da sinistra: Emmanuel Macron, Gianni Infantino, Vladimir Putin, Kolinda Grabar-Kitarović

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Il più pericoloso dei croati, quel Mario Mandzukic che quasi da solo aveva vinto la semifinale, oggi si è ripetuto due volte, ma la prima purtroppo per lui nella propria porta. Al vantaggio francese ha risposto Perisic, autore dell’altro gol (di dubbia regolarità) in semifinale. Per poi riequilibrare la sorte con un fallo di mano che la Var ha imputato come passibile di rigore. L’arbitro argentino Nelson Pitana concede, Antoine Griezmann trasforma. Francia al riposo in vantaggio.

Nella ripresa, le masse muscolari francesi hanno avuto ragione di quelle croate, caricate di extra lavoro dai supplementari affrontati in quasi tutte le gare. Sul 3-1 dello sgraziatissimo, tentacolare ma a suo modo letale Pogba, la difesa croata si è disposta come le belle statuine e l’ex juventino ha avuto tempo e agio per tirare prima di destro e poi di sinistro. Il portiere Subasic ha compensato anch’egli le prodezze compiute nei turni precedenti facendosi sorprendere come una statua di sale. E si è ripetuto sul 4-1 di Mbappe, tiro da fuori area tutt’altro che irresistibile, se non per un portiere esausto, non più in grado di buttarsi, privo ormai di riflessi.

Per non essere da meno, il suo collega Lloris dall’altra parte si conquista il premio Pistola d’Oro scherzando con Mandzukic e pagando ovviamente pegno. Su questo spettacolo da partitella tra dopolavoristi verrebbe voglia davvero di spegnere la televisione e chiedere l’annullamento della competizione. Peggio di così non si era mai visto. C’é tempo ancora invece per due ciapa no francesi in area croata, uno di Pogba, l’altro di Griezmann. Vive le curé, viva il parroco.

Poi è finalmente la fine. Gioia per la Francia, sollievo per il resto del mondo. Mai come stavolta i francesi hanno avuto peraltro così pochi sostenitori al di fuori dei loro confini. Festeggiamenti quasi paesani, sembra quasi abbiano vinto l’Europa League invece della Coppa del Mondo. Anche se all’Europa League, a ben guardare, le squadre africane come questa Francia non possono partecipare.

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Le effusioni di Macron sotto gli occhi della moglie con la Grabar-Kitarović

Macron abbraccia la bionda presidentessa croata Kolinda Grabar-Kitarović, e sembra quasi che ci stia a provare. La classe sembra sempre più acqua, oltre Ventimiglia, l’atmosfera è casereccia, e non rende giustizia a questi Mondiali di Russia, che non saranno stati la migliore edizione di sempre (come vuole un presidente FIFA troppo preso dalla necessità di stabilire le distanze dalla precedente gestione) ma che di sicuro hanno operato un bellissimo restyling dell’immagine del paese organizzatore, la Russia. Le cose non hanno mai funzionato così bene di contorno al Mondiale, questo è giusto dirlo al momento di lasciare Mosca.

Per quattro anni la Coppa resterà a Parigi. Gianni Infantino già proclama che la prossima edizione, quella che si disputerà tra quattro anni non più su campi in erba ma sulle assurde sabbie del Qatar, sarà la migliore di sempre. Tra quattro anni, di questo passo, chissà come sarà ridotto il nostro povero calcio.

До Свидания (*)

Vladimir Putin nel discorso di chiusura: «Russia, questo Mondiale è la tua vittoria»

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(*) Da svidania, arrivederci

Autore

Simone Borri

Simone Borri è nato a Firenze, è laureato in scienze politiche, indirizzo storico. Tra le sue passioni la Fiorentina, di cui è tifoso da sempre, la storia, la politica, la letteratura, il cinema.

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