Era l’11 maggio 1969. Più di cinquant’anni fa. Da lì partono i miei ricordi di bambino viola. Alla grande. Ricordo mio padre che mi tiene per mano, alle Cascine, passeggiando su e giù nervosamente come decine e decine di altri signori con bambini. Nell’altra mano la radiolina incollata all’orecchio, l’audio talmente forte e nitido che lo posso sentire anch’io.
La Fiorentina va in vantaggio, la Juve preme per pareggiare, Superchi para tutto, la Fiorentina raddoppia… si arriva al novantesimo. Ricorderò sempre finché vivo la voce che interrompe la radiocronaca in corso con l’annuncio: «Scusa, scusa, qui Torino, la Fiorentina è campione d’Italia».
Ricordo la radiolina che vola via dalla mano di mio padre, e lui, che come decine di altri signori maturi, all’improvviso si trasforma in un ragazzino poco più grande di me, che ride, impazza ed urla di gioia. E noi bambini che crediamo per un giorno che il mondo sia sempre bello come quel giorno lì.
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