Diario Viola Fiorentina

Storia della Fiorentina – 21. E poi lo chiamarono Batigol

Hanno un bel dire che è sintomo di provincialismo. Una vittoria sulla Juventus come quella del 6 aprile 1991, con tanto di coreografia rinascimentale, umiliazione dell’avversario, sberleffi, sciarpa viola raccolta da un Baggio annullato dall’emozione, vale una stagione e anche qualcosa di più. Oltretutto una stagione che non c’è verso di raddrizzare in altro modo, e che si conclude con il secondo dodicesimo posto consecutivo. E’ vero che il primo della gestione Cecchi Gori ha molte attenuanti rispetto all’ultimo della gestione Pontello. Ma le lune di miele a Firenze durano sempre poco, e i nuovi proprietari – che non hanno fatto proclami, ma nemmeno mistero di voler portare a vincere la loro Fiorentina – sanno benissimo che le attenuanti e i bonus vanno presto in scadenza, e che è il caso di darsi da fare per allestire una squadra all’altezza di una città che non ha ancora rinunciato alle sue ambizioni.

Mario Cecchi Gori, il presidente-tifoso, sa bene di cosa ha bisogno Firenze: una squadra forte che faccia sognare i tifosi ed un numero 10 capace di cancellare il ricordo di Roberto Baggio. I suoi acquisti sono finalizzati a soddisfare entrambe le esigenze. A centrocampo, il compito affidato al giovane Massimo Orlando (che nel frattempo è stato riscattato dalla Juventus) appare troppo gravoso per lui. Si cercano altri talenti, come quel Pietro Maiellaro che arriva da Bari. Occhio al calcio internazionale, in Sudamerica una giovane seleccion Argentina è tornata a vincere la Copa America dopo diverso tempo. Al centro di quella formazione, un giovane talento che sembra ripercorrere le orme di quel Maradona che ha appena concluso la sua esperienza italiana (e probabilmente la sua stessa carriera) in fuga dalla Polizia di Stato che vuole chiedergli conto delle sue intemperanze a base di cocaina (qualcuno dice, anche di quelle commesse ad Italia 90).

Diego Latorre sembra proprio una grande promessa del calcio mondiale, e Cecchi Gori brucia tutti spedendo i suoi emissari a Buenos Aires per mettere sotto contratto il nuovo numero 10 biancoceleste. I dirigenti del Boca Juniors sono più che d’accordo, ma insistono per mettere sul piatto, compreso nel pacchetto, anche l’acquisto di un giocatore fino a pochi mesi prima sconosciuto. Un giocatore che con i suoi cinque gol è stato determinante per la vittoria argentina in Cile. Viene chiesto il parere di Mario Cecchi Gori a Firenze. Il patron esita un po’, alla fine dice sì, prendeteli tutti e due. Gli andrà male con Latorre, talento che rimarrà in boccio senza esplodere mai veramente. Andrà invece benissimo, a lui, a tutti i fiorentini, al calcio mondiale, con l’altro. Che un giorno diventerà il più forte centravanti del suo tempo.

Con i suoi cinque gol Gabriel Omar Batistuta è il capocannoniere della Copa America 1991, vinta dall’Argentina

Gabriel Omar Batistuta viene da Reconquista, dove i genitori si erano trasferiti quando lui aveva sei anni. Era nato ad Avellaneda, più a nord verso l’Uruguay. Il padre commerciante di carne e la madre segretaria scolastica avevano assecondato inizialmente quel loro figlio irrequieto che sembrava manifestare interesse solo per pallavolo e pallacanestro. Ma in Argentina é difficile restare lontani dal futebol, e così a sedici anni il giovane Gabriel aveva trovato i due veri amori della sua vita: il pallone e Irina Fernàndez.

Inizialmente, i suoi compatrioti lo avevano chiamato el Gringo, per i suoi capelli biondi. Quando arriva in Italia, acquistato dai Cecchi Gori come completamento dell’operazione Latorre, i tifosi viola inizialmente lo guardano con perplessità, soprannominandolo camion, per i suoi fondamentali ed i suoi movimenti un po’ grezzi. Sarà pure il centravanti capocannoniere dell’Argentina in Copa America, ma a qualcuno sembra tanto di rivedere Oscar Dertycia, il suo connazionale che appena due anni prima si era rivelato uno dei più grandi flop della storia viola.

I tifosi fiorentini sono esigenti, si sa, ma l’argentino è un gran lavoratore e ha un gran carattere. Altro che Dertycia, a Gabriel non vengono esaurimenti nervosi, li fa venire lui agli avversari. Dopo un anno di duro allenamento, gli stessi tifosi lo chiameranno Batigol. Dopo aver affrontato addirittura uno spogliatoio che inizialmente gli si schiera contro, con i compagni che, istigati dall’aperta ostilità del brasiliano Dunga, gli preferiscono Stefano Borgonovo, Batistuta si prende la maglia di titolare dell’attacco, il titolo di capocannoniere viola con 13 gol (con il povero Stefano che, mai completamente ripresosi dagli infortuni in serie subiti al Milan, si ferma a 7) e a partire da quella stagione si prende anche la Fiorentina, e ciò che più conta, il cuore dei suoi tifosi.

Firenze ha cercato un altro campione da leggenda di cui innamorarsi ed ai cui piedi deporre le chiavi della città. Senza in un primo tempo accorgersene, ha trovato subito ciò che cercava. La sua maglia però non sarà la numero 10, ma la 9.

Gli acquisti del leccese Mazinho e di quel Marco Branca proveniente dalla Sampdoria che ha appena vinto uno splendido e sorprendente scudetto, sembrano completare un mazzo di squadra destinata finalmente a riprendere vecchi discorsi di gloria. Proprio la vittoria della Samp di Vialli, Mancini, Boskov e del presidente Mantovani ha appena dimostrato che si può fare. Basta crederci, e spendere adeguatamente.

Batistuta e Dunga, grandi caratteri, zero feeling

Ma non è nemmeno quello l’anno della Fiorentina, e non solo perché il Milan affidato a Fabio Capello riprende il suo di discorsi di gloria, diventando un rullo compressore. Lo spogliatoio spaccato, le difficoltà iniziali dei nuovi, la guida di un Lazaroni che si conferma sempre più pesce fuor d’acqua nel calcio europeo, fanno sì che per la terza stagione consecutiva la Fiorentina si confermi squadra che stenta e non fa risultato. Passi per la sconfitta a Torino la prima giornata, ci può stare, non è sempre tempo di grandi imprese. Ma quando alla quinta arriva quella in casa con la Roma, per Mario Cecchi Gori (che nel frattempo, per i tifosi che riconoscono ed apprezzano la sua passione per il momento non assecondata dalla fortuna, è diventato Marione) la misura è colma.

Via il brasiliano ereditato da Pontello, dentro una vecchia conoscenza dei tifosi viola. Gigi Radice era già stato qui, nel 1973-74, prima di andare a vincere due anni dopo lo scudetto con il Torino di Orfeo Pianelli e dei gemelli del gol Graziani e Pulici. Gigi è un vincente, ed anche un tipo alla mano, un allenatore del popolo. A Firenze piace, per tanti motivi.

Il campionato 1992 della Fiorentina resta tuttavia assolutamente non eccezionale, e si concluderà con il terzo dodicesimo posto a fila. Ma, anche quell’anno c’è quel ma capace di dare un sapore diverso alla stagione. Viene di nuovo messa sotto la Juve a Firenze, stavolta è 2-0. Le reti le segnano Branca e Batistuta, che comincia a scavarsi la sua nicchia nel cuore dei fiorentini proprio quel giorno. Baggio è di nuovo inesistente e sembra ormai dimenticato, il pubblico è in delirio e un nuovo ciclo forse si sta finalmente aprendo. Il leader, l’uomo-squadra c’è, basta solo costruirgli intorno il resto. I tifosi nel frattempo hanno preso a chiamarlo con un soprannome che diventerà leggenda. E’ cominciata l’epopea di Batigol.

La “discutibile” maglia della stagione 1992-93

Nell’estate del 1992 la campagna acquisti di Marione è sontuosa.  Arrivano Stefan Effemberg e Brian Laudrup, due alfieri di Germania e Danimarca, finaliste dell’Europeo di quell’anno. Dal Foggia-spettacolo di Zeman arriva Ciccio Baiano, che pare fatto apposta per formare insieme a Batistuta una coppia esplosiva di gemelli del gol. In difesa arriva una promessa dal Brescia, Daniele Carnasciali.

Insomma, Mario Cecchi Gori fa sul serio. Conferma il tecnico Radice, che ha un buon feeling con squadra e tifosi. Pare, Milan permettendo, l’anno buono. Un anno finalmente di bel gioco e di soddisfazioni. La Fiorentina conclude il girone di andata al secondo posto dietro il Milan stellare di Fabio Capello.

Sono passati poco più di due anni dai tumulti di Piazza Savonarola. Siamo in testa alla classifica (o quasi) con una squadra completamente rinnovata. Stai a vedere che Gigi Radice fa il miracolo come nel 1976 nella Torino granata? Ogni sogno sembra lecito.

Poi, accade l’incredibile …

Autore

Simone Borri

Simone Borri è nato a Firenze, è laureato in scienze politiche, indirizzo storico. Tra le sue passioni la Fiorentina, di cui è tifoso da sempre, la storia, la politica, la letteratura, il cinema.

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