Diario Viola Fiorentina

Storia della Fiorentina – 27. Gli ultimi fuochi

13 giugno 2001, Stadio Franchi

Nove anni trascorsi a Firenze. Numeri che fanno impressione, e resteranno nella storia. Capocannoniere viola più prolifico di tutti i tempi, avendo superato Kurt Hamrin di un gol, 152 a 151. Record di giornate a segno consecutive, 13, avendo superato anche in questo caso di un gol Ezio Pascutti del mitico Bologna del 1964. Vincitore della classifica cannonieri italiana nel 1994-95 con 26 reti. 168 gol segnati in 269 partite in viola nei campionati di A e B, 207 complessivi in 332 partite tra campionati e coppe. A questi vanno aggiunti i 54 gol segnati con la maglia della nazionale argentina, che lo pongono al secondo posto di sempre (superato soltanto di recente da Leo Messi). Ed i 32 segnati con le maglie di Roma ed Inter che lo pongono, sommati a quelli in viola, con 184 reti al 12º posto assoluto nella classifica dei marcatori della Serie A di sempre.

Lo puoi sostituire un giocatore così? Non lo puoi sostituire, non esiste il sostituto e chissà se esisterà mai. Numeri a parte, non esiste e non esisterà più qualcuno capace di infiammare (per un’ultima volta) il cuore di Firenze. Dopo l’addio ad Antognoni e quello a Baggio, l’addio a Batistuta sembra bruciare le ultime risorse emotive della città. Che questa volta non insorge, reagisce quasi apatica, rassegnata. Il destino picchia sempre duro su Firenze calcistica. I fiorentini cominciano ad accorgersene e ad accettarlo come un kharma negativo.

Le prime immagini di Omar Gabriel Batistuta vestito di giallorosso, le sue prime dichiarazioni da ex che provengono da Trigoria (la cittadella dove la Roma, senza farne mistero, prepara l’assalto allo scudetto della stagione successiva e dove si allenano, agli ordini di Fabio Capello, così tanti campioni da fare impressione, basti pensare che il Re Leone arriva a togliere il posto nientemeno che a Vincenzo Montella) sarebbero capaci di spezzare il cuore quanto e forse più delle prime immagini di Baggio in bianconero di dieci anni prima.

Senonché, Firenze ha anche altri guai a cui pensare. Mentre attende di vedere come verranno sostituiti gli insostituibili Batistuta e Trapattoni, la città viene ulteriormente scossa dalle voci che giungono dall’impero Cecchi Gori. Un impero le cui fondamenta sono già state scosse dalla brusca e burrascosa separazione di Vittorio da quella moglie, Rita Ruzic, che aveva avuto tanta parte nelle sue fortune cinematografiche. La Productions continua a girare ottimi film, ma i proventi non bastano più a far fronte ai costi di una guerra devastante.

Fatih Terim

Poi c’é Telemontecarlo, ed il sogno di un terzo polo che affonda sotto i colpi della reazione violenta, micidiale, degli altri due. Su una cosa sola Ulivo e Polo delle Libertà, Prodi e Berlusconi si trovano d’accordo in quei giorni: sulla volontà di fare la festa a quel Cecchi Gori che si è spinto troppo in là, troppo in alto. Quando nell’estate del 2000 Vittorio se ne accorge, è troppo tardi. La SEAT Pagine Gialle che gli rileva il 75% delle azioni dell’emittente monegasca non pagherà mai quanto dovuto, e sarà la spinta decisiva verso il tracollo del gruppo.

Poi c’é la Fiorentina, fino a quel momento una società sana (che compra sì campioni in serie ma che fattura ancora quanto basta per finanziarne gli acquisti) che ad un certo punto si ritrova ad essere l’unica di un gruppo che per il resto annaspa in cerca di liquidità. La CO.VI.SOC. – l’organismo di controllo sui bilanci societari istituito dalla Federcalcio – le mette gli occhi addosso cominciando a porre in dubbio la capacità della A.C. Fiorentina non tanto di continuare ad essere una delle Sette Sorelle, ma addirittura di poter continuare ad iscriversi al campionato di serie A.

VCG con Valeria Marini

In realtà, la Fiorentina in quel momento è sanissima, il gruppo Cecchi Gori no. La controllata viola diventa in pratica la cassaforte di quel gruppo. Il Palazzo rivolge occhi malevoli verso Firenze, come già altre volte, ma Vittorio comincia a far di tutto per facilitargli il compito, e per avverare la profezia secondo cui il figlio di Marione avrebbe distrutto ciò che il padre e la madre avevano creato in tutta una vita. Fiorentina compresa.

Ma andiamo con ordine. Siamo nel momento in cui l’allenatore della Nazionale viene dimesso – per la prima volta nella storia – da un uomo politico, e nemmeno della maggioranza di governo. Berlusconi attacca Dino Zoff dopo la sconfitta contro la Francia nella finale di Euro2000. Dino se la prende a male, o forse lo dà a vedere per poter accettare le offerte di Cragnotti alla Lazio. Su quella panchina azzurra rimasta vuota va a sedersi il Trap, che libera altrettanto improvvisamente quella viola.

Con chi lo sostituisci uno come il Trap? Vittorio comincia economicamente a boccheggiare, ma le idee brillanti ancora non gli mancano. Sostituisce la moglie con la showgirl Valeria Marini, ed il Trap con l’allenatore che ha appena vinto la Coppa UEFA. Fatih Terim in patria, la Turchia dove ha allenato il Galatasaray fino a quella vittoria, lo chiamano l’imperatore. In quattro anni oltre all’UEFA ha vinto quattro campionati e due coppe nazionali. Se non è un imperatore lui….

Firenze ha bisogno di un imperatore, avendo appena perso un re. Se può essere adatto ad un calcio così diverso come il nostro, questo è un altro discorso. Ma Cecchi Gori è un produttore cinematografico, e come tale ama gli effetti speciali. Al posto di Batigol ingaggia Nuno Gomes, promettente attaccante di quella nouvelle vague portoghese che in quegli anni incanta il mondo, con i suoi Rui Costa, Figo & c. Poi c’é Enrico Chiesa, che è capace di tenere a galla la baracca anche da solo.

Insomma, la Fiorentina non sarebbe poi così disarmata, per riprendere il discorso interrotto al settimo posto finale della stagione 1999-2000. Ma è il clima attorno a squadra e società che non riesce a decollare, e l’ambiente ne risente. I risultati stentano a venire, all’inizio. Più frequenti le sconfitte delle vittorie, come quel 3-1 ad Innsbruck che costa l’eliminazione dalla Coppa UEFA per mano del non trascendentale Tirol già a settembre.

Per quanto la piazza si innamori di questo allenatore alla Zeman (forse cercando qualche altro personaggio carismatico a cui aggrapparsi, piuttosto che i risultati), VCG lo osserva sempre più perplesso, mentre la ormai ben nota insoddisfazione monta dentro di lui pronta a trasformarsi in rabbia devastante.

Quando i risultati cominciano ad arrivare, una scoppola di 4-0 rifilata al Milan (ribadita pochi giorni dopo dal doppio confronto in semifinale di Coppa Italia conclusosi sul complessivo 4-2 per i viola, che li manda in finale) ed u prestigioso 3-3 conquistato al Delle Alpi di Torino a spese della Juventus, ormai è troppo tardi.

Vittorio mette alle strette il suo allenatore offrendogli il rinnovo del contratto. La risposta dell’imperatore la conosce già, avendo saputo delle offerte fattegli da quel Milan che non ne può più di perdere contro di lui. Offerte che vengono ribadite non appena Terim dice no alla proposta del suo datore di lavoro. Da quel momento è un separato in casa, con i giorni contati. Che scadono a febbraio dopo un 2-2 casalingo contro il Brescia. I gol delle rondinelle li segna uno dei due ex più clamorosi della storia viola: Roberto Baggio. L’altro, il Batistuta vestito di giallorosso, ha già segnato anche lui all’Olimpico un gol dolorosissimo (sembra, dalla sua reazione, anche per lui) sul quale la Roma costruisce la sua fuga verso la vittoria.

Mario Sconcerti ai tempi della Fiorentina

Spedito in esilio l’imperatore, in attesa che la panchina rossonera gli si liberi, l’entourage di un Cecchi Gori – che comincia ad andare in confusione per i troppi pensieri – escogita per sostituirlo una trovata che all’inizio appare geniale, e che a gioco lungo si rivelerà problematica. Mario Sconcerti, giornalista prestato alla dirigenza della Fiorentina in qualità di direttore generale, ha già causato un caso cittadino mettendosi in urto con il club manager Antognoni a proposito dell’allontanamento di Terim. Al diverbio tra i due, pubblico, hanno fatto seguito le dimissioni di Antognoni, ed il clima attorno alla dirigenza viola superstite si è fatto rovente. Uno scontro (anche fisico) tra Ugo Poggi e Massimo Sandrelli lo arroventa anche di più.

Roberto Mancini

Ci manca solo un caso nazionale, che si crea allorché Sconcerti individua quello che secondo lui è il nome giusto per la panchina viola. Roberto Mancini sta frequentando il corso di Coverciano, e non ha ancora il patentino. Perché possa allenare è necessaria una deroga federale, che la Fiorentina chiede con insistenza. La deroga arriva, ma sulla questione la società viola si gioca un bel po’ delle residue simpatie rimastele.

Mancini raddrizza in qualche modo la situazione fino a concludere il campionato ad un nono posto che ad un certo punto era sembrato un miraggio, cogliendo anche risultati di prestigio come quel 3-1 inferto al Franchi alla Roma che sta per laurearsi campione d’Italia. Anche nel caso di Batistuta, il suo ritorno a Firenze da ex non è una circostanza per lui felice.

Resta da giocare quella finale di Coppa Italia che è stata l’eredità più cospicua della gestione Terim. Dall’altra parte del campo c’é il Parma, con il quale c’é una rivincita da prendersi dopo la finale di due anni prima. Sulla sua panchina non c’é più Malesani, ma Renzo Ulivieri. I viola vincono in Emilia, poi pareggiano 1-1 in casa. La Coppa viene sollevata dalle mani di un raggiante Rui Costa, che poi la passa subito in quelle di una commossa signora Valeria Cecchi Gori.

Sono passati ventitre anni. A tutt’oggi quello è l’ultimo trofeo vinto dalla Fiorentina.

Autore

Simone Borri

Simone Borri è nato a Firenze, è laureato in scienze politiche, indirizzo storico. Tra le sue passioni la Fiorentina, di cui è tifoso da sempre, la storia, la politica, la letteratura, il cinema.

Lascia un commento