Diario Viola Fiorentina

Storia della Fiorentina – 28. 31 luglio 2002, ore 19,00, la Fiorentina è morta

Adriano Leite Ribeiro, alla fine solo sei gol in viola

E’ il 13 giugno 2001 quando Manuel Rui Costa alza al cielo la sesta Coppa Italia della storia della Fiorentina. A tutt’oggi l’ultimo trofeo vinto dalla squadra viola. Quella sera, nel volto stravolto dalla gioia di Manuel si rispecchia tutta Firenze, e a buon diritto.

E’ stata una stagione travagliata, cominciata con l’addio di Batigol, proseguita con l’addio di Terim, le polemiche sul tesseramento di Mancini ancora con il foglio rosa, e le voci di problemi economici gravi della società di Cecchi Gori, che pare addirittura non paghi gli stipendi da mesi e perciò rischia di finire nelle mani del giudice fallimentare. La crisi di liquidità del gruppo è tale che sembra che l’A.C. Fiorentina sia indietro anche con il pagamento delle tasse dovute al Fisco. Lo spettro del fallimento volteggia su Piazzale Donatello con cerchi concentrici sempre più stretti e più bassi.

VCG e Valeria Marini

La vittoria della Coppa è un raggio di sole nella notte, ma il buio riprende presto il sopravvento. La Co.Vi.Soc. (Commissione di Vigilanza sulle Società di Calcio, istituita dalla FIGC quale antesignana del Fair Play finanziario) avanza seri dubbi sulla capacità dell’A.C. Fiorentina di potersi iscrivere al campionato di calcio per la stagione 2001-2002. A nulla serve far notare che ci sono società, al nord e al centro-sud, assai più indebitate della Fiorentina. La società viola è l’unica sul banco degli imputati. Per iscrivere la Fiorentina al campionato a fronte dei suoi debiti, la Lega impone alla Fiorentina di disfarsi dei suoi pezzi pregiati rimasti. E così, graziosamente, Inter e Milan vengono in aiuto portandosi via rispettivamente Francesco Toldo e Manuel Rui Costa, a prezzi ovviamente di svendita fallimentare.

Sebastiano Puliga

La Fiorentina, ridimensionata nell’organico, può dunque cominciare il campionato che risulterà essere l’ultimo della gestione Cecchi Gori. Contro il quale il Tribunale Civile di Firenze ha nel frattempo avviato una azione (in seguito molto chiacchierata, visto che il giudice fallimentare Sebastiano Puliga verrà condannato per corruzione). Il cerchio si stringe addosso a Vittorio. Il dramma arriva presto anche in campo.

La Roma con cui Batigol ha finalmente vinto un titolo italiano ci bastona in Supercoppa, 3-0. Una settimana dopo, il campionato comincia male (0-2 in casa dal Chievo) e va avanti peggio. Con un organico impoverito, Mancini non riesce a ripetere i risultati dell’anno prima. In campo i lottatori sono pochi: Di Livio, Torricelli, Chiesa. Gli altri, o sono ormai alla frutta o non valgono tecnicamente e umanamente (come Domenico Morfeo e Marco Rossi) coloro che sono venuti a sostituire.

La sentenza di morte della Fiorentina di Vittorio cecchi Gori viene pronunciata sul campo di gioco il 30 settembre 2001, allorché nella partita contro il Venezia, alla quinta giornata, Enrico Chiesa riporta un infortunio grave al ginocchio che lo terrà lontano dai campi di gioco per quasi un anno. Quando rientrerà, non troverà più né la sua squadra né la società, nel frattempo travolta dal fallimento.

La Fiorentina reagisce con la forza della disperazione, aggrappandosi alla Coppa UEFA (nella quale vendica la sconfitta subita dal Tirol Innsbruck l’anno prima, ma solo per uscire al turno successivo contro il Lilla). A quel punto siamo a dicembre, i viola sono scivolati indietro in classifica in modo preoccupante.

Adriano Leite Ribeiro, alla fine solo sei gol in viola

All’inizio del girone di ritorno, l’Inter ci presta Adriano, bomber del futuro che in quel momento non ha spazio tra i nerazzurri per il rientro dall’infortunio di Ronaldo. Adriano arriva con una fama di devastatore delle aree di rigore. Fa quello che può, nel contesto in disarmo della Fiorentina, ma più che altro serve a devastare le ultime speranze dei tifosi.

Il Mancini enfant prodige vincitore della Coppa Italia è ormai un ricordo. Il più giovane allenatore del campionato è sempre più contestato, ed alla fine alcuni tifosi vanno ad aspettarlo sotto casa, intimandogli di cambiare aria. Mancini non se lo fa ripetere due volte, anche perché ha già sponde importanti che lo attendono, su al Nord. Al suo posto arriva Ottavio Bianchi, ormai l’ombra dell’allenatore del primo scudetto a Napoli, che viene incaricato sia della presidenza, al posto di un demoralizzato Ugo Poggi, che dell’incombenza di andare in panchina. Su quest’ultima, constatata la propria inefficacia, Bianchi chiamerà poi il veterano Luciano Chiarugi, al quale tocca per la seconda volta l’ingrato compito di accompagnare la squadra viola verso una inesorabile retrocessione in B.

Ottavio Bianchi

Malgrado gli sforzi di Di Livio, Torricelli e pochi altri per remare contro corrente, ad aprile – dopo la sconfitta casalinga contro la Lazio – c’é già la certezza matematica di quella retrocessione. Da quel momento, le squadre vengono a passeggiare al Franchi al cospetto di quell’ectoplasma che si chiama Fiorentina.

Il fato si compie per la seconda volta, da quando la famiglia Cecchi Gori ha preso il timone. Ma come già altre volte, il peggio ha ancora da venire.

Appena finito il campionato più sciagurato che si ricordi, arriva un’altra sciagura. La F.I.G.C mette in mora Cecchi Gori in quanto debitore di stipendi ai giocatori e di tasse allo Stato. Sempre la Co.Vi.Soc. fa sapere alla città di Firenze che la sua società di calcio, lungi dal potersi iscrivere al prossimo campionato di serie B, rischia di essere azzerata, di perdere addirittura il titolo sportivo e scomparire, se non verranno messi a posto i conti, in rosso più che mai. Il Gruppo, a quanto pare infatti, ha attinto fondi dalla controllata A.C. Fiorentina, che adesso sta affogando.

Mentre a Roma e Lazio viene consentito di spalmare i debiti folli contratti per la vittoria dei recenti rispettivi scudetti in almeno due generazioni future, alla società viola non vengono fatti sconti. Se non provvederà entro il 31 luglio, L’A.C. Fiorentina a tutti gli effetti è morta. Ma non è tutto, questi provvedimenti si affiancano ad una pratica di fallimento aperta presso il Tribunale di Firenze da un giudice che poi in seguito si rivelerà sicuramente non migliore dell’imputato Cecchi Gori, ma che in quel momento ha anch’esso potere di vita e di morte sulla Fiorentina e sul suo proprietario.

Gli ultimi giorni di luglio sono frenetici. Tutte le porte a cui Vittorio bussa sono chiuse. I suoi amici non esistono più. Il suo alleato di un tempo, l’ex socio della Pentafilm Silvio Berlusconi, è da molto tempo diventato un nemico. VCG si è scavato la fossa in parte da solo, ma di sicuro non ha più alleati né a destra né a sinistra. A 24 ore dalla scadenza del termine per non morire tenta la carta disperata del bonifico da parte di una banca colombiana. Il bluff dura poche ore.

L’ultimo giorno trascorre interminabile, il sole nasce, sale in cielo e muore. Al tramonto, la Fiorentina non esiste più. Tutti fanno ritorno disperati nelle loro case. Sarà una lunga notte, quella.

La disperazione dei fiorentini in quei momenti è negli occhi di tutti noi, un ricordo indelebile e troppo straziante da rievocare. E’ un trauma da cui molti tifosi non si riprenderanno più. In seguito verranno fuori i retroscena, le manovre anti – Cecchi Gori, il giudice indegno, le congiure di Palazzo per trovare un soggetto a cui dare la Fiorentina (che forse erano cominciate ancor prima che il precedente proprietario fosse espropriato).

Ma in quel momento, alle prime luci dell’alba del 1° agosto 2002, si sa solo che non abbiamo una squadra di calcio da iscrivere ad alcun campionato, e che la nostra città è stata privata della cosa che amava di più: la sua squadra dalla maglia viola. Il calcio, nato a Firenze, a Firenze è morto.

Autore

Simone Borri

Simone Borri è nato a Firenze, è laureato in scienze politiche, indirizzo storico. Tra le sue passioni la Fiorentina, di cui è tifoso da sempre, la storia, la politica, la letteratura, il cinema.

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