Gli anni 50 portarono finalmente la Fiorentina ad una nuova dimensione. Finita l’epopea del Grande Torino a Superga, seguì inizialmente un periodo in cui gli squadroni del Nord cercarono di riprendersi il predominio che avevano avuto prima della guerra. Le squadre a strisce si alternarono nelle vittorie. All’inizio del decennio alla Fiorentina toccò più che altro subire. Il 15 gennaio 1950, nel match Fiorentina-Juventus, un giocatore in maglia bianconera brevettò la prima rovesciata della storia del calcio. E il gesto atletico senza precedenti di Carlo Parola diventò poi il logo ufficiale delle figurine Panini.
I risultati negativi raggiunsero il culmine il 22 febbraio 1953, Juventus- Fiorentina 8-0, il secondo score peggiore di sempre per i colori viola. Poi qualcosa cambiò. Dal 1952 presidente dell’A.C. Fiorentina era diventato Enrico Befani, imprenditore dell’allora fiorente industria tessile pratese e grande tifoso, che aveva rilevato la società da Carlo Antonini. Befani portò subito la Fiorentina nelle zone alte della classifica. Già nella stagione 1953-54 la squadra finì la stagione al terzo posto. Nel 1955 ingaggiò quello che dopo essere stato un fuoriclasse come calciatore si apprestava a diventarlo anche come allenatore: Fulvio Bernardini.
A sua disposizione Befani mise altri autentici campioni, come Julio Botelho detto Julinho (colui che spinse il mister ad una definizione rimasta leggendaria: un’ala può arrivare fino a Julinho, non oltre), Miguel Montuori (oriundo cileno-argentino segnalato a Befani da Padre Volpi un frate missionario talent scout a tempo perso) e Beppe Virgili (detto Pecos Bill perché segnava gol a raffica come la colt del leggendario eroe del West). E la Fiorentina cominciò a volare.
Come sarebbe successo tredici anni dopo, la chiave di volta del successo viola fu la partita alla quinta giornata contro il Bologna. Diversamente dal secondo scudetto, che prese le mosse dalla sconfitta subita in casa dai rossoblu per 3-1, il primo prese il via invece grazie ad una vittoria in trasferta per 2-0 nel derby dell’Appennino. Tra i molti risultati positivi, spiccò quello della doppia sfida con i bianconeri torinesi, un netto 4-0 all’andata e un impietoso 2-0 nel girone di ritorno.
I viola finirono per vincere il primo campionato della loro storia con cinque giornate d’anticipo. La matematica certezza arrivò il 6 maggio 1956.
Sarti, Magnini, Cervato, Chiappella, Segato, Rosetta, Montuori, Julinho, Virgili, Prini, Gratton. Lo speaker dello Stadio Comunale di Trieste (il vecchio Littorio, che poi sarebbe stato intitolato a Giuseppe Grezar, uno dei grandi del Grande Torino scomparso a Superga) lesse questa formazione della squadra ospite che quel giorno scese in campo contro la Triestina.
Era la ventinovesima giornata del campionato di serie A 1955-56 e la Fiorentina si presentava imbattuta da 35 partite. Aveva perso l’ultima volta a Bergamo per 5-1, nel campionato precedente. Poi tutti i pezzi di una macchina da calcio praticamente perfetta erano andati a posto. La squadra viola aveva preso il volo, e quel giorno di maggio a Trieste le mancava un punto soltanto per laurearsi campione d’Italia per la prima volta nella sua storia cominciata esattamente trent’anni prima.
Segnò Julinho al 42’, il pareggio degli alabardati fu fulmineo, appena due minuti dopo con Sergio Brighenti. Finì 1-1, i viola con cinque giornate d’anticipo chiusero il discorso scudetto, riportandolo lo scudetto a sud dell’Appennino per la prima volta nel dopoguerra. Non contenti, allungarono il proprio record di imbattibilità fino a 40 partite consecutive, perdendo l’imbattibilità soltanto all’ultima giornata a Genova in una partita forse presa sottogamba. A un quarto d’ora dalla fine la Fiorentina vinceva 1-0, poi il Genoa ne segnò tre e quel campionato favoloso finì così, con quella minuscola macchia su un affresco che avrebbe mantenuto il suo splendore nei secoli dei secoli.
Per la prima volta, i tifosi fiorentini fecero tardi ad attendere la squadra per portarla in trionfo dopo la grande impresa. Per la prima volta, la bandiera che solitamente garriva sulla Torre di Maratona, fu per l’occasione spostata sulla Torre di Arnolfo. La Fiorentina entrava nella storia del calcio stabilendo una serie di record destinati a durare a lungo: quello di imbattibilità (che sarebbe stato eguagliato soltanto dal Perugia dei miracoli nel 1978-79 e dalla Juventus nella stagione 2011-12), Il distacco inflitto alla seconda classificata, il Milan staccato di dodici punti, il numero di reti del capocannoniere Beppe Virgili autore di 21 reti, il record di vittorie, 20 su 34 partite di quel campionato.
Come cantava in quegli anni il suo inno interpretato dalla splendida voce di Narciso Parigi, la maglia viola era finalmente di Firenze vanto e gloria.
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