Diario Viola Fiorentina

Storia della Fiorentina – 30. La C2

Gubbio, la nevicata del 2003……

Attenti stiamo arrivando, c’é scritto in caratteri viola sulle magliette bianche che i giocatori della Florentia Viola indossano subito dopo aver guadagnato contro Il Savona la certezza matematica della promozione in C1. E’ una scritta platealmente allusiva: ogni A è scritta in maiuscolo, e la scritta è sormontata da un giglio di Firenze viola e da una A enorme.

In un anno, Firenze ha attraversato una vasta gamma di emozioni. Dal dolore al lutto, all’incredulità, all’euforia, alla paura di non farcela, alla paura di non riavere il proprio nome ed i propri colori. E’ stata un’annata dura, altro che la cavalcata del 1993-94. Per salire di categoria, stavolta, si è dovuto annaspare nel fango e nella neve. Si è dovuto subire gli sberleffi della provincia toscana, a cui non è parso vero di mettere sotto – quando ha potuto – l’altezzoso capoluogo da sempre guardato dal basso verso l’alto.

Resisi conto di non essere morti, i fiorentini si sono disposti alla lunga opera di ricostruzione così come avevano fatto per l’Alluvione. Su le maniche e a spalare, senza un lamento. Come a Gubbio, quando c’é da togliere la neve dal campo, se no non si gioca.

Resisi conto di non essere morti, di avere beneficiato di un miracolo sotto forma di questo imprenditore marchigiano che ha la vista lunga e che ha capito al volo che unire il marchio Tod’s al brand Firenze rappresenta una gallina dalle uova d’oro, un attimo dopo aver metabolizzato tutto questo i fiorentini hanno ripreso a pensare nell’unico modo in cui sono capaci: in grande.

Non c’é bisogno di dirlo, nessuno lo chiede apertamente, ma tutti l’hanno ben chiaro dentro di sé: si gioca per tornare là dove ci compete. In serie A.

In realtà, il trauma vissuto a luglio ed i lunghi mesi, anni che occorreranno per superarlo lasciano un segno praticamente indelebile. Al di là delle dichiarazioni di orgoglio lanciate in faccia al mondo, molti tifosi sono scossi nel profondo. Dallo shock del fallimento e della morte della vecchia Fiorentina, dalla fatica fatta per riaverne una nuova, molti non si riprenderanno più.

La luna di miele concessa alla proprietà Della Valle sarà assai più lunga e generosa di quanto solitamente sia toccato in passato alle precedenti: la paura è stata tanta, e Diego Della Valle può muoversi in città in una atmosfera di religioso silenzio e rispetto, come una Signoria di altri tempi.

Firenze ha paura di trovarsi sola di nuovo. Ad un industriale di successo che muove i primi passi in un mondo per lui assolutamente estraneo e che ben presto comincia a incappare nei prevedibili e comprensibili errori viene perdonato per il momento tutto o quasi. La gente vede solo le maglie con il giglio, che pur necessariamente diverse dalle precedenti (bianche con il giglio rosso, come omaggio alle prime storiche maglie di Ridolfi, e con la banda viola centrale che omaggia il passato molto più recente) sono tornate a risaltare sul verde del campo di calcio. E quella A che campeggia sulle magliette celebrative della promozione.

Accantonato l’esordio di Coppa Italia di categoria contro il Pisa, che serve più che altro per riabbracciarsi fra vecchi amici sopravvissuti ad una catastrofe, archiviata una campagna acquisti pirotecnica e resa ancora più affascinante dall’assoluta mancanza di conoscenza da parte dei tifosi dei nomi dei giocatori di categoria (la gente conosce soltanto il fiorentino Andrea Ivan, il portiere, Angelo Di Livio, il soldatino, e quel Fabio Quagliarella che gioca con la maglia numero 27 in onore del suo grande e sfortunato amico, Niccolò Galli, il figlio di Giovanni scomparso in un incidente stradale l’anno prima), è tempo di tuffarsi nel campionato.

E’ un tuffo al buio e nel vuoto. Il russo in panchina è alla sua seconda esperienza assoluta. A Catania non ha fatto male, anche se è stato esonerato dalla follia di un presidente la cui strada incrocerà quella della Fiorentina più volte, Luciano Gaucci, che lo ha cacciato a due giornate dalla fine con la squadra già qualificata ai play offs. Qui la faccenda è diversa, qui non ci sono folli, ma soltanto gente che si aspetta di vincere, senza se e senza ma. E’ un atto dovuto.

Alla nona giornata, dopo la seconda sconfitta subita a Grosseto dopo quella casalinga con il Rimini, entrambi concorrenti diretti per la promozione in C1, la dirigenza viola valuta che serva in panchina un allenatore più esperto. Al posto di Vierchowod viene chiamato Alberto Cavasin, esperto anche di categorie minori. Da quel momento la squadra comincia a macinare gioco. Lo schema per la verità è essenziale, anche se destinato alla storia: lancione per Riganò, e poi ci pensa lui.

Il bomber di Lipari, la cui storia raccontiamo a parte, alla fine del campionato sarà capocannoniere del torneo con 30 reti in 32 partite. Sarà lui la vera arma letale della Florentia Viola per sbaragliare la concorrenza. E’ arrivato a campagna acquisti inoltrata, ma su di lui Galli e Salica non hanno avuto dubbi. Da solo aveva quasi portato di peso il Taranto in serie B, fino alla finale dei play offs persa manco a dirlo contro il Catania di Gaucci. Riganò e la Fiorentina si prendono per mano nell’estate del 2002 e si avviano insieme verso quella A che all’ultima giornata campeggia nella maglietta bianca che Rigagol indossa al pari dei suoi compagni.

Ma prima c’é da regolare i conti con il Rimini. Lo spareggio nel capoluogo romagnolo è atteso quasi messianicamente, come una finale di Supercoppa. A Rimini, la Florentia Viola si prende la vendetta sul match di andata, ed insieme la consapevolezza che la C1 ormai è sua e che di lì alla fine sarà una marcia trionfale. Resta solo da spalare a Gubbio una neve quasi fuori stagione, da restituire al Grosseto la cortesia subita all’andata, e poi da riempire il Franchi con un tutto esaurito, 40.000 presenti per una festa promozione con pochi precedenti.

Ridono tutti alla fine, giocatori, dirigenti, autorità, tifosi. Ride contento anche Diego Della Valle, in tribuna. Se durante l’inverno ha avuto qualche dubbio a proposito dell’impresa in cui si è gettato, della gabbia di matti in cui è venuto a trovarsi, adesso la gioia di Firenze ripaga anche lui.

Sembra finalmente che l’emergenza sia passata, portandosi via il peggio con sé. Sembra che finalmente si possa procedere con il piano di risalita in serie A programmando come Dio comanda e con i tempi dovuti questo secondo step, la promozione dalla C1 alla B. Sembra di poter passare anche a Firenze e dintorni un’estate finalmente tranquilla, mentre il ricordo della precedente si stempera allontanandosi.

Macché. Sono gli anni in cui il vulcanico Luciano Gaucci, presidente del Perugia e del Catania, compie le sue scorribande nel calcio italiano. 3 anni prima, il suo Perugia ha arbitrato lo scudetto tra Lazio e Juventus. Su un campo dove per la pioggia la palla non rimbalza neanche a piangere ma dove nonostante tutto e chissà perché si decide di giocare lo stesso, la Juve affonda e la Lazio di Cragnotti ringrazia. Nel 2002 è la volta della chiacchierata finale play offs tra Catania e Taranto, con i pugliesi che, stranamente rinunciatari nonostante nelle loro file militi Riganò, lasciano via libera ai siciliani.

Nel 2003, l’apoteosi. Gaucci sporge ricorso avverso il Siena, che contro il Catania ha schierato un giocatore squalificato. La partita, decisiva per la permanenza in B, viene data vinta agli etnei. Analoghi ricorsi incrociati di altre concorrenti alla salvezza provocano – per farla breve -una paralisi totale a livello federale per quanto riguarda la gestione del campionato di serie B 2003-04.

Si arriva quasi alla fine di agosto senza sapere quante squadre e quali giocheranno la prossima serie cadetta. Alla fine, la FIGC decreta il blocco delle retrocessioni e l’estensione del numero delle partecipanti a 24 squadre. Nel frattempo, essendo fallito il Cosenza, si libera anche un posto ulteriore per salire dalla C1. Dopo un breve ma intenso scambio polemico a distanza tra Fiorentina e Pisa, la federazione conferma di voler promuovere la squadra di Firenze (per meriti, diciamo così, di blasone che prevalgono su quelli sportivi più recenti). La quale nel frattempo ha riacquistato il suo nome antico, e però apprende soltanto a pochi giorni dalla chiusura del calciomercato che la sua campagna acquisti è completamente fuori target.

Si va a giocare la serie B con una squadra da C1. Alla Fiorentina, tanto per cambiare, per vincere il prossimo campionato o anche solo per affrontarlo degnamente, servirà un’impresa.

Autore

Simone Borri

Simone Borri è nato a Firenze, è laureato in scienze politiche, indirizzo storico. Tra le sue passioni la Fiorentina, di cui è tifoso da sempre, la storia, la politica, la letteratura, il cinema.

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