Diario Viola Fiorentina

Storia della Fiorentina – 39. You’ll never walk alone

Ai tifosi che sfollano fuori dal Franchi, quel 31 maggio 2009 sembra come uno splendido ultimo giorno di scuola. Hanno applaudito la squadra che si è classificata quarta per la quarta stagione consecutiva, e che dunque rigiocherà la Champion’s League. Hanno applaudito Paolo Maldini che si ritira dal calcio, un atto dovuto quanto si vuole ma che ha fatto guadagnare diversi punti a Firenze per la sua sportività. Hanno applaudito una proprietà, una dirigenza, uno staff tecnico e dei giocatori che in quel momento sono tutti beniamini, come quelli di altre grandi Fiorentine del passato. Hanno, soprattutto, la sensazione che il bello abbia ancora da venire.

Stevan Jovetic

E’ con questo spirito che i tifosi viola vanno verso le vacanze estive, come scolari che sanno che a settembre li aspetta una classe ancora più impegnativa ma che se affrontata con lo spirito giusto promette grandi soddisfazioni. E’ con questo spirito intanto che seguono tutta la campagna estiva, e trasecolano allorché Pantaleo Corvino mette a segno il colpo del secolo. Felipe Melo è stato per tutta la stagione un discreto centrale, di rendimento costante. Quando tuttavia ce lo chiede la Juventus dichiarandosi disposta a pagare 25 milioni di euro, da ogni casa di Firenze si leva uno stentoreo «per quella somma ce lo porto io!».

Pare impossibile, ma l’affare va in porto. Per la Juve Melo vale quasi il doppio di Gilardino. Non c’é ancora Giuseppe Marotta a fare il diesse dei bianconeri, c’é il meno smaliziato Jean Claude Blanc, è la Juventus transitoria di Cobolli Gigli che ha in panchina Zaccheroni. A Torino Melo ce lo porta Corvino, incassa i 25 e li reimpiega parzialmente per una campagna acquisti di quelle che si definiscono mirate.

Non ci sono grossi colpi, anzi siamo sul medio-basso, anche se qualcuno giura che l’acquisto di Adem Llajic dal Partizan di Belgrado è in prospettiva almeno importante come quello di Stevan Jovetic. Arrivano Marchionni dalla Juve, Seferovic dal Grasshoppers, Natali dal Torino, De Silvestri dalla Lazio, Mario Ariel Bolatti dall’Huracan (Arg), Keirrison de Souza Carneiro dal Benfica. Tutto materiale di rinforzo, la stagione del resto è lunga e impegnativa, la panchina lunga serve. I 25 milioni di Melo faranno tesoretto per l’anno prossimo (è la prima volta che queste nozioni di ragioneria entrano nelle discussioni e nel gergo dei tifosi).

Gìà, la prossima stagione è lunga e impegnativa. Ma nessuno ci pensa con preoccupazione. L’estate scorre piacevole per tutta Firenze, e come al solito, ma più del solito, tutti i cuori viola ad un certo punto non vedono l’ora che finisca, e che il pallone torni a rotolare.

Nessuno si immagina cosa è successo dietro le quinte, e cosa sta per succedere. Nessuno ci crederebbe se in quel momento gli fosse detto che la Fiorentina sta per volare per aria nuovamente. Nessuno sulle prime ci fa caso, ma ci sono equilibri interni ed esterni alla società che stanno saltando. Nessuno ha più visto Silvia Berti, per esempio. E solo dopo un po’ si viene a sapere che all’indomani di quella festa da ultimo giorno di scuola al Franchi le è stato detto che può andare in ferie, e soprattutto rimanerci. Dal lunedi successivo i suoi servigi non sono più necessari all’A.C.F. Fiorentina.

Qualcuno, col passare dei giorni, comincia a capire perché il mister Prandelli – che non ha vinto più Panchine d’Oro ma che ha reso d’oro quella della Fiorentina e compattato la gente di Firenze dietro la sua leadership – sembri sempre più intristito, separato dal resto della società, quasi dimesso nelle sue dichiarazioni alla stampa. La Berti, dicono, era il suo appoggio nelle stanze del potere viola. La sensazione è che ci sia qualcosa ancora di più.

Qualcosa che agita un mare viola su cui dovrebbe regnare una calma piatta. E che invece viene scompigliato da una tempesta tipo Capo Horn verso la fine di settembre. Quando la madre di tutti i nodi viene al pettine.

Eppure la stagione è cominciata bene. Una serie di vittorie in campionato interrotte solo dalla sconfitta all’Olimpico con la Roma (ci può stare, negli ultimi vent’anni dalla capitale abbiamo riportato a casa sempre le briciole), la qualificazione alla fase a gironi di Champion’s a spese dello Sporting Lisbona e la sconfitta a testa più che alta nella prima giornata di questa in casa dell’Olympique Lione (già toccatoci l’anno precedente) sono un inizio più che accettabile per la tifoseria. Che casca dalle nuvole il 24 settembre, quando Andrea Della Valle scatena l’inferno, rassegnando le dimissioni dalla presidenza della società e scagliandosi apertamente contro il Comune di Firenze, che a suo dire ha rimesso in discussione tutti gli impegni già presi con la Fiorentina per la costruzione del nuovo centro sportivo.

Uno tsunami che una città colta di sorpresa impiegherà tempo ad inquadrare, e a decifrarne le cause e le implicazioni. A Palazzo Vecchio, è vero, c’é una nuova amministrazione. Matteo Renzi è la nouvelle vague del Partito Democratico, ma ha vinto sul candidato del centrodestra, la nostra vecchia conoscenza e vecchia gloria Giovanni Galli, a condizione di farne proprie diverse istanze. Tra cui la revisione di alcune politiche della vecchia amministrazione, soprattutto quelle concernenti le cosiddette grandi opere. Renzi, appena insediatosi, chiede tempo ai Della Valle per esaminare le carte e fare proprie, o meno, le valutazioni del suo predecessore, quel Leonardo Domenici che a suo tempo ha consegnato la Fiorentina ai suoi attuali proprietari e che evidentemente ha stretto con essi degli accordi che adesso – secondo la versione di Viale Manfredo Fanti – non si possono rimettere in discussione.

Il fatto è che l’area di Castello su cui dovrebbe sorgere la Cittadella Viola, il nuovo Stadio/Centro Sportivo/Museo/Area Commerciale della Fiorentina – insieme per la verità a tante altre cose tra cui l’ampliamento dell’aeroporto, la nuova sede di diversi uffici pubblici e chi più ne ha più ne metta – è oggettivamente al centro di un guazzabuglio politico – economico – giudiziario che richiede comunque tempo per essere risolto e ridefinito. Il clima però si arroventa subito, i primi incontri fra funzionari del Comune ed esponenti della Fiorentina sono al calor bianco. Le dimissioni di Della Valle svegliano la città a schiaffoni, e la costringono a prendere atto che in ballo c’é molto di più che la Champion’s o perfino quello scudetto che i fratelli marchigiani hanno nel frattempo promesso di vincere entro il 2011. In ballo ci sono il destino di Firenze da un lato e quello del Gruppo Tod’s dall’altro.

In un clima sempre più surreale, l’autunno scorre via regalando alla squadra viola alcuni dei suoi risultati più prestigiosi di sempre. Il girone preliminare di Champion’s – sorteggiato difficile quanto e più di quello dell’anno precedente, in quanto i viola non sono ancora teste di serie in Europa – viene brillantemente superato dopo che la Fiorentina mette sotto il Liverpool al Franchi con due gol del gioiellino Jovetic imbeccato dal Fenomeno Mutu (ed alla luce delle vicissitudini capitate poco dopo al rumeno sembra quasi un passaggio di consegne), restituisce al Lione sempre al Franchi la sconfitta per 1-0, sommerge il Debrecen di Budapest sotto una caterva di gol sia in Italia che in Ungheria. E completa l’opera andando ad espugnare addirittura uno degli stadi più leggendari che esistano al mondo.

Anfield Road. Un nome che mette i brividi soltanto a pronunciarlo. Quella scritta, You’ll never walk alone, stampata sul frontone dell’ingresso allo stadio dove gioca il Liverpool…. Qui è stata fatta la storia del calcio, la sua leggenda. L’ultimo capitolo lo scrive la Fiorentina, quando Alberto Gilardino segna il gol più bello della sua carriera, sicuramente uno dei più importanti, andando via in contropiede al novantesimo e mandando Firenze nel delirio ed i Reds nella disperazione.

Lo storico gol del Gila a Liverpool

E’ il 9 dicembre 2009, e a prescindere da come andrà a finire la stagione, la Fiorentina ha già scritto un bel pezzo di storia. Le diatribe tra Palazzo Vecchio e Casette d’Ete sono momentaneamente dimenticate. Il nuovo Sindaco si chiama Cesare Prandelli. Il suo assessore si chiama Alberto Gilardino. La statua di Mutu è già pronta per andare a prendere il posto di quella del David di Michelangelo all’Accademia.

Eppure pare che non ci sia niente capace di riportare il sorriso sul volto di Prandelli. Il mister sembra abbattuto come nemmeno nei giorni in cui ha perso la sua compagnia, se il paragone è lecito. Una sottile inquietudine si insinua nel cuore di una città che ultimamente si è inconsciamente abituata a vedersi strappare qualsiasi gioia da una successiva implacabile disgrazia. Qualcosa è in arrivo anche stavolta, si sente nell’aria. I Della Valle sono chiusi nel loro silenzio sdegnato causato da qualcosa che sta succedendo nelle stanze della politica, o forse anche in altre stanze. La loro espressione seria fa il paio con quella del mister. Alla fine, entrambe rabbuiano l’espressione di un po’ tutti in città.

Trapelano le solite voci bene informate. Pare che a Liverpool, negli spogliatoi dove la squadra stava festeggiando la storica vittoria, qualcuno della società abbia preso in disparte Prandelli, e gli abbia detto in sostanza che se vuole cercarsi un’altra squadra è libero di farlo.

Quando questa storia esce, per la prima volta nella sua storia calcistica Firenze è pronta a spaccarsi in due. La versione di Prandelli è che le vicende extracalcistiche e i cambiamenti in atto, cominciati con il licenziamento di Silvia Berti (a seguito del quale le parti sembra che andranno in causa), hanno creato una situazione che gli rende impossibile lavorare con serenità, il clima si è troppo deteriorato. La versione della società è che in realtà qualcuno (sempre secondo le voci, qualcuno del gruppo FIAT) ha avvisato i della Valle che il loro allenatore e la loro addetta stampa sono andati ad offrire i loro servigi ad una diretta concorrente. E che concorrente: la Juventus. Ciò giustificherebbe, sempre secondo la versione societaria, il licenziamento della Berti ed il malumore sempre meno sotto traccia nei confronti di un Prandelli diventato improvvisamente scomodo e poco simpatico.

La Firenze che si spacca in due assiste, in un clima per definire il quale l’aggettivo surreale non basta più, ad un prosieguo di stagione in cui la squadra va a giocarsi nell’ordine un ottavo di finale di Champion’s, una semifinale di Coppa Italia ed un finale di campionato che alla fine del girone di andata promette le solite soddisfazioni. La quinta Champion’s come uno scudetto, secondo la definizione del diesse Pantaleo Corvino. Il tutto però condito da un clima di tensione societaria – e tra la società e le istituzioni cittadine – sempre più esplosivo.

L’esplosione non tarderà a verificarsi. I sogni viola, una volta di più, non sopravviveranno all’inverno.

Autore

Simone Borri

Simone Borri è nato a Firenze, è laureato in scienze politiche, indirizzo storico. Tra le sue passioni la Fiorentina, di cui è tifoso da sempre, la storia, la politica, la letteratura, il cinema.

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