Diario Viola Fiorentina

Storia della Fiorentina – 43. Il nuovo progetto

Vincenzo Montella, new head coach of Fiorentina, during the press presentation at the stadium Artemio Franchi, Florence, Italy, 11 June 2012. ANSA/MAURIZIO DEGL' INNOCENTI

Nella foto, Vincenzo Montella il giorno della sua presentazione, 11 luglio 2012

Sono passati dieci anni da quella notte del 31 luglio 2002 in cui morì la Fiorentina di Vittorio Cecchi Gori, per rinascere subito la mattina dopo in mano a Diego Della Valle. Dieci anni avventurosi, a tratti anche drammatici, pieni di promesse e avari di vittorie, che sembrano essere giunti a loro volta alla fine in un’altra notte, quella del 17 marzo 2012.

La vergogna del Franchi trasformato in un bivacco juventino è troppo grande perché tutto possa continuare come prima. Ci vuole un cambiamento, l’ennesimo della lunga storia viola, ed in quel momento i più dubitano che i Della Valle siano in grado ed abbiano voglia di farlo.

Quella notte, mentre la folla assedia gli uffici e gli uomini della società dentro lo stadio urlando la sua rabbia e il suo disgusto e la polizia a stento riesce a mantenere l’ordine ed evitare il peggio, salta la prima testa, ed é quella invocata ed annunciata da tempo. Pantaleo Corvino è il prescelto per pagare a nome di tutti. E’ un nome ormai inviso alla piazza, gli si imputano colpe anche non sue, come quella dei cordoni ristretti della borsa. Senza lilleri non si lallera, si dice a Firenze. Senza lilleri, nelle ultime stagioni Corvino non ha più saputo fare miracoli. Ha fatto il suo tempo. Lo avrebbero fatto anche altri, per la verità, ma rimangono tutti al loro posto.

Andrea Della Valle

La leggenda parla di un Andrea Della Valle esfiltrato dallo stadio all’una di notte. Nei giorni successivi ci sono incontri con i tifosi e nuove proposte di patti con la città. In realtà, alla proprietà in quel momento viene chiesta una cosa sola: rimettere in piedi una Fiorentina guardabile, rimettere al vento a garrire un labaro viola. La misura è colma, la luna di miele è finita da tempo, di Castello, della Cittadella e degli investimenti del Gruppo Tod’s in quel momento non importa nulla a nessuno.

C’é da concludere intanto alla meno peggio quel campionato, salvando la serie A e quel minimo di immagine sopravvissuto agli schiaffi pubblici di Delio Rossi ad Adem Llajic (meritati o meno che siano), al Novara che per poco non ci porta con sé nella serie cadetta, al dover dire grazie a quei Montolivo e Cerci che vengono infamati da un anno da tutti i settori dello stadio. Ai fischi che sommergono Andrea Della Valle mentre lascia lo stadio all’ultima giornata dopo l’ultima scialba partita pareggiata 0-0 con il Cagliari, con la Fiorentina finalmente salva ma ridotta ad un cumulo di macerie.

L’estate che segue è una delle più surreali della storia viola. I Della Valle latitano, Andrea è desaparecido dopo quell’ultima plateale contestazione, Diego si fa vivo dal Giappone per dire che per lui ormai questo calcio in mano ai violenti (si è appena disputata la finale di Coppa Italia tra Napoli e Juve, ed è stata più che altro una guerriglia urbana) non ha più appeal. In molti ci vedono il segnale definitivo di smobilitazione.

Viene ingaggiato un nuovo allenatore, ed in quel momento e in quella situazione da prendere con le molle la scelta operata appare un’altra scommessa, forse sconsiderata. Vincenzo Montella viene da tre mesi non giudicabili trascorsi sulla panchina della Roma, che poi non ha creduto in lui preferendogli Luis Enrique. A Catania poi ha fatto cose sicuramente egregie, ma in molti, troppi, vedono una coincidenza e una riedizione del caso Sinisa Mihajlovic.

I giocatori inoltre sono sempre i soliti, anzi, anche meno, perché Montolivo è andato al Milan, Boruc è sparito, Cerci sta per passare al Torino, Vargas (dopo l’ennesima bravata ed una stagione da dimenticare anche per lui) non viene nemmeno convocato per il ritiro di Moena, che fino alla fine del mese di luglio assume i contorni di una gita fuori porta di reduci. L’unico acquisto nuovo è quel Facundo Roncaglia semisconosciuto prelevato dal Boca Juniors, un nome che in quel momento eccita poco o nulla la fantasia dei tifosi.

A Moena, Montella ed il suo gruppo di reduci misti a ragazzini della Primavera in gita premio vengono ad un certo punto raggiunti dal redivivo Andrea Della Valle, che appare trasformato rispetto a quello visto l’ultima volta al Franchi, e che convoca una conferenza stampa sui generis di fronte ad un piatto di tagliatelle ai funghi che diventeranno leggendarie. La stampa presente al completo viene arringata sulla Fiorentina che verrà, sul nuovo progetto viola che la famiglia Della Valle intende lanciare. In quel momento, tagliatelle a parte, ci vogliono una bella fantasia ed una bella disponibilità per stargli dietro e farsi convincere. E invece, colpo di scena. Qualcosa è successo, qualcos’altro sta per succedere.

Mentre a Moena si mangiano tagliatelle e si parla della Fiorentina che verrà e di progetti più che altro in quel momento sulla carta, a Firenze nel frattempo c’è chi lavora, e sodo. Insieme a Vincenzo Montella è arrivato da Roma, a ricoprire la carica di Direttore Sportivo lasciata vacante da Corvino, un altro personaggio conosciuto al pubblico degli appassionati: quel Daniele Pradè che ha avuto lo stesso incarico negli ultimi anni della indebitatissima A.S. Roma di Franco e Rosella Sensi, e che è riuscito nell’impresa di non farla fallire, mantenendola anzi ad ottimi livelli.

Daniele Pradé

Per la verità, l’uomo desta inizialmente qualche perplessità, essendo stato a suo tempo il suo nome associato alla vicenda Calciopoli per le telefonate da lui fatte in Lega al pari di tanti suoi colleghi (anche se la Roma non è risultata poi vittima, ma bensì beneficiaria di fatto delle sentenze seguite allo scandalo). Ma non appena si mette al lavoro, le nuvole scompaiono subito dall’orizzonte. Al suo fianco opera un direttore tecnico venuto dalla Spagna già negli ultimi tempi di Corvino, quell’Eduardo Macia che ha già operato come talent scout di Valencia, Liverpool e Olympiakos, e che il DS pugliese aveva probabilmente individuato e voluto come il collaboratore giusto per un rilancio che poi non ci sarebbe stato. Non con lui, almeno.

Eduardo Macia

C’è un terzo attore sulla scena in quei giorni, assai più visibile degli altri, come suo solito: il Sindaco di Firenze Matteo Renzi. Dopo circa due anni di ostentato distacco, culminato in alcuni momenti in aperta polemica-scontro tra la amministrazione del Comune e quella della Fiorentina, il Sindaco ha lanciato nell’inverno precedente il progetto Mercafir, l’individuazione cioè nell’area posteriore ai mercati ortofrutticoli di Novoli (a detta del Comune in dismissione) del sito su cui edificare il nuovo stadio di Firenze, nonché una serie di attività commerciali connesse che ne dovrebbero fare una edizione ridotta della Cittadella. 30-35 ettari contro gli 80 chiesti a suo tempo da Della Valle e promessi da Domenici.

Renzi è stato abile, ha tolto alla controparte l’argomento principale per il disimpegno seguito alla crisi del settembre 2009, con le dimissioni di Andrea Della Valle da presidente del club gigliato e lo stop agli investimenti nella squadra, e nello stesso tempo si è presentato alla cittadinanza come colui che ha fatto gli interessi del Comune, piuttosto che quelli – secondari – della squadra di calcio. La palla è stata lanciata nel campo marchigiano, ma i Della Valle per tutto l’inverno e la primavera si sono chiusi in un silenzio sdegnoso da cui trapelava solo scetticismo e scarsa disponibilità verso il progetto ridimensionato dal Sindaco. Il quale, come un giocatore di poker consumato, non ha battuto ciglio e ha tenuto duro: la Fiorentina ha adesso un tempo limitato per esercitare il suo diritto di prelazione in merito a progettazione e realizzazione, dopodiché si andrà a un bando pubblico, vinca il migliore, anche se si tratterà di qualcun altro. Prendere o lasciare.

Questa che poteva essere la crisi finale nel rapporto tra Firenze e gli imprenditori di Casette d’Ete, si rivela in realtà la chiave di volta per lo sblocco della vicenda. Quando ai primi di agosto, apparentemente per festeggiare il decennale dell’acquisto della Fiorentina da parte dei Della Valle, Renzi a sorpresa decide di salire a Moena, si capisce che qualcosa si è mosso, che i toni – al di là della celebrazione della ricorrenza – non sono più quelli di due parti distanti, ma piuttosto di due partners che vogliono concludere un affare. C’è un accordo di reciproca soddisfazione, e allora dalla centrale di Moena può partire il segnale verso Firenze, perché chi si deve muovere si muova, perché i fili tesi da tempo vengano tirati. E’ il segnale per Pradè e Macia.

Quella che parte e ha luogo nei primi quindici giorni di agosto è una delle campagne acquisti più clamorose della storia della Fiorentina, al pari per qualità e quantità di quella del 1981 di Pontello e del 2005 di Corvino. La vecchia squadra, quella della notte della vergogna, viene smantellata in un batter di ciglia: 20 giocatori tra venduti e svincolati (a cui si aggiungerà il giovane Nastasic nelle ultime ore di mercato) e 18 acquistati: i difensori Hegazy, Della Rocca, Roncaglia, Gonzalo Rodriguez, Tomovic, Savic, Llama; i portieri Viviano e Lupatelli; i centrocampisti Borja Valero, Matias Fernandez, Aquilani, Pizarro, Migliaccio ; gli attaccanti Cuadrado, Luca Toni (un grande e gradito ritorno), El Hamdaoui. Dei vecchi, restano Pasqual, Llajic (riabilitato per volontà di Montella) e Jovetic.

E’ finita qui? Niente affatto. E c’è anche tempo e modo – in piena estate – per incrociare i guantoni una volta di più con la nemica di sempre: la Juventus.

Autore

Simone Borri

Simone Borri è nato a Firenze, è laureato in scienze politiche, indirizzo storico. Tra le sue passioni la Fiorentina, di cui è tifoso da sempre, la storia, la politica, la letteratura, il cinema.

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