Diario Viola Fiorentina

Storia della Fiorentina – 45. Il tiki taka di Montella

La bella Fiorentina di Vincenzo Montella, sopravvissuta all’esame di ammissione contro l’Udinese superato all’ultimo tuffo grazie all’estro di Jovetic che riesce a far ritornare ragazzini perfino il sindaco di Firenze ed il proprietario della Fiorentina stessa, si tuffa in campionato con entusiasmo, apparentemente dimentica degli strascichi lasciati dalle ultime due stagioni e dai veleni che hanno contraddistinto le ultime fasi di calciomercato.

Nessuno ricorda più Berbatov e nemmeno Marotta, quando la viola scende in campo a mostrare il suo possesso di palla che ne fa in breve tempo la più spagnola delle squadre italiane. Il tiki taka dei viola sembra non aver nulla da invidiare a quello di Barça e Real, o quasi. Unica pecca, la difficoltà di andare in gol. Con l’Udinese ci ha pensato JoJo, a Napoli invece l’ora e più di gioco in cui i viola mettono soto gli azzurri in casa loro non si traduce in marcature, ed alla fine passano i padroni di casa con Hamsik e Dzemaili. Jovetic stavolta può segnare solo il gol della bandiera, un gol che fa quasi rabbia, arrivato troppo tardi, bello quanto inutile.

Anche alla terza, al Franchi contro il Catania, la fatica per passare è tanta, malgrado il gioco della Fiorentina a tratti sembri un ricamo. Un centrocampo così, con Borja, Pizarro e un Aquilani che sembra tornato quello degli esordi a Roma, non si vedeva da un pezzo. Bisogna andare parecchio indietro, a Pecci, Antognoni & c., o forse ancora a prima, a Brizi, Merlo e De Sisti.

Manca un finalizzatore, e quando Montella mette dentro il numero 30, il pubblico si divide fra le suggestioni dettate dalla nostalgia e quelle dettate dall’attualità. Due minuti dopo l’ora di gioco, Jovetic se ne va in contropiede, lanciato a segnare il raddoppio del gol con cui ha portato in vantaggio i suoi alla fine del primo tempo. La posizione sarebbe buona per tirare, ma JoJo non è un egoista, e a centro area c’é lui, Lucagol. Lo stadio trattiene il respiro, mentre il montenegrino passa quel pallone così invitante al compagno che era fermo a 49 gol in maglia viola. Luca fa 50, e subito dopo fa quel gesto che la gente sugli spalti del Franchi ricorda bene, e credeva che non avrebbe rivisto più.

Se Lucagol è ancora lui, allora ci si possono levare delle soddisfazioni quell’anno, e tutto il resto passa in secondo piano. Perfino un affare che fa impallidire quelli del mago Corvino. Il giovanissimo Nastasic passa al Manchester City in cambio del veterano Savic e di 20 milioni. Roba da far impallidire il ricordo dell’affare Melo. Roba che dà da pensare, ma questi sceicchi hanno proprio soldi da buttare? Anche perché una cosa è certa, Stevan Savic si dimostra subito all’altezza, e con lui la difesa viola diventa un muro quasi invalicabile.

A Parma, alla quarta giornata, i gialloblu ci raggiungono al 93°, per una ingenuità che costa un rigore. Peccato perché aveva segnato addirittura Facundo Roncaglia, che tra i tifosi della Curva è già un mito. Ma non c’é tempo per rammaricarsi, la domenica successiva è già Fiorentina-Juventus.

E’ il 25 settembre, il popolo viola aspetta questa partita dal marzo precedente, c’é un’onta da vendicare, un conto da saldare. Quando apre il botteghino, una settimana prima, la Fiesole va esaurita in due ore. Il resto dello stadio nel pomeriggio. Erano anni che al Franchi non succedeva più, nemmeno con i bianconeri in arrivo. Stavolta restano sgombre solo le zone di rispetto disposte dalla Questura tra i tifosi. Appare ben presto chiaro che con l’avvicinarsi della partita ed il salire della tensione, c’è anche un problema di ordine pubblico, e non da poco. Per quanto la Questura si prodighi a monitorare l’evento e a stemperare gli animi, tutto pare procedere nel senso opposto: quello della benzina sul fuoco.

In quei giorni esplode, secondo logiche autonome ma convergenti, la polemica tra Diego Della Valle e Sergio Marchionne a proposito della situazione della Fiat, la cui proprietà ha annunciato la decisione di portare tutto – o quasi – all’estero. Il patron della Tod’s e della Fiorentina è durissimo con tutti, ma soprattutto con gli eredi Agnelli, che definisce senza mezzi termini bambini viziati, alle prese con cose più grandi di loro.

Alle divergenze politiche, fanno seguito quelle calcistiche. Arrivano le dichiarazioni incaute di Marotta, a cui nessuno ha spiegato niente a proposito di norme antincendio. A Firenze nessuno rimpiange Berbatov, ma a nessuno piace sentir rivangare le circostanze del suo mancato arrivo. Ma la Juventus non sembra affatto interessata ad abbassare i toni dello scontro. Sono i giorni della squalifica dell’allenatore bianconero Conte per omissione di denuncia di frode sportiva, e della sua pretesa di assistere alla partita dalla Tribuna Autorità, un problema di ordine pubblico in più.

Alla fine, sistemato anche Conte in sala stampa dietro un vetro infrangibile, tutto è pronto. L’esercito viola può avviarsi allo stadio. Anni prima, dopo un Fiorentina-Juventus di Coppa Italia degenerato in guerriglia, Diego Della Valle aveva preso duramente posizione contro i propri tifosi dichiarando che se si fossero ripetute intemperanze simili, avrebbe ceduto la Fiorentina. In più di una occasione successiva non ha mancato di sottolineare il suo fastidio per l’atteggiamento provinciale degli stessi tifosi, che vedono solo l’importanza di questa partita e non del resto del campionato. Da allora il pubblico di Firenze è sempre stato il più corretto d’Italia. Ma stasera, chi gli darà retta? La marea dell’odio è tornata a scorrere, troppo forte. Come reagirà Firenze?

La conseta coreografia della Curva Fiesole

Alla fine, Firenze sceglie ciò che le è più congeniale: la via dell’arte. Chi entra allo stadio si trova catapultato indietro di 21 anni, dentro uno scenario mozzafiato. La Curva Fiesole si è organizzata ancora per presentarsi addobbata secondo una coreografia spettacolare, come quell’altra volta nel 1991 in cui mostrò agli avversari, che si erano appena presi Roberto Baggio, tutto quello che non avrebbero mai potuto prendersi.

Stavolta non è lo skyline fiorentino, ma la rappresentazione della storica bandiera biancorossa, su sfondo viola. I fiorentini hanno scelto di fare i signori. Anche la squadra si è preparata bene. Come ha spiegato Emiliano Viviano, portiere tifoso, nei giorni precedenti, lo spogliatoio sa tutto. Anche i nuovi arrivati sono stati edotti e hanno capito al volo che quella sera devono dare l’anima, altrimenti hanno sbagliato maglia. A giudicare da come si avventano sulla partita, hanno capito tutti, e bene. La prima occasione è della Juventus, con la formica atomica Giovinco. Poi basta, la Juventus non tirerà più in porta. La Fiorentina invece sì, diverse volte.

Sarà una lezione di calcio come la Juventus ha preso raramente nella sua storia. Schiacciati nella loro metà campo per 80 minuti, incapaci di crearsi una sola occasione da gol, almeno in una circostanza aiutati da una decisione arbitrale controversa (un rigore su Pasqual che pare grosso come una casa), i campioni d’Italia escono ridimensionati sotto tutti i punti di vista da una partita completamente ribaltata rispetto a quella dell’anno precedente.

Alla fine è 0-0, e fa rabbia, ancora di più se si pensa al motivo principale per cui i viola non hanno un attacco all’altezza del loro gioco e delle loro ambizioni. Ma al fischio finale, standing ovation per i ragazzi in maglia viola. La notte della vergogna è cancellata, i giornalisti iniziano a dettare i loro articoli, in cui quasi sempre si parla della nascita di una nuova grande squadra nel campionato italiano, che ha ridimensionato quello che sembrava uno squadrone invincibile. E che può arrivare lontano. Molto lontano.

Da lì in poi, il campionato della Fiorentina prosegue come un laboratorio di spettacolo e di ricerca di soluzioni alternative per finalizzare in attacco prestazioni di gran valore. C’é un solo momento critico, quando alla ripresa del campionato dopo le feste natalizie arriva a Firenze il fanalino di coda Pescara. Sembra la riedizione di quel Fiorentina – Atalanta di 20 anni prima, con i viola che sommergono di occasioni da gol gli abruzzesi senza riuscire a passare. Quel giorno si mette in luce il giovane portiere Mattia Perin, che regge la baracca consentendo ai compagni di portare via i tre punti con la più clamorosa delle vittorie di rapina.

Ma stavolta non c’é un Vittorio Cecchi Gori ad esonerare un allenatore che comunque ha il gradimento del pubblico fiorentino. Gennaio è il mese difficile, di calo fisico delle squadre di Montella, si sa. E’ anche il mese in cui tutto pare andare per il verso sbagliato, con la Roma che ci elimina in coppa Italia con un gol di rapina di Destro e con Udinese e Catania che si prendono inaspettate rivincite in campionato mettendo sotto Fiorentine in debito di ossigeno.

Ma è anche il mese in cui va a sedersi in tribuna un signore che infiamma nuovamente le aspettative del popolo viola. Ad assistere alle partite della Fiorentina – che l’ha appena comprato dal Villareal, dove era reduce dai postumi di due gravi infortuni al ginocchio – c’é Giuseppe Rossi, uno dei talenti più limpidi prodotti dal calcio italiano negli ultimi anni. Pepito promette di colmare nella prossima stagione le lacune offensive di questa, e intanto fa sognare il Franchi che comunque assiste alle prodezze di una squadra che prosegue nella sua marcia verso le zone altissime della classifica.

Stevan Jovetic sembra colto da una malinconia indefinibile, mentre le sue prestazioni si stemperano nell’anonimato al punto da far riprendere quota a quelle dell’ex reprobo Llajic, ormai perdonato per aver provocato la scazzottata di Delio Rossi.

Luca Toni vince una scommessa pubblica segnando otto gol, che portano la Fiorentina a giocarsi all’ultima giornata il terzo posto con il Milan. Sarebbe Champion’s league, la quinta dell’era Della Valle, la prima della gestione Pradé. La Fiorentina arriva alla resa dei conti dietro ai rossoneri, perché nello scontro diretto al Franchi (dopo che all’andata a San Siro i viola avevano trionfato per 3-1 con show finale di El Hamdaoui) Pizarro vuole infierire sull’ex Montolivo, e quest’ultimo lo beffa rubandogli palla ed andando a segnare il gol del pareggio rossonero.

All’ultima giornata, siamo nelle mani del Siena, con la speranza che non voglia ricelebrare la battaglia di Montaperti. I bianconeri senesi devono salvarsi, e mettono in difficoltà il Milan che passa solo negli ultimi minuti, complice una decisione arbitrale che provocherà il tormentone estivo: rigore per il Milan. La goleada viola finale a Pescara è vanificata, al Milan la Champion’s, a noi l’Europa League, anche se resta la consapevolezza che alla squadra viola manchi veramente poco per fare l’ultimo salto, quello verso la gloria.

Un anno dopo i fischi del Franchi a Della Valle, nessuno si ricorda più di aver fischiato, e le mani dei tifosi sono arrossate per i tanti applausi dispensati ai giocatori che hanno rifatto forte e bella la Fiorentina. Nell’estate del 2013 a Firenze si sogna e basta. E in grande.

Autore

Simone Borri

Simone Borri è nato a Firenze, è laureato in scienze politiche, indirizzo storico. Tra le sue passioni la Fiorentina, di cui è tifoso da sempre, la storia, la politica, la letteratura, il cinema.

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