Calcio

La maledizione spagnola

Il doppio confronto Spagna – Italia in Champion’s League finisce 7 – 1 per gli iberici. Dopo la mancata qualificazione al mondiale di Russia maturata al Santiago Bernabeu, tocca alle migliori squadre di club italiane vedersi destare dai propri sogni a suon di ceffoni. La maledizione spagnola continua, ed alle umiliazioni non c’é mai fine.

La Spagna è da diversi anni sul tetto del mondo calcistico, è innegabile. Ma una media di tre gol di scarto a partita tra loro e noi dovrebbe essere alla fine inaccettabile anche per un paese ed un movimento sportivo ormai derelitti come i nostri. Quelle quattro stelle appuntate sulla maglia azzurra non sono lì per caso, e prima o poi l’Italia dovrebbe avere un soprassalto di dignità, si spera. Non quest’anno, che trascorreremo a guardare, come dei vecchi sporcaccioni che si nascondono per spiare le coppiette appartate. Ma insomma, prima o poi….

A ben guardare, stavolta c’é il rischio di poter addirittura recriminare, il che farebbe più male che bene. Tra il Real Madrid e la Juventus non è secondario a fare la differenza il talento mostruoso di Cristiano Ronaldo, che probabilmente concluderà la sua carriera nell’Olimpo ristretto dei più grandi campioni di tutti i tempi, insieme a Valentino Mazzola, Alfredo Di Stefano, Pelé, Diego Armando Maradona, Johann Cruyff, Leo Messi, per nominare solo i nomi più fulgidi. I due gol segnati allo Stadium sono uno più bello dell’altro. Spettacolare, cinematografico il secondo in rovesciata, ma ancora più avvincente come gesto tecnico il primo, segnato in anticipo su avversari e compagni con la punta esterna del piede destro a cercare un angolino dove Buffon non può proprio arrivare. Un gol segnato alla Falcao, ma a velocità tripla.

Contro mostri così fai poco, devi solo aspettare la prossima generazione e sperare che il prossimo nasca in casa tua. Ma al netto di CR7, è tutto il Real che gioca meglio della Juve, con una sicurezza disarmante. La stessa che la Juve ostenta nel campionato italiano, e che ai quarti di Champion’s, al cospetto dei galacticos, si dissolve. I bianconeri sono lenti, prevedibili, sguarniti sulle fasce e con la difesa statica. L’anno scorso si poté parlare di crollo fisico nel secondo tempo, quest’anno sembra quasi che il Real alla fine non infierisca, fermandosi a tre.

Eppure la Juventus è tutt’altro che una formazione facile da affrontare. Magari quest’anno non gioca splendidamente, ma è sempre determinata su ogni pallone, sempre affamata di vittorie, sempre letale non appena i suoi uomini migliori là davanti hanno l’occasione di far male. Sempre, fino a che non si va in Europa. Fino a che non si va in Spagna.

Diverso il discorso per la Roma, che esce dal Nou Camp clamorosamente maltrattata dall’arbitro prima ancora che dai blaugrana. Due rigori abbastanza netti negati farebbero una bella differenza, se invece concessi. Metterebbero il Barcellona di fronte a salite a cui non è abituato e darebbe ai giallorossi le ali di un entusiasmo che potrebbe anche portare ad un risultato di maggior prestigio rispetto a questo 4-1 maturato anche grazie a due autoreti che più sfortunate non si può. L’arbitro olandese Danny Makkelie fa più per i colori locali di quello che fece il connazionale Cruyff quando venne a giocare qui. Più delle giocate odierne di Messi.

Detto questo, recriminare rischia di far più male che bene, dicevamo. Il fatto è che in campo – tra noi e loro – comunque vada al presente c’é una differenza. Di testa prima ancora che di classe. D’accordo, loro mandano in panchina – soprattutto il Real – giocatori che noi ci sognamo, il solo Gareth Bale vale quanto tutte le riserve della Juventus, che pure non è messa male come seconde linee rispetto alle altre squadre italiane. Loro hanno i migliori, noi qualcosa meno. Ma soprattutto hanno delle teste che scendono in campo avendo già vinto, mentre noi ultimamente abbiamo già perso prima del fischio d’inizio. Perotti non può sbagliare un gol come quello, Higuain non può presentarsi in debito di ossigeno sull’unica occasione da gol concessagli. Altri dei loro compagni, se si trovano il pallone buono in area sembrano avere quell’esitazione di chi non crede ai suoi occhi, e per un attimo non sa cosa fare. Un attimo di troppo.

Che giochino bene o male, i delanteros di Real e Barça invece quando hanno la palla buona sono letali come aspidi. Ha un bel dire Lorenzo Pellegrini, talento giovanissimo della Roma e della Nazionale che «ci siamo stancati di veder vincere gli altri», e che questi altri non hanno molto più di noi, tutto sommato. Per CR7 e la Pulce dovremmo aspettare un’altra generazione, forse, ma anche per pareggiare il tasso tecnico con gli altri, i non mostri, c’é tanto da lavorare, allenando le teste prima ancora che i muscoli e i piedi.

Nel frattempo, a mali estremi estremi rimedi. Non si può più chiudere le frontiere come nel 1966, ed è un altro dei vantaggi conseguiti con l’Unione Europea, ma si può almeno limitare il numero degli stranieri in forza alle squadre italiane e ridare vitalità ai nostri vivai, ai settori giovanili. I quali una volta producevano giocatori decisamente migliori dell’irritante Dybala e del gordo Higuain. E non si vede perché non potrebbero tornare a farlo, se qualcuno invogliasse i nostri ragazzi a staccarsi dalle playstations e a tornare a dare due calci ad un pallone. E mettesse un freno a direttori sportivi e procuratori ormai più simili a briganti balcanici.

E’ tempo di tornare a sognare. Altrimenti siamo morti.

Autore

Simone Borri

Simone Borri è nato a Firenze, è laureato in scienze politiche, indirizzo storico. Tra le sue passioni la Fiorentina, di cui è tifoso da sempre, la storia, la politica, la letteratura, il cinema.

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