Diario Viola Fiorentina

Storia della Fiorentina – 47. L’ultimo volo dell’Aeroplanino

A questo mondo, glorie e fortune personali scivolano via presto. Perfino in una città come Firenze, dove tutto sembra essersi fermato da secoli. Nella primavera del 2014 Vincenzo Montella è considerato un condottiero pressoché invincibile. Ha rinnovato il mito di Cesare Prandelli, l’allenatore amato dai tifosi a cui la proprietà deve solo mettere in mano una squadra all’altezza, e poi ci penserà lui.

Quando scende in campo per una amichevole di beneficienza organizzata dalla Fiorentina tra le vecchie glorie viola ed una selezione di Emergency, Vincenzino è quasi il personaggio più applaudito su un palcoscenico che vede sfilare tra gli altri Batistuta e Gino Strada, Luca Toni ed il capitano di lungo corso e di tante cicatrici Giancarlo Antognoni.

Firenze, 20 maggio 2014: tre generazioni di fuoriclasse viola per Emergency

Firenze mostra di voler bene all’Aeroplanino, e si appassiona – al pari dei giocatori sull’erba del Franchi – alla sua ricerca spasmodica di un gol a cui terrebbe particolarmente. Non gli riesce, alla fine, ma gli applausi che strappa a tutti i presenti sono ancora più importanti. Da giocatore ci ha fatto piangere, ci segnava sempre. Da mister, la convinzione generale è che se la società lo asseconda, prima o poi ci farà sorridere.

Firenze si affeziona in fretta, ed altrettanto in fretta a volte dimentica. Ha dimenticato che ai tempi di Prandelli faceva gli stessi discorsi, ha dimenticato le promesse fatte, non mantenute e poi rinnovate dalla società, ha dimenticato la sfortuna, le vittorie sfumate per prepotenze e malversazioni altrui.

Firenze sembra dimenticare in fretta perfino la notte della vergogna. Quella napoletana, stavolta. I partenopei festeggiano una Coppa Italia che si sono ritrovati in mano come frutto più che altro di una notte brava in cui il loro eroe Jenny a’ carogna ha messo in ginocchio l’immagine di tutta la nazione. Gli sfottò dei tifosi azzurri a quei malcapitati tifosi viola che hanno rischiato il viaggio all’Olimpico di Roma fanno più male dei gol di Insigne. Nella camurrìa seguita all’accoltellamento di Ciro Esposito da parte dei romanisti, la Fiorentina è l’unica a poter uscire a testa alta, ma come già altre volte con nulla in mano.

La Fiorentina sembra però rituffarsi subito in una nuova avventura. Pradé e Macia sembrano ancora ispirati nelle loro scorribande di calciomercato, anche se adesso i colpi buoni si alternano a quelli che lasciano perplessi. La squadra ha ancora in organico un numero 22 che si chiama Giuseppe Rossi ed un numero 33 che si chiama Mario Gomez. Il monte ingaggi ne risente, e così le possibilità di rafforzare la rosa in attacco, visto che la presenza dei due bomber è tutt’ora più apparente che reale.

Pepito si è illuso che la convocazione da parte di Prandelli come 23° in vista dei Mondiali brasiliani si traducesse nella sua partenza per la spedizione azzurra. In realtà, dall’infortunio provocatogli dal killer Rinaudo non si è mai ripreso del tutto, ed il CT della Nazionale ha avuto solo un torto: quello di non averglielo detto subito. Stesso discorso per Mario Gomez, che sconta anche il fatto che quell’anno la Germania è in stato di grazia, abbonda di attaccanti in forma, e lo dimostrerà vincendo clamorosamente il torneo che sembrava dover essere appannaggio dei padroni di casa, travolti invece dai panzer per 7-1.

Teoricamente abbiamo ancora un attacco stellare, di fatto lo vediamo ormai soltanto nell’album delle figurine. La società dovrebbe fare un nuovo sforzo economico, almeno per la sostituzione temporanea dei due convalescenti di lunghissimo corso. Montella fa capire che gli servono rinforzi, e che il giovane Joshua Brillante preso dal campionato australiano lo considera più che altro una pazziata, come dicono dalle sue parti. Lo schiera a Roma nella prima di campionato, vincono i giallorossi e non soltanto per la pessima prestazione di un giocatore non all’altezza, ma il gesto del tecnico viola è platealmente e inequivocabilmente polemico.

Serve ben altro, roba come quel José Maria Basanta arrivato da Monterrey o come quel Milan Badelj arirvato dall’Amburgo a dar man forte al vecchio Pizarro. Serve soprattutto sapere se la società cederà alle sirene che ronzano attorno a stelle viola come Cuadrado o come Savic. Serve capire una buona volta cosa vuole fare la Fiorentina da grande. Riprovarci ad alto livello, o vivacchiare ai margini della zona Coppe europee?

Quello che non sa Montella, come nessun altro a Firenze se è per questo, è che per la seconda e forse ultima volta qualcosa si è incrinato nella stanza dei bottoni. Sia stato all’Olimpico contro il Napoli o nei giorni precedenti e seguenti; sia stato il frutto di una campagna di scontro frontale con i vertici del calcio italiano (leggi FIAT) che una volta di più non è stata sostenuta da risultati sportivi adeguati; sia stato il frutto invece di scoramento per la sfortuna che ha vanificato due grossi investimenti finanziari su giocatori e per la situazione surreale in cui versa il possibile ancor più grosso investimento sulla Cittadella; fatto sta che ai fratelli Della Valle sta venendo meno quel po’ di entusiasmo faticosamente rimesso insieme nel 2012, con l’avvio del progetto A.C.F. Fiorentina 2.0.

Quella che è cominciata con una nuova sconfitta nel per noi sempre infausto Stadio Olimpico di Roma sarà ancora una stagione ad alto livello per la Fiorentina. Ma più per l’inerzia positiva delle due precedenti che per reale convinzione.

L’avvio di campionato è da pianto greco, alla sosta per la Nazionale ad ottobre la Fiorentina ha fatto appena 9 punti in 6 partite. A quella natalizia i punti sono 24 in 16 partite, e l’anno nuovo ricomincia con una sconfitta a Parma. Sembra una di quelle stagioni che finiscono per avvitarsi su se stesse di cui la Fiorentina è stata già capace in passato. Al muso lungo di Montella corrisponde quello dei tifosi, mentre nello staff dirigenziale accadono cose strane.

Adiòs a la Vespa

A gennaio suona l’ora di Juan Guillermo Cuadrado. La Fiorentina accetta l’offertona del Chelsea, a parziale copertura della quale in cambio del colombiano viene proposto in prestito (sul momento pare con diritto di prelazione al riscatto, ma sulla base di quella che si rivelerà soltanto una equivoca ed ineffettiva scrittura privata) l’egiziano Mohamed Salah. L’operazione va in porto, e viene vissuta sul momento come un primo capitolo di una nuova smobilitazione viola. L’acquisto di un lontano ex della C2, Alessandro Diamanti, ed il riaccendersi della luce di Alberto Gilardino in viola (entrambi di ritorno da un dorato fine carriera cinese) sul momento sembrano poter fare poco per migliorare la situazione.

Ma il nuovo acquisto egiziano si rivela però un’ira di Dio, anzi, di Allah, e con lui a far danni lì davanti la Fiorentina comincia un campionato del tutto diverso. In Coppa Italia arriva fino alla semifinale, dove incontra la Juventus. A Torino i bianconeri vengono fatti a fette dall’egiziano, ed i viola ripartono per Firenze forti di un 2-1 che forse genera troppa sicurezza. La lezione della stagione precedente non è stata imparata. Al Franchi nel ritorno è un altro umiliante 3-0 juventino, e stavolta invece del piede magico di Pirlo basta quello dell’ex Alessandro Matri, che per mezza stagione aveva illuso l’anno precedente di poter sostituire Rossi e Gomez.

Arriva l’Ira di Allah

In Europa League i viola si levano un paio di grosse soddisfazioni dapprima eliminando il forte Tottenham con quella che resterà l’ultima apparizione di Mario Gomez alla propria altezza, poi passeggiando all’Olimpico in casa giallorossa, e stavolta è un 3-0 che potrebbe essere ancora più largo per la fiorentina e più umiliante per la Roma. Poi il destino mette di fronte ai viola la Dinamo Kiev, incontrata l’ultima volta nel 1989 e superata grazie al talento di Roberto Baggio. Altra vita, altre squadre, ma passano ancora i viola, che in semifinale devono affrontare a quel punto i detentori della Coppa, il Siviglia.

In terra spagnola, il primo tempo illude, la Fiorentina potrebbe segnarne due o tre, ma è il Siviglia a passare, complice anche la serataccia del portiere Neto che fin lì ha fatto miracoli, riprendendosi il posto in squadra perso non appena ha reso pubblica la sua intenzione di passare alla Juventus a fine stagione. Finisce 3-0 per gli spagnoli allo stadio Ramon Sanchez, e poi 2-0 sempre per loro allo stadio Artemio Franchi. La gente viola la prende male, avendo fatto la bocca ad alzare finalmente il primo trofeo della gestione Della Valle. In conferenza stampa, Montella fa poco per stemperare gli animi, dichiarando senza mezzi termini «siamo questi». Come dire: questo mi hanno dato, con questo ho dovuto fare, cosa volete di più?

La polemica cominciata con lo schieramento di Brillante a Roma sembra arrivata alle battute finali. Il campionato della squadra viola si conclude bene, con 5 vittorie nelle ultime 5 partite che fruttano un 4° posto finale con qualificazione alla terza Europa League consecutiva. Ma il clima attorno alla squadra è tutt’altro che festoso. La sensazione è che tecnico da un lato e proprietari e dirigenti dall’altro siano dei separati in casa, secondo uno schema già visto.

Alla preoccupazione per il destino di alcuni giocatori (al fischio finale dell’ultima giornata di campionato scoppia puntuale la grana Salah, con la Fiorentina che si ritrova in mano come previsto soltanto una scrittura privata a cui né il giocatore né il Chelsea proprietario del suo cartellino sembrano intenzionati a dare valore) e per la loro eventuale sostituzione, si aggiunge quella per la permanenza del tecnico. Gli applausi della notte di Emergency ormai sono lontani, sepolti sotto un’altra stagione che prometteva chissà cosa e poi ha finito per avvelenarsi. Ma Firenze non vorrebbe ancora privarsi dell’Aeroplanino che l’ha riportata a volare.

Eppure, quando alla fine di settimane di voci e contro-voci Vincenzo Montella parte per le vacanze, a tutti è chiaro che non ritornerà più. Alla Fiorentina è finito un altro ciclo.

Autore

Simone Borri

Simone Borri è nato a Firenze, è laureato in scienze politiche, indirizzo storico. Tra le sue passioni la Fiorentina, di cui è tifoso da sempre, la storia, la politica, la letteratura, il cinema.

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