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Giustizia un………

Manifestazione a Milano contro l’ultima sentenza della Corte di Cassazione

Tiene banco l’ultimo prodotto di una giurisprudenza psichedelica e di una magistratura che appare sempre più bisognosa di essere rimessa in squadra, come direbbe un bravo artigiano di quelli di una volta. Quelli che, a differenza di molti esercenti la funzione giudiziaria, prima di far uscire dalla sua bottega una cazzata ci pensava non due, ma cento volte.

Si può uccidere dunque la moglie, l’amante, la donna con cui ci si accompagna a qualunque titolo o una qualunque donna malcapitata, e beneficiare delle attenuanti generiche. La tempesta emotiva fa giurisprudenza e precedente. Chi avesse da regolare conti domestici risparmiando sulle spese legali si faccia vedere prima adeguatamente incazzato, il giudice di turno ne terrà conto.

Quando frequentavo l’Università, al piano di sopra al mio – a Legge – salivano dei tipi strani. Non potevo immaginare mai quanto fossero strani finché non li ho visti da grandi giocare a morra con il diritto, il buon senso, la vita della gente.

Ma forse per rendersi conto che qualcosa non va sotto il cielo della Giustizia, più che alle sentenze basta guardare a certi atteggiamenti. Nella mia ultima visita a Roma, sono passato diverse volte sotto la Corte di Cassazione, Lungotevere Prati, Piazza dei Tribunali. Proprio lei, la Corte che ha sentenziato a proposito della tempesta emotiva, che vale la riduzione della pena per omicidio dall’ergastolo a sedici anni (al lordo di chissà quanti benefici di legge accessori concessi come i pacchi su RAI Uno).

Non è un gran bel monumento, uno di quelli che rendono Eterna e unica la nostra Capitale. Ma è comunque un monumento, dove ha sede tra l’altro una delle principali istituzioni del nostro paese. Ti aspetteresti che, come succede all’estero a monumenti e istituzioni analoghi, trasudasse da ogni pietra maestosità, austerità, equità. In una parola, appunto, Giustizia.

Macché. Proprio sull’ingresso in cima alla rampa, costellata di vetture zeppate come al parcheggio del supermercato, eccoli lì, tre motorini in bella mostra, messi al riparo da possibili intemperie e dagli altri accidenti della vita quotidiana dei comuni mortali, e pazienza se ostruiscono metà dell’arco che funge da accesso e offendono interamente la vista.

Eccoli lì. Saranno di giudici, di avvocati, di addetti ai lavori, uscieri, galoppini? Cambia poco o niente. Sono di gente che vive in perenne extraterritorialità ed extragiudizialità e non si dà pena di non darlo a vedere. Gente che sta al di sopra della legge che amministra ed applica. Gente che é la legge, o quello che noi scambiamo quotidianamente per legge.

Gente che, a differenza del marchese del Grillo, non si volta neanche per un attimo a guardarvi, dopo aver chiuso il motorino, con quella caratteristica espressione del potente italiano: «io sono io, e voi non siete un cazzo».

Gente che poi concede le attenuanti all’assassino e i benefici di legge al ladro. Gente che ha furia perché a mezzogiorno stacca, perché ha un tavolo che l’aspetta dar Fregnacciaro a Trastevere, con i bucatini appena scolati e l’amatriciana appena spignattata.

Damoje ste attenuanti, sticazzi. E annamo a fasse sti du’ spaghi. Ma de che stamo a parla’?

Autore

Simone Borri

Simone Borri è nato a Firenze, è laureato in scienze politiche, indirizzo storico. Tra le sue passioni la Fiorentina, di cui è tifoso da sempre, la storia, la politica, la letteratura, il cinema.

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