Diario Viola Fiorentina

Storia della Fiorentina – 52. #DA13

A colazione, la mattina del 4 marzo 2018 all’hotel Là di Moret di Udine, scendono tutti i giocatori della Fiorentina, meno uno. Il capitano Davide Astori – che ha ereditato gradi e leadership da Gonzalo Rodriguez e che è stato fino a quel momento una delle poche certezze di questa Fiorentina bruscamente ridimensionata dai suoi padroni prima ancora che dalle competizioni – non si vede. L’ultimo a dargli la buonanotte è stato il portiere Marco Sportiello, senza immaginare di essere stato anche l’ultimo ad averlo visto vivo in questa vita. Nella camera di Astori viene trovato un corpo esanime. Il capitano non c’é più.

Il tempo di giocare per la Fiorentina è finito. Firenze è nel dramma, e tutto passa in second’ordine. Risultati, polemiche, contestazioni non contano più. C’é una maglia da onorare, la numero 13, c’é un compagno da ricordare, un campionato da terminare onorevolmente. Come avrebbe voluto lui.

Per la seconda volta dopo venticinque anni, Piazza Santa Croce si riempie di fiorentini e di bandiere viola listate a lutto, per l’ultimo saluto alla bandiera caduta. Come era già successo per Mario Cecchi Gori, la piazza è stracolma. In chiesa, nella Basilica che conserva le spoglie mortali dei grandi fiorentini, sono in pochi a poter entrare. Tra questi, i giocatori della Juventus venuti a rendere omaggio al collega scomparso, e per una volta fatti oggetto soltanto di uno scrosciante applauso.

 

E’ il 9 marzo 2018, cinque giorni dopo la tragedia. Da quel momento, oltre alla prevedibile indagine della magistratura volta ad accertare eventuali responsabilità (Davide, simboleggiava tante cose, e per quanto era stato possibile osservare era anche il ritratto della salute), comincia un altro campionato. Una specie di psicodramma collettivo in cui una squadra quasi allo sbando si ricompatta nel nome del compagno caduto e si mette a giocare come sembrava fosse impossibile, travolgendo avversari e circostanze come un rullo compressore. Ogni gol segnato è seguito da uno sguardo al cielo, da un dito puntato verso le nuvole dove ci si immagina che lui sia seduto a guardare la sua Fiorentina, da lacrime a volte decisamente incontenibili, da saluti militari come quelli che – chi ha fatto il servizio lo sa – si tributano doverosamente al capitano.

Lo stadio Franchi torna ad essere addobbato da coreografie di curva come non si vedevano da tempo. Viene coniato un hashtag che diventerà tra i più popolari di ogni social network dove si parla di calcio: #DA13. E’ una parola magica, un mantra che viene recitato continuamente e anteposto a qualsiasi discorso o ragionamento. Nel nome di Davide, ormai, vive e lotta non solo la squadra ma l’intera città, per l’ultima volta ricompattata dietro ad una società che stavolta sembra aver compreso esattamente lo spirito dei suoi tifosi. Nei primi banchi a Santa Croce il 9 marzo c’erano seduti i fratelli Della Valle. Sarà, con il senno di poi, l’ultima volta, l’ultima loro apparizione pubblica legata alla Fiorentina.

Benevento, Torino, Crotone, Udinese (nel recupero della partita rinviata nelle ore successive alla tragedia di Davide) e Roma sono le vittime di questa Fiorentina che non perdona niente e nessuno. Chi deve incontrare i viola in questo periodo, ha solo da rammaricarsi. E tra i tifosi si comincia a coltivare il sogno di vincerle tutte, da lì alla fine. Significherebbe tra l’altro qualificarsi nientemeno che alla Champion’s League, un traguardo che se enunciato poche settimane prima avrebbe potuto valere un trattamento sanitario obbligatorio.

Nel nome di Davide. Stai a vedere che Davide da lassù (dove è in buona compagnia, assieme a Mario Ciuffi, Walter Tanturli e lo scomparso da poco Rigoletto Fantappié) fa il miracolo. Ci sono miracoli però impossibili anche per le anime più nobili, per gli spiriti più potenti. Con la maglia numero 13 indosso – che qualcuno già comincia a chiedere che sia ritirata a fine stagione – Davide Astori aveva fatto già il possibile e l’impossibile per tenere insieme il reparto e la squadra. Dal cielo, è riuscito a regalare un mese e mezzo di furore agonistico ai suoi ex compagni. Non può durare in eterno. La Fiorentina non può essere diventata improvvisamente il Barcellona.

A metà aprile arriva al Franchi la Spal, e sembra proprio una preda facile per la Fiorentina, il sesto boccone da trangugiare di fila. Ma la squadra allenata dall’enfant du pays Leonardo Semplici sa il fatto suo e vuole tirarsi fuori dalle sabbie mobili della zona retrocessione. Il fortino ferrarese non cede, l’arbitro Orsato decreta un rigore contro la Fiorentina che il Var – la nuova trovata federale per far finta di accogliere la tanto invocata prova televisiva già esistente in altri sport – poi gli consiglia di revocare (e la Curva Fiesole gli canta sei insensibile, prendendo spunto dalla recente sceneggiata di Gigi Buffon a Madrid). Finisce 0-0, ed assieme al filotto di partite vincenti sembra che sia finita anche la magia lasciata a volteggiare benevola sulla squadra dall’anima di Davide Astori.

Da quel momento, la Fiorentina ricomincia a fare il suo gioco, come si dice ironicamente a Firenze. Arrivano due sconfitte, la prima con la Lazio al Franchi ed è un 4-3 propiziato da una difesa viola sciagurata che dà la misura reale dal punto di vista tecnico della perdita accusata con la scomparsa di Astori. A Reggio Emilia è tutta la squadra a sembrare svuotata, e forse lo è, soprattutto psicologicamente. A imperversare quel giorno è il Sassuolo e le mani al cielo le solleva Politano, una delle ricorrenti bestie nere viola.

La settimana dopo arriva il Napoli, che è riuscito nell’impresa di portarsi ad un punto dalla Juventus e che mette nel mirino Firenze come il luogo e l’occasione per un possibile – e a quel punto ritenuto da tutti probabile – sorpasso. Sportivamente parlando, la mezza Italia non juventina dovrebbe tifare Napoli. Magari a Firenze c’é ancora un dentino avvelenato per il precedente di quattro anni prima, la finale di Coppa Italia all’Olimpico di Roma arbitrata da Jenny ‘a carogna.

E’ il cholito Simeone a farsi interprete dei sentimenti del suo pubblico, e a giocare la partita della vita segnando tre gol agli azzurri partenopei che dopo poco si ritrovano in dieci e devono dire addio per l’ennesima volta ai sogni di scudetto. Grandi feste al Franchi, qualcuno si prova a dire che la Juve ha vinto il suo settimo scudetto consecutivo grazie alla Fiorentina, ma nel marasma generale resta inascoltato.

Simeone dice tre al Napoli

E’ una annata strana, se è vero che il gol vittoria della Fiorentina a Marassi, sponda Genoa, lo segna Dabo, il piede forse meno addomesticato tra quelli portati a Firenze dal Corvino ultima maniera.

A quel punto, mancano due partite, che se vinte possono dare l’accesso alla Coppa, in concomitanza con i risultati di Atalanta e Milan. Quattro punti potrebbero addirittura bastare. Figurati, dice Radio Tifo, se i della Valle vogliono lasciarsi sfuggire l’occasione di ritornare in Europa……

Già, figurati. Alla penultima c’é il Cagliari,gemellato con noi nel dolore per la perdita del numero 13. E’ proprio il Cagliari a festeggiare l’Astori Day vincendo a Firenze, e costringendo i viola a ritirare, insieme alla maglia numero 13, anche i sogni di gloria.

Dopodiché, i sogni europei della Fiorentina sono appesi ad un filo. Che viene puntualmente reciso dal Milan a San Siro in quello che a quel punto è lo scontro diretto. Sarebbe servita un’impresa, ma sono i rossoneri a farla rifilandone cinque alla Fiorentina. Segna perfino Kalinic, che fino a quel momento aveva ripetuto le gesta di Montolivo sparendo completamente dall’annuario del campionato italiano.

Fiorentina fuori dalle Coppe. Anzi no. Quando sembra il momento di regolare i conti con il braccino dei Della Valle e gli zero titoli la cui striscia si è allungata di un anno in più (e che anno), ecco che l’UEFA squalifica il Milan per violazione delle norme sul fair play finanziario. Fiorentina virtualmente ammessa ai preliminari di EL. E’ l’ultimo miracolo della buonanima di Davide?

Dice Radio Tifo, figurati se adesso Corvino non fa una campagna acquisti che…..

A Firenze, il patrono principale è san Giovanni, quello che non vuole inganni. La stagione maledetta finisce finalmente il 20 luglio, quando il Tas si pronuncia sul ricorso del Milan riammettendolo in Coppa e rimettendo al suo posto la neghittosa società di Diego & Andrea Della Valle. I quali ostentano per parte loro fair play e sportività olimpica. A scanso equivoci avevano dato comunque disposizione di non fare campagna acquisti fino al momento della sentenza. Disposizione che Corvino ha eseguito fedelmente, da par suo.

La stagione che ha come unico rimpianto vero la perdita di un ragazzo come ce ne sono stati pochi tra quelli che hanno indossato la maglia viola, finisce così.

E purtroppo, con la stessa squadra o quasi e senza più forti motivazioni accessorie, per quanto dettate da tragedia e tristezza, ne comincia subito un’altra.

L’ultima.

Autore

Simone Borri

Simone Borri è nato a Firenze, è laureato in scienze politiche, indirizzo storico. Tra le sue passioni la Fiorentina, di cui è tifoso da sempre, la storia, la politica, la letteratura, il cinema.

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