Musica

Sugar Baby Love

Erano un gruppo di ragazzotti inglesi che si radunavano come session men ai Landsdown Sudios della Polydor Records di Londra. Nessuno conosceva i loro nomi e nessuno li avrebbe ricordati più dopo quell’unico sparo nel buio che avrebbe rischiarato di luce folgorante ed improvvisa per quanto effimera la nostra colonna sonora di adolescenti dei primi anni settanta.

Ottobre 1973. La Polydor li mise insieme battezzandoli The Rubettes e fornì loro la hit con cui sfondare. Una volta sola e per sempre. Gli addetti ai lavori definivano quella musica bubblegum pop, in senso dispregiativo: musica appunto da adolescenti, che spariva come gomma da masticare un attimo dopo essere scoppiata in bocca a chi la cantava. Qualcuno più anticonformista la faceva rientrare nel glamour rock che aveva imperversato in Inghilterra all’inizio del decennio.

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La cover del complesso italiano “La 5^ faccia”

Classificazioni di cui ai ragazzi che vivevano e vivono a tempo di musica è sempre interessato poco. Il fatto incontrovertibile allora fu che Sugar Baby Love – incisa agli studios di Holland Park ad ottobre del ‘73 e lanciata sul mercato nel gennaio successivo – fu un successo travolgente. Dapprima in patria, dove rimase in testa alle classifiche per ben cinque mesi consecutivi. E poi da noi, dove monopolizzò la nostra Hit Parade quasi altrettanto a lungo.

Ritmo da ballo scatenato, uno dei primi tormentoni delle nostre discoteche, delle nostre radio e delle nostre spiagge, questo disco ce l’avevamo tutti. E a tutti le gambe si mettevano in moto, all’attacco delle prime travolgenti note accompagnate dalle percussioni e da quella voce in falsetto che ti entrava nell’anima.

Ecco il racconto di Wayne Bickerton, il produttore: «Paul Da Vinci che canta con quella voce in falsetto altissimo, ed il gruppo dei vocalists che ripete ‘Bop-shu-waddy’ per 3 minuti…. Gerry Shurry, che curava l’arrangiamento orchestrale, diceva: non può funzionare, non si può avere un gruppo che canta all’infinito ‘Bop-shu-waddy’! Un sacco di gente ci diceva la stessa cosa, e più lo ripetevano più cresceva la mia determinazione a produrre la canzone. Il disco rimase inattivo per 6, 7 settimane, finché non avemmo un passaggio a Top of the pops. A quel punto decollò come un razzo, e vendette sei milioni di copie in tutto il mondo. Al che Gerry mi disse: è meglio se tengo la bocca chiusa e mi concentro sugli arrangiamenti….»

Autore

Simone Borri

Simone Borri è nato a Firenze, è laureato in scienze politiche, indirizzo storico. Tra le sue passioni la Fiorentina, di cui è tifoso da sempre, la storia, la politica, la letteratura, il cinema.

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