Accadde Oggi

Anne Boleyn, una donna…… senza testa

Enrico VIII e la sua seconda moglie Anna Bolena

«Impara l’arte di ottenere quello che vuoi dagli uomini. Non sbattendo i piedini, figlia, ma al contrario facendo credere agli uomini che sono loro a decidere. Questa è l’arte di essere donna.»

(Anne Boleyn, alla figlia Elizabeth)

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Mai così tanti dovettero così tanto a così pochi. Parafrasando la celebre affermazione di , enunciata in un momento altrettanto importante e difficile della storia inglese, si potrebbe dire che senza Anne Boleyn chissà se ci sarebbe stata una riforma protestante in Inghilterra. E senza l’Inghilterra, chissà se una riforma protestante sarebbe sopravvissuta in Europa.

Quando Enrico VIII sposò Anne Boleyn facendone la sua seconda moglie e una delle regine più potenti della storia del suo paese, le cose erano arrivate ad un punto in cui era difficile districare i sentimenti dalla politica, la ragion di stato da quella del cuore.

Enrico ed Anna a caccia nel aprco reale di Windsor

Enrico ed Anna a caccia nel parco reale di Windsor

E tuttavia, entrambe avevano avuto il loro peso nel corso degli eventi. Dal 1517 l’Europa era stata spaccata in due dalla Riforma di Martin Lutero. Il Papato di Roma rischiava in ogni momento di essere travolto, o dalla furia dei riformatori o dalla reazione dei sovrani cattolici, come quel Carlo V di Spagna sul cui impero non tramontava mai il sole e che rischiava di fare del successore di Pietro – l’ultimo Papa Medici, Clemente VII – il suo cappellano personale.

Quando Enrico chiese a Clemente l’annullamento del suo matrimonio con la prima moglie Caterina d’Aragona, il re Tudor pensava di poter unire l’utile al dilettevole. La giovane Boleyn era una donna di tale bellezza da fare girare la testa a molti a corte, compreso il sovrano che pure in fatto di fidanzate, mogli, concubine e amanti non si era fatto e non si sarebbe fatto nemmeno in seguito mancare nulla.

Re Enrico non resse al potere seduttivo dello sguardo di Anna Bolena, e da quel momento Caterina d’Aragona ed il cattolicesimo in Inghilterra ebbero il loro destino segnato. Adducendo motivi pretestuosi come di consueto in quei casi ed a quel tempo, la corte inglese chiese a quella pontificia l’annullamento delle prime nozze per poter convolare alle seconde. Enrico intendeva prendere tre piccioni con una fava: liberarsi di una moglie ormai invecchiata a vantaggio di una che era nel fiore degli anni e della bellezza, liberarsi di una parentela con la Spagna che – visto il ritmo impetuoso con cui quest’ultima era in ascesa sulla scena europea – rischiava di trasformarsi in una sudditanza. Ultimo ma non meno importante, dare un erede maschio alla corona inglese.

Partita a carte tra regine: Caterina ed Anna

Partita a carte tra regine: Caterina ed Anna

La storia dell’isola ai confini del mondo antico viveva anche di questo paradosso. Legata come tutti i regni dell’epoca alla consuetudine dell’ereditarietà della corona da parte di figli maschi, era l’unica che aveva consegnato nel suo passato lo scettro in mano a figure femminili forti. Senza riandare indietro alla mitica regina dei Celti Boadicea che aveva dato filo da torcere ai Romani, Eleonora d’Aquitania ad esempio era stata la mente pensante del grande re Enrico II, colui che aveva fatto della remota e misera Inghilterra una potenza continentale al tempo della Guerra dei Cent’anni.

Gli inglesi, nel momento del bisogno, giuravano senza grossi problemi fedeltà alle regine quando i re venivano a mancare. Apparentemente, l’intelligente, ambiziosa, spregiudicata e charmant, Anne Boleyn appariva destinata a ripercorrere le gesta di Eleonora, manipolando a suo piacimento il re rozzo, impetuoso e traboccante di ormoni che si chiamava anch’egli Enrico, l’ottavo del suo nome.

Il problema di Anna era quello di avere una testa abile ma non sottile, e fu ciò che la portò alla fine a perderla. Come avrebbe compreso Oltremanica Caterina de’ Medici, i tempi non erano i più propizi affinché una donna apparisse come la vera detentrice del potere reale. E a differenza di Caterina, la Bolena questo non lo capì.

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La Torre

Gli appetiti sentimentali e sessuali del sovrano erano fugaci, come avrebbe dimostrato anche in seguito, e l’incapacità della regina di dare un erede al regno cominciò presto a spostare la bilancia dal lato sfavorevole a costei. In più, il potere aveva dato alla testa ad Anna, illudendola di potersi ritagliare un proprio ruolo autonomo da quello del marito. Erano però tempi di monarchia assoluta, e di arbitrio reale incontrollato. Quando Enrico si accorse che i begli occhi di Anna non lo intenerivano più, avendo incrociato nel frattempo quelli altrettanto ammaliatori della dama di compagnia Jane Seymour, il destino di Anna fu segnato.

E poiché non solo lei ma tutta la sua famiglia era divenuta invisa all’opinione pubblica per la troppo rapida e clamorosa fortuna, Enrico non si contentò anche quella volta di relegare la moglie ripudiata in una residenza di campagna (come aveva fatto con Caterina d’Aragona, anche perché torcere un capello a costei avrebbe significato la guerra con la potentissima Spagna), ma decise di risolvere il problema drasticamente alla radice. Anzi, alla base. Del collo della regina, che entrò nella Torre di Londra il 2 maggio 1536, ed il 19 – dopo un processo lampo quanto farsesco – fu giustiziata, due giorni dopo il fratello George. Anne Boleyn lasciava una figlia di tre anni, Elizabeth, il cui destino appariva a quel punto altrettanto precario di quello della madre, se non di più.

Tower Hill, 19 maggio 1536

Tower Hill, 19 maggio 1536

Nell’Inghilterra in cui infuriava la contesa tra protestanti e cattolici come una vera e propria guerra civile, dei tre figli superstiti di Enrico VIII Elizabeth sembrava quella dalla posizione più debole. Rendeva 17 anni di età a Maria (la figlia di Caterina d’Aragona, che sarebbe stata chiamata La Sanguinaria per la crudeltà con cui avrebbe tentato di restaurare il papismo nell’isola) e doveva cedere il passo al figlio maschio di Jane Seymour (Edoardo, al cui parto la madre non sarebbe sopravvissuta e che a sua volte era destinato a campare poco e regnare ancor meno, a causa della tubercolosi).

TorrediLondra200519-002Con il gracile Edoardo VI e Bloody Mary avanti nella linea di successione, quando toccò ad Elizabeth – dichiaratasi protestante nel momento in cui i cattolici dominavano – entrare nella Torre di Londra per il Traitor’s Gate (il cancello a cui vi accedevano dal Tamigi i nemici dello Stato) sembrò che per lei si dovesse ripetere il tragico epilogo della madre. Che le aveva lasciato in dote alcuni precetti circa l’atteggiamento da tenere con gli uomini, ma aveva potuto darle ben poco in termini di consigli pratici su come metterli in atto.

Elizabeth tuttavia sapeva il fatto suo, oltre ad avere lo stesso carattere indipendente della madre Anne. Non aveva, dicono, la sua bellezza, ma la sovrastava di gran lunga in quanto a testa. E infatti a dispetto delle apparenze non era destinata a perderla, ma a poggiarvi sopra la corona d’Inghilterra per la lunga durata del più glorioso forse dei regni che l’isola annoveri nella sua storia.

Erano cambiati anche i tempi, ma Elizabeth era pronta ad interpretarli e assoggettarli al suo volere e potere. Gli inglesi avevano capito che la loro indipendenza nazionale passava per la vittoria del protestantesimo, e furono ben lieti di affidarsi a questa nuova Boadicea che la sorte aveva mandato loro.

Queen Elizabeth I

Queen Elizabeth I

Lungi dall’applicare il precetto materno, Elisabetta Prima d’Inghilterra vide bene di mantenersi indipendente da qualsiasi uomo per tutta la vita e tutto il regno, rifiutando ogni proposta di matrimonio. Non ebbe bisogno mai di sbattere i piedi a terra, né di far credere a nessun principe consorte di essere in realtà lui a decidere. Gli uomini al suo passaggio semplicemente si inchinarono fino al suo ultimo giorno di vita, perché il suo era l’unico e incontrastato potere. E quando quell’ultimo giorno venne, l’isola ai confini del mondo antico era diventata grazie a lei la più grande potenza del mondo moderno.

First meeting between Henry VIII and Anne Boleyn, (1879, G. F. Folingsby)

First meeting between Henry VIII and Anne Boleyn, (1879, G. F. Folingsby)

Un sogno che la sua povera madre aveva potuto, forse, soltanto sognare nel cuore delle sue notti ad Hampton Court, quando per una breve stagione aveva cullato l’illusione che i suoi occhi così seducenti sarebbero bastati a darle il potere di governo su tutto e tutti.

«Una candida cerva sopra l’erba / Verde m’apparve, con duo corna d’oro, / Fra due riviere, a l’ombra d’un alloro, / Levando ‘l sole, a la stagione acerba. / Era sua vista sì dolce superba, / Ch’i’lasciai, per seguirla, ogni lavoro; / Come l’avaro, che ‘n cercar tesoro / Con diletto l’affanno disacerba. / “Nessun mi tocchi”, al bel collo dintorno / Scritto avea di diamenti e di topazi; / “Libera farmi al mio Cesare parve.” / Ed era ‘l sol già vòlto al mezzo giorno, / Gli occhi miei stanchi di mirar, non sazi; / Quand’io caddi ne l’acqua, ed ella sparve.»

(Thomas Wyatt a proposito di Anne Boleyn)

Autore

Simone Borri

Simone Borri è nato a Firenze, è laureato in scienze politiche, indirizzo storico. Tra le sue passioni la Fiorentina, di cui è tifoso da sempre, la storia, la politica, la letteratura, il cinema.

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