Firenze

A Santa Croce crolla lo stato italiano

La cosa che più da fastidio, un insopportabile fastidio mentre il sangue della povera vittima, il turista spagnolo Daniel Testor Schnell, ancora non è stato asciugato dal pavimento della Basilica di Santa Croce, è l’immancabile dichiarazione ufficiale. Giuseppe De Micheli, segretario generale dell’Opera della Basilica, ripete l’ormai consueto e – ci sia consentito dirlo – insopportabile cliché delle dichiarazioni di rito.

Si tratti di un pezzo di Lungarno, del capitello di una colonna, di qualunque cosa, ci siano vittime o meno, ecco immancabile l’Autorità che, contro ogni evidenza, attesta di aver fatto di tutto e di più. Mettendo in sicurezza se stessa più di quanto sia riuscita a fare con i cittadini. La Basilica, dice De Micheli, era stata controllata una settimana fa, e tutto era risultato a posto. E allora? Questo capitello che si stacca da una zona che era stata espressamente controllata, «palmo a palmo»? Quel sangue sul pavimento?

Dichiarazioni che sembrano tratte ormai da un prontuario, dettate da atteggiamenti autoreferenziati, corredate dall’immancabile refrain di chiusura, «c’é un’inchiesta in corso, non interferiamo con il magistrato». Ci sia consentito un altro moto di fastidio. Sappiamo benissimo se non come è andata come andrà. Il fascicolo aperto ieri verrà chiuso tra qualche mese, con un non luogo a procedere.

Quanto ai controlli, la domanda sorge spontanea, irresistibile: che cosa è stato controllato? E come? Della nostra credibilità come società, come nazione, come paese non rimane più nulla. Di questo passo, sarà un miracolo se i turisti continueranno a venire in città come Firenze, dove rischi di essere violentato/a, ridotto/a a mal partito e adesso anche ammazzato/a dalla mancanza di controllo. Sui pericoli derivanti a cittadini e visitatori dall’incuria istituzionale e sociale e dalla delinquenza individuale e di gruppo.

Ci sia consentita anche una notazione, da cittadini: alla Chiesa non punge proprio vaghezza – malgrado esenzioni fiscali in molti casi pressoché totali e destinazioni di otto per mille in quantità consistente – di elargire un euro del suo patrimonio per la sicurezza di chi si addentra nei suoi luoghi di culto. Tocca dunque allo Stato, e va bene. Del rapporto tra Stato e Chiesa in questo paese abbiamo discusso più volte, e non lo scopriamo certo oggi.

Tocca allo Stato, che evidentemente, dovendo pagare troppi lauti stipendi e corrispondere prebende a troppe Autorità non ha più soldi per gli operai comuni, quelli che assolvevano a certi servizi essenziali (come le manutenzioni) fin dai tempi delle corporazioni medioevali.
Che almeno questo Stato ora abbia la compiacenza di stare zitto, e di non raccontarci più la novella che guarda caso tutto era stato controllato giusto una settimana fa.

Autore

Simone Borri

Simone Borri è nato a Firenze, è laureato in scienze politiche, indirizzo storico. Tra le sue passioni la Fiorentina, di cui è tifoso da sempre, la storia, la politica, la letteratura, il cinema.

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