Ombre Rosse

Addio a Firenze

«Firenze è una città di pensatori visionari», spiega messer Gentile Becchi, ex precettore dei rampolli di Casa Medici Lorenzo e Giuliano, a Clarice Orsini, nobile romana che lui sta accompagnando a prender marito. Quel Lorenzo, appunto, predestinato ad esser chiamato un giorno il Magnifico. E Clarice osserva, ascoltandolo trasognata, le superbe vestigia della città che le scorrono davanti, come in un sogno ad occhi aperti

Tale doveva apparire, una visione, un sogno, Firenze a chi vi giungeva da qualsiasi parte d’Italia o di un mondo che ancora in gran parte lottava per liberarsi dalle tenebre e dalle nebbie persistenti dei secoli bui.

Adesso tenebre e nebbie stanno di casa qui. Vallo a spiegare a questi vili meccanici, bottegai di corporazioni che ormai hanno solo a cuore quello che Guicciardini chiamava sprezzante el mio particulare. Gente che a una cert’ora ha tirato giù i’bbandone, dopodiché per le strade di Firenze te la vedi da solo, tra sgozzatori d’ogni etnia e sbirri arroganti. Siano Priori o i Dieci di Balia, si ricordan tutti di te meschino soltanto il giorno in cui torni a gettar nel sacco la palla bianca o nera. E poi addio, fra altri cinque anni, se ci arriverai vivo.

Ride Sara Funaro, prima sindaco donna di Firenze (so’ finite ‘ste donne da pareggiare con l’omo?). Ride abbracciata a Dario Nardella, ce l’hanno fatta anche questa volta, il partito democratico è la corporazione più forte e resistente in città, dai tempi del nonno della Sara. Piero Bargellini è passato alla storia come il sindaco dell’Alluvione. Nel 1966 diresse le operazioni di ripristino della capitale del mondo verso cui convergevano gli Angeli del Fango.

Chi scrive, c’era, anche se bambino. E si ricorda che tutto questo affetto e stima per il sindaco alluvionato i fiorentini poi poi non ce l’avevano. Quando si mossero le istituzioni, del resto, il popolo aveva già fatto da sé. Al presidente del consiglio Moro dissero: «eccellenza, non scenda di macchina che si sporca le scarpe». Al sindaco Bargellini è accreditata una discreta opera storica intitolata La splendida storia di Firenze, e poco altro di concreto da aggiungere proprio a quella storia, da lui come del resto da parte di chi è venuto dopo.

Chi scrive, si è laureato a Scienze Politiche con indirizzo storico con Giorgio Spini, la leggenda della storiografia italiana del dopoguerra. Il mio compianto professore mi mise in un angolo, allorché gli presentai l’ultima versione della tesi, e mi disse senza mezzi termini: se vuole laurearsi in storia, con me, Bargellini lo lasci stare.

Ride la nipote Sara abbracciata a Nardella in partenza per Bruxelles. Il suo l’hanno fatto, e continueranno a farlo. A quelli de i’bbandone tirato giù all’ora di cena e degli affari grandi e piccoli che confluiscono in bottega, evidentemente va bene così.

Si erano lamentati assai del degrado e della insicurezza urbani (in centro, trovarsi un coltello puntato alla gola è quistion d’un attimo), di queste opere pubbliche che stragiano la città senza produrre apparente utilità a cittadini ed esercenti. Degli alberi tagliati sui viali, del casino che dai poveri resti di Piazza San Marco arriverà come i Lanzi di Carlo V a Gavinana e poi a Bagno a Ripoli rendendo irriconoscibile la città dove siamo nati e orgogliosamente cresciuti, gelosamente custodita fino a prima che i Ciompi del PD prendessero il sopravvento. Del turismo sudicio e cialtrone, più sudicio di quanto era capace di lasciar da sola la Quadrifoglio, o come si chiama ora. Della delinquenza di questi visitors extra e intra comunitari che dai tempi del primo sprovveduto La Pira attiriamo come mosche state sulla merda, pardon, e poi su miele scadente.

Si erano lamentati tutti, i ribelli veri o presunti: questa volta è guerra, pareva il sequel di Rambo. Poi, che è successo? A votare ai ballottaggi non ci sono andati. Se ci sono andati hanno sbagliato cabina e scheda. O forse no.

Sara Funaro ha vinto con il 60% che fu già di Nardella, il ghibellin fuggiasco di Torre del Greco, ma estrapolato da una percentuale avente a base ottantamila votanti effettivi, il minimo storico della nostra democrazia fiorentina. Vanno a votare solo loro, i bottegai ed i professionisti della corporazione PD. Che dire? Loro almeno ci vanno. Gli altri tutti alla casa al mare.

Giro attonito per le strade di quella che era la mia città, almeno di ciò che ne sopravvive. E ancora non ci credo. Altri cinque anni? Ancora loro? Ancora tu? Ma non dovevamo vederci più?

Gli occhi di marmo del colosso toscano guardano troppo lontano, cantava Ivan Graziani quando io per queste strade allora ancora mie potevo perdermi e sciogliermi sognando.

Troppo lontano, si, da quando sono arrivati i Grandi Affari, che qualcuno insiste a nobilitare come Grandi Opere. Sui cantieri di Domenici, Renzi e Nardella hanno bestemmiato tutti. A Firenze, del resto, un bel bestemmione non costa nulla, fa vernacolo. Tutti a fare liste civiche che si sono prestate a tanti happenings dall’ora dell’aperitivo, meglio se su ponte Vecchio, a quella delle bistecche, con annesso gin tonic e belle signore della borghesia glamour cittadina.

Poi però domenica al seggio non c’é andato nessuno. Era bel tempo, sono andati tutti al mare, meno quel plotone del PD come sempre precettato per far raggiungere il quorum al candidato.

Una volta, ai tempi del nonno di lei, la Sara, la DC ed il PC che poi hanno incrociato il loro DNA in questo PD portavano a votare anche i morti, senza scherzi. Stavolta invece alla sinistra bastava veramente poco. A destra c’era, come sempre, il nulla. E dispiace, fa effetto che una persona seria come il soprintendente Schmidt si sia prestato a questa inutile e becera commedia in vernacolo fiorentino. S’dode a destra un va’ia va’ia……a sinistra lazzi e pernacchie…..

Giro per le strade di quella che era la mia città. Fra cinque anni chissà se ci sarò ancora. E di lei, Firenze, che sarà rimasto…..La Nipote di suo Nonno chissà se saprebbe fronteggiare un’altra Alluvione. Di sicuro, come tutti i suoi colleghi che l’hanno preceduta a Palazzo Vecchio saprebbe provocarla. Ma come dice il Salvin Meschino, il popolo ha votato, il popolo ha sempre ragione. E adesso se ne goda il risultato, come un bel cono gelato al Buontalenti, e guai a chi si lamenta. Se vi accoltellano in via Calzaiuoli o i vigili vi sderenano per sosta sotto casa vostra, sappiate che Dante l’aveva detto: le leggi son….ma chi pon mano ad elle? Noi del resto mentre Dante verseggiava eravamo alla stazione, si, ma dormivamo tutti.

Ride Nardella, ride la Funaro. Ride anche la Meloni, che su queste elezioni si è rotta poco i ……. Scusate il trimetro giambico.

Io piango, a dirotto.

La mia città è morta, non c’é più.

Addio Firenze.

Autore

Simone Borri

Simone Borri è nato a Firenze, è laureato in scienze politiche, indirizzo storico. Tra le sue passioni la Fiorentina, di cui è tifoso da sempre, la storia, la politica, la letteratura, il cinema.

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