«Da un grande potere deriva una grande responsabilità». Il grande potere di Stan Lee è stato quello di legarci per sempre alla nostra infanzia. Ne è passato di tempo da quegli anni sessanta in cui i suoi supereroi fecero capolino per la prima volta nelle edicole d’America e d’Europa, ma un fumetto che reca in copertina Spiderman, il Mitico Thor o i Fantastici Quattro lo prendiamo in mano sempre volentieri, magari con un pizzico di malcelate commozione e nostalgia. Così come volentieri torniamo al cinema, magari con la scusa di portarci figlioli che già mostrano di essere più addicted di quanto lo eravamo noi, ogni volta che esce un nuovo capitolo della saga dell’Universo Marvel.
La sua grande responsabilità è stata quella di aver ridisegnato in modo irreversibile il nostro immaginario, la nostra fantasia. Per i ragazzi americani di prima e dopo la guerra, comics significava eroi senza macchia e senza paura come Batman, Superman, Wonder Woman o Flash Gordon, i campioni della scuderia DC, braccio fumettistico del colosso Warner Bros. Per i ragazzi italiani, fumetto significava la loro traduzione autarchica in Nembo Kid & c., e vi si aggiungevano prodotti nostrani come Tex Willer, i suoi pards e tutti i personaggi della Casa Editrice Bonelli. L’incarnazione del bene assoluto, senza mai cedimenti o esitazioni, in perenne lotta contro un male destinato ad essere sempre e comunque sconfitto. Il bianco vince, il nero perde.
Le cose erano cambiate con Stan Lee. Stanley Martin Lieber era figlio di immigrati rumeni stabilitisi nella Grande Mela. Vi era nato il 28 dicembre 1922, e non aveva neanche vent’anni quando gli pubblicarono il suo primo lavoro su uno degli albi editi dalla casa editrice Timely Comics, il cui editore – un suo parente acquisito di nome Martin Goodman – un giorno le avrebbe cambiato nome sull’onda del successo procuratogli soprattutto da quel ragazzino, ribattezzandola Marvel. Meraviglia.
Quell’albo narrava le storie dell’eroe americano per antonomasia all’epoca della seconda guerra mondiale: Capitan America, l’arma segreta degli U.S.A. contro i nazisti. Il fumetto era disegnato da un giovane di talento, Jack Kirby, ed era stato l’unico capace di tenere testa in edicola agli eroi DC. All’inizio degli anni sessanta, il triumvirato composto da Lee, Kirby e da un altro giovane di belle speranze, Steve Ditko, prese in mano la Timely – Marvel rilanciando l’eroe con lo scudo a stelle e strisce e creandone altri. In rapida successione nelle edicole apparvero i Fantastici Quattro, il Mitico Thor, Daredevil, Iron Man, l’Incredibile Hulk, gli X Men. E soprattutto, nato dalla fantasia di Ditko, l’archetipo dell’eroe Marvel, il paradigma del verbo fumettistico di Stan Lee: Spiderman, l’Uomo Ragno.
La storia di Peter Parker, il ragazzo orfano, bullizzato dai compagni e timido con le donne e la vita in generale, che acquista superpoteri dopo il morso di un ragno radioattivo, la conoscono tutti. Lo web slinger, il tessitore di ragnatele, era emblematico di una predilezione della Casa Editrice Meraviglia per i protagonisti complessi, spesso tormentati e pieni di problemi e difetti come chiunque di noi lettori e gente comune, capaci tuttavia di trasformarsi nei nostri eroi – pardon, super-eroi – grazie ad un evento straordinario che cambia la loro vita per sempre e li spinge oltre i propri limiti: il ragno di Peter Parker, la tempesta radioattiva attraverso cui passano i quattro astronauti che diventeranno la Torcia Umana, la Cosa, l’Uomo di Gomma e la Donna Invisibile, il bastone raccolto dallo storpio dottor Donald Blake nella caverna norvegese dove gli Dei vichinghi di Asgard hanno esiliato il figlio di Odino, Thor, privandolo dei suoi poteri, ancora la radioattività che toglie allo studente Matt Murdock la vista compensandolo con i superpoteri di Daredevil, l’uomo senza paura. E tanti altri, così tanti da avere perso il conto.
«I fumetti sono le favole degli adulti», era solito dire l’uomo che si è spento ieri al Cedars-Sinai Medical Center di Los Angeles, a pochi giorni dal compimento del novantaseiesimo anno di una vita durante la quale di favole ce ne ha raccontate tante, facendoci desiderare di non crescere mai e di restare bambini come i nostri figli e i figli dei nostri figli, pronti ad assaltare l’edicola o il botteghino cinematografico ogniqualvolta si annuncia un nuovo capitolo della saga.
Da dieci anni, la sua creatura – la Marvel che ha spostato sempre più dalla produzione cartacea a quella cinematografica gli effetti speciali delle sue storie – è entrata a far parte della Fabbrica dei Sogni, la Walt Disney Company che sicuramente farà sì che non restiamo mai a corto delle nostre novelle predilette. E così come, grazie ad una tecnologia che avrebbe fatto invidia al Dottor Destino, la Principessa Leila continuerà ad apparire nei prossimi episodi di Guerre Stellari, c’é da giurare che Stan Lee tornerà a salutarci con i suoi camei nelle prossime avventure dei suoi supereroi.
Ma soprattutto, come negli occhi dell’Uomo Ragno continuerà a brillare immortale il riflesso delle Torri Gemelle, così nei suoi, sornioni e irridenti, luccicherà sempre il riflesso dei nostri, costretti a rimanere grazie a lui bambini per l’eternità.
Excelsior!
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