Mancherà soprattutto agli ex ragazzi degli anni settanta, che in lui avevano trovato una valida alternativa a Benito Jacovitti, dividendosi equamente tra diari, quaderni, posters, puzzles e fumetti disegnati dai due grandi cartoonists. E ai consumatori di riviste sul calcio, che grazie a lui trovavano puntualmente la vignetta che sdrammatizza, che riporta tutto alla dimensione del gioco qualunque cosa abbia fatto o subito la tua squadra del cuore.
Guillermo Mordillo era la risposta argentina a Jacovitti, e come il nostro disegnatore era capace di mettere in scena l’umanità ed il suo ambiente circostante come pochi altri, con simpatia, ironia e sempre quel discreto ma insinuante e ineludibile invito alla riflessione. Rispetto al collega molisano, lui non si firmava con il mezzo salame su quattro zampe o altre amenità del genere, ma la sua firma era altrettanto inconfondibile.
I suoi pupazzetti, che affollassero campi di calcio o di golf o condividessero con i loro animaletti scene di vita quotidiana (difficile dire se fossero questi ultimi antropomorfi o non piuttosto gli umani ricondotti alla loro essenza naturale, del mondo animale da cui provengono e di cui fanno pur sempre parte) strappavano comunque il sorriso, anche quando commentavano momenti e situazioni in cui c’era poco da ridere.
Figlio di emigrati spagnoli, dall’Argentina si era trasferito a New York, dove era stato tra i disegnatori di Popeye, Braccio di Ferro. Poi aveva trovato la propria via al buonumore, e da allora era diventato semplicemente Mordillo.
Si è spento due giorni fa a Palma de Mallorca nelle Baleari, dove risiedeva. Lascia una quantità di orfani che non è neanche possibile immaginare. Ma non lo piangeremo, ogni sua vignetta continuerà a farci ridere o almeno sorridere fino alla fine dei tempi.
Adiòs Mordillo, ti sia lieve la terra e compagno per l’eternità l’inchiostro con cui hai reso divertenti i nostri anni migliori.
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