Per tutti gli anni 60 Roger Moore si era accreditato come il più verosimile successore di Sean Connery nei panni dell’agente 007. Phisique du role e recitazione li aveva messi a punto nella fortunata serie televisiva di Simon Templar, trasmessa per ben sette stagioni dalla ITV britannica ed arrivata anche in Italia con il titolo Il Santo.
Ma per compiere l’ultimo passo, quello che l’avrebbe portato a raccogliere la celebre Walter PPK dalle mani di Connery e poi ad eguagliare longevità scenica e successo di quest’ultimo, mancava ancora un ultimo step.
In uno degli episodi finali dell’ultima serie, Simon Templar si era ritrovato in missione a Montecarlo a fianco di un occasionale partner yankee. Lo schema funzionava, e mise ai produttori la voglia di riproporlo in una serie nuova di zecca.
La serie avrebbe dovuto chiamarsi The friendly persuaders. Dopodiché, il dio che sovrintende alla scelta felice dei titoli dei film ci mise la sua mano, facendo sparire quel friendly e lasciando il più azzeccato The persuaders, per una volta tradotto in italiano altrettanto felicemente con Attenti a quei due.
Quei due erano parimenti azzeccati, per quanto eterogenei come più non si poteva. A fianco di un Moore che stava raggiungendo l’apice del successo, fu scelto un attore americano che ormai l’epoca del successo l’aveva superata da un po’. Bernard Schwartz, in arte Tony Curtis, era stato una star di Hollywood negli anni 50 e aveva sbarcato il lunario nel decennio successivo, adattandosi progressivamente a ruoli di secondo piano tranne l’ultimo, quello de Lo Strangolatore di Boston del 1968, che gli valse una nomination al Golden Globe quale migliore attore ed un ritorno improvviso e meritato di fama e visibilità.
Com’era successo per la scelta del primo interprete di James Bond, i grossi nomi interpellati in un primo tempo per vestire i panni del partner americano di Roger Moore, Rock Hudson e Glenn Ford, risposero picche. E fu una benedizione, perché la parte andò così a Curtis, che non fece rimpiangere la scelta.
Il 17 settembre 1971 andò in onda il primo episodio dei Persuaders, intitolato Ouverture (in italiano: E’ stato un piacere conoscerti e picchiarti), che narrava dell’incontro – scontro dei due futuri amici e colleghi, provenienti da due mondi agli antipodi. Roger Moore era il tipico lord inglese, a nome Brett Sinclair, scuole primarie ad Harrow, college ad Oxford e tutto il resto. Tony Curtis era Danny Wilde, self made man americano, unica scuola di vita il Bronx. La chimica funzionava, era nata una delle coppie meglio assortite della storia del cinema.
La serie durò 24 episodi, da cui furono ricavati anche – come usava allora – un paio di pellicole cinematografiche. Narra la leggenda di un rapporto difficile tra i due attori protagonisti sul set, non allietato affatto dalle battute e dalle gag con cui rendevano piacevolmente antagonistico il rapporto tra i due investigatori/avventurieri inviati ogni volta dal giudice in pensione Fulton a riparare qualche torto o togliere di circolazione qualche villain, cattivo.
In realtà, non è ben chiaro perché la fortunata fiction non fu riproposta per un’altra stagione, seguendo nello strano destino l’altra serie di successo dedicata agli UFO. Più che i dissapori tra Curtis e Moore ( il quale, narra sempre la leggenda, pare che avesse a dichiarare: «Con Tony Curtis, mai più in vita mia», per poi in seguito correggere il tiro: «Tony e io avemmo un buon rapporto dentro e fuori dal set, siamo due persone molto differenti, ma condividiamo un certo senso dell’umorismo»), la fine prematura del duo Sinclair/Wilde è sicuramente da ascrivere piuttosto all’ingaggio di Moore come nuovo agente 007. Per sostituirlo nei Persuaders furono vagliati diversi candidati, ma nessuno bucava lo schermo come lui, e la serie finì lì.
Ai telespettatori di tutto il mondo, italiani compresi, rimase soltanto la nostalgia, e nelle orecchie l’ennesima sigla di successo, che potete riascoltare cliccando sul link sottostante:
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