Quando fu eletta Governatrice della Regione Friuli Venezia Giulia nel 2013, si lamentò che il suo partito – il PD – non l’aveva sostenuta abbastanza. Il Piccolo, storico quotidiano di Trieste, si lamentò invece del fatto che qualcuno fosse andato fino in Istria nella ex Jugoslavia a caricare su diversi pulmann dei cittadini slavi di origine italiana con doppio passaporto e diritto di voto in Italia a seguito delle leggi sciagurate del dopoguerra.
Debora Serracchiani vinse quelle elezioni per seimila voti circa, si vede bene quindi come l’interrogativo di opportunità sollevato dal Piccolo fosse questione non da poco. La Regione a statuto speciale Friuli Venezia Giulia ha un governatore deciso dal voto degli jugoslavi.
Che poi sia una governatrice praticamente assenteista come uno dei furbetti della Madia aggiunge solo beffa al danno. A Trieste dicono che in ufficio l’hanno vista poco, in cinque anni. E’ sempre a Roma a fare da braccio destro ad un Renzi che di bracci destri ne ha avuti e ne ha più di una piovra. A Trieste, comunque, molti aggiungono ultimamente a quel s’è vista poco un meno male.
La Serracchiani non passerà alla storia per quello che ha fatto, visto che ha fatto poco o nulla. Se proprio ha fatto qualcosa, è stato vibrare il colpo mortale e definitivo al proprio capoluogo di regione, quella Trieste il cui statuto di porto franco risaliva a Maria Teresa d’Austria e si era mantenuto fino al dopoguerra, alle vicissitudini della doppia riunione all’Italia, alla concessione dello statuto speciale alla Regione con un regime fiscale agevolato.
Completando l’opera del confusionario Riccardo Illy, la Serracchiani – quel poco che si è dedicata al suo ufficio – ha fatto a pezzi tutto questo. Al punto che i triestini sono costretti a pendere dalle labbra bofonchianti di un Prodi per vedere di recuperare qualcosa e di non affogare troppi i dispiaceri in nostalgie austroungariche.
La Serracchiani, la cui simpatia personale è pari al peso politico ed assimilabile ad un ferro da stiro preso in faccia (la sua smorfia intesa come sorriso sembrerebbe sottintendere di aver vissuto peraltro di persona un’esperienza del genere), ce la ricorderemo più che altro per quel velo in testa che, in emulazione della Boldrini, si è messa prontamente in testa ricevendo maggiorenti musulmani.
Per il resto, la sua presenza in questo bestiario dell’Avvento si giustifica anche in funzione di rappresentanza di categoria. Poteva essere qui al suo posto quel governatore che faceva sparare agli orsi, o quel suo omonimo che ha mandato in bancarotta una regione che una volta era talmente ricca da prestare soldi a tutto il mondo, o quell’altro che – tra malversazioni e turpiloqui – è riuscito in antitesi a se stesso a rendere simpatico il suo dirimpettaio sindaco di Napoli, e non era facile.
Dice che non si ricandida, al pari della Raggi a Roma. Non sappiamo chi ha messo questo desiderio nella letterina a Babbo natale, sicuramente un triestino, ma di sicuro ha fatto un regalo a tutta la sua collettività.
La mettereste nel presepio, lei o qualche suo collega? Uno sparerebbe alle pecore, un altro farebbe fuori perfino i soldi per il muschio e pretenderebbe di continuare a stare nel presepio finché nessuno lo sfiducia apertamente, un altro prenderebbe a male parole anche la Madre di Nostro Signore,. Lei si metterebbe il velo, scambiando i Re Magi per rappresentanti della Comunità Islamica in Italia. Un po’ di pazienza, nel presepio dell’anno prossimo lei è una di quelli che sicuramente non ci saranno.
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