L’attesa è terminata. Natale, un altro Natale è arrivato. L’Avvento conclude il suo calendario. Per l’ultimo giorno, per il giorno più importante, quale personaggio e quale foto mettere?
Abbiamo scelto il povero Spelacchio, vittima della stupidità umana prima ancora che della sua facile ironia. E con lui, emblematicamente, abbiamo scelto tutti noi. In quanto popolo capace sempre di ridere su tutto, compreso se stesso, e di non prendere mai niente sul serio. Ma assolutamente incapace di esprimere una classe di rappresentanti minimamente decente, a cui dire tra l’altro di smettere di sputtanare i nostri soldi ammazzando creature viventi giusto per addobbare – in questo caso – le nostre strade per tutta la durata delle feste più finte e ipocrite che esistano nel nostro calendario. L’unica cosa naturale che ancora pretendiamo di avere con noi e attorno a noi è giustappunto l’albero di Natale. Destinazione finale, di albero e soldi, la spazzatura.
E il bello è che non siamo capaci di avere una classe di rappresentanti decenti proprio perché ci rappresentano, e al meglio. Perché siamo noi a non essere decenti, come popolo e come individualità. Per questo il politico, il magistrato, il giornalista, l’imprenditore, l’uomo di spettacolo, il cittadino e la cittadina che escono dal nostro corpo sociale sono macchiette, ominicchi, caricature, creature del sottobosco, non uomini e donne veri.
Siamo così, ed è giusto che la foto finale del nostro Calendario dell’Avvento sia dedicata al povero Spelacchio, tolto dalla sua Val di Fiemme a forza per andare a fare da ridicolo e fugacissimo addobbo alla capitale di questo paese che è, materialmente e moralmente, assai più spelacchiato di lui. Buon Natale a tutti.
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