«Quando questo governo di incapaci cadrà, il presidente acconsentirà alla formazione di un governo di centrodestra». Così Silvio Berlusconi all’uscita dal Quirinale, dove si era recato a fare – a suo dire – gli interessi del centrodestra.
C’è un’età in cui ci si dovrebbe dedicare ai nipoti. C’è un momento in cui ci si dovrebbe ritirare, magari quando ancora l’apice del successo che si è avuto non è ancora distante nel tempo e nella memoria del pubblico, e non si rischia di andare in archivio come sconfitti, piegati da quella legge di natura che prevede l’invecchiamento, prima ancora che dagli avversari.
Silvio Berlusconi li ha raggiunti entrambi, quell’età e quel momento. E’ arrivato al punto in cui dovrebbe proprio riuscire in ciò che non gli è mai riuscito: designare un successore e lasciarlo lavorare in pace. Il centrodestra di cui si sente ancora leader in realtà da tempo se n’è scelto un altro, per conto suo. E’ Matteo Salvini, che al governo ci sta già, e che avrebbe bisogno del sostegno anche delle componenti di Forza Italia e di Fratelli d’Italia. Ma Berlusconi e Giorgia Meloni stanno ripetendo il film (non a lieto fine) già andato in onda ai tempi di Gianfranco Fini. Solo che allora non c’era alternativa alla caduta, ed al lasciare campo libero ad un PD che negli ultimi dieci anni ha approfittato dell’omaggio per arrecare al paese tutti i danni che poteva.
Adesso l’alternativa c’é. Silvio Berlusconi fa opposizione ad un governo di cui dovrebbe far parte, se il suo senescente super-io non lo (mal) consigliasse diversamente. E così va al Quirinale a far danni, più di quelli che fa ogni giorno fiancheggiando in Parlamento il Partito Democratico e alimentando voci e sospetti di un’intesa futura con Matteo Renzi, la sua brutta copia di sinistra. Al Quirinale, inutile dire che trova sponda, e che sponda. Ma sono due vecchie maschere di cera quelle che si incontrano: la maschera mortuaria della seconda repubblica che va a rendere omaggio a quella della prima, e insieme pensano ancora di poter fermare il tempo.
Berlusconi e Mattarella sono due figuranti che hanno fatto da tempo il loro tempo. Solo che un presidente, quello della repubblica, i danni almeno li fa – o li vorrebbe fare – pro domo sua, a vantaggio della sua parte. L’altro, quello di Forza Italia, li fa – o li vorrebbe fare – a scapito della sua parte. E in ultima analisi, di tutti quegli italiani che da 25 anni si è inorgoglito di aver difeso e rappresentato.
Urge davvero la riforma del sistema delle pensioni. Fino a ricomprendere la categoria dei politici. Almeno quelli che pretendono di continuare a comandare alla stessa età e con la stessa mancanza di attitudine e riflessi con cui continuano a guidare l’auto.
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