Beppe Grillo è un bruto. Non si candida a sindaco di Roma una creatura esile, eterea, impalpabile, fragile come la Vispa Teresa. Pardon, Virginia Raggi.
Come se non l’avesse saputo in che pelago la metteva a navigare, come si suol dire. A Roma non ce l’hanno fatta, nell’ordine, i Lanzichenecchi, la Wehrmacht, la Banda della Magliana, ce la può mai fare la Vispa Teresa? Pardon, Virginia Raggi?
Quando la sindaca a Cinque stelle fu assolta dall’accusa di falso nel processo di primo grado in cui era imputata per la storia della nomina di Renato Marra – fratello del suo ex braccio destro, Raffaele – alla direzione del Dipartimento Turismo, perché «il fatto non costituisce reato», tirammo tutti un respiro di sollievo. In una città dove – a detta di chi ci vive – er più pulito c’ha la rogna, guarda un po’ te se era giusto che finisse a pagare, ad andarci di mezzo la creatura più esile, eterea, fragile, impalpabile che mai abbia messo piede in Campidoglio.
Non era giusto no, dopo decenni trascorsi con Rutelli Bellicapelli, Veltroni CoppadeiCampioni, Alemanno Motecemanno, e Marino Machestoafa’. Arriva lei che perlomeno si pettina, si veste per bene (quasi sempre quando non indossa quei ponchos alla Tupac Amaru che fanno tanto sindaco di Quito), non ringhia e non rutta quando parla, e la vogliamo condannare? Per cosa? Come se avessimo fatto una colpa a Galla Placidia di essere venuta dopo Alarico, Odoacre, Teodorico, Attila e i Vandali.
No, semmai la colpa è del bruto Grillo che l’ha messa in questi casini, lei che doveva stare per boschi e prati ad inseguir gentil farfalletta. Altro che avere a che fare con i Marra. O con i marrani che girano per la nostra capitale.
La Roma di oggi è come la New York che per disperazione accettò la tolleranza zero di Rudolph Giuliani. O come quella che accettò da Costantino lo spostamento della capitale a Bisanzio, perché almeno se n’annavano quei magnaccioni dei politici e se tornava a respira’.
La Roma di oggi, Virginia bbella, è un marasma che nei giorni di maltempo – come ieri – rischia per metà di finire sott’acqua, mentre l’altra metà intanto è finita sotto la monnezza, e di qua e di là ci sono muri che esplodono, asfalti che si inabissano e intorno a tutto un grande, immane ed eterno casino.
La Roma di oggi è una via di mezzo tra la Chicago di Al Capone e la Grande Mela del sindaco poliziotto. Ha bisogno di essere governata, possibilmente con quel pugno di ferro di cui erano capaci gli antichi Imperatori dell’età d’oro. O se proprio proprio, Elliot Ness ed i suoi Intoccabili.
Te, figlia bbella, con quel retino da farfalle non sappiamo dove potrai arrivare, se mai ci arrivi. Colpa di Beppe. ‘Sto morammazzato.
P.S. Spelacchio quest’anno addirittura parla. Anvedi.
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