Il personaggio di oggi non è un colpevole, ma una vittima. Charles-Louis de Secondat, barone di La Brède e di Montesquieu è l’uomo che ha spiegato al mondo occidentale come potevano funzionare le sue istituzioni salvaguardando l’efficacia del governo e dell’amministrazione e nello stesso tempo la libertà dei cittadini.
E’ sua la teoria dei tre poteri separati sulla quale a partire dalla rivoluzione inglese del 1689 e da quella francese di un secolo dopo costruiamo le nostre architetture costituzionali. Lo stato liberale e il regime democratico lo dobbiamo a chi si è fatto ammazzare per lasciarcelo in eredità, ma è stato il barone Montesquieu – che visse tutta la sua vita nella Francia governata da una monarchia assoluta – a chiarirci le idee a proposito di come potevano funzionare.
Dopodiché, nei tre secoli successivi chi gli ha creduto ha fatto sì che le carte costituzionali dei paesi del mondo occidentale rispecchiassero il più possibile le sue teorie, inorgoglito dalla considerazione che quel mondo, pur tra tanti difetti, si poneva come un faro di civiltà luminoso e risplendente nel buio profondo che avvolgeva la gran parte della crosta terrestre, con le terre emerse in maggioranza dominate da regimi illiberali, totalitari, confessionali.
Chi ha avuto invece in odio quella separazione dei poteri, sognando di fare anche in Europa ciò che da tempo immemorabile era fatto negli altri continenti – con l’unica storica eccezione di Stati Uniti ed Oceania non a caso ex colonie britanniche –, ha periodicamente assestato poderose spallate al povero Montesquieu ed alla sua impalcatura teorica. Fragile come tutte le impalcature se non sostenute da fondamenta condivise nella cultura popolare.
Il ventunesimo secolo sembra iniziato sotto la spinta di pulsioni totalitarie, determinato a riprendere il lavoro da dove l’aveva lasciato interrotto il ventesimo, ed a portarlo a termine.
Nancy Pelosi è un personaggio inquietante, è la prova vivente che neanche la democrazia americana, la prima e quella che credevamo anche la più solida della storia umana moderna, è al riparo dal totalitarismo. Si ha un bel paragonarla – per esorcizzarla in qualche modo – alla strega Nocciola di disneyana memoria, con quel viso tirato e atteggiato ad un’unica espressione livorosa, ad una rigidità che si è sedimentata attraverso chissà quali suoi percorsi negativi personali. Come la Clinton, come la Obama che si dice pronta a scendere in campo, crede di interpretare un nuovo che avanza e che certifica (e gratifica) l’irrompere della componente femminile sulla scena politica. In realtà lo ritarda, lo rende poco appetibile. Queste pasionarie di un nuovo corso del partito democratico americano assomigliano più alle streghe di Salem di cui è piena la tradizione puritana nordamericana che alle donne che vorremmo vedere finalmente a capo della più grande democrazia del pianeta.
La Pelosi, la Clinton, e quel partito democratico americano che stanno riuscendo ad evirare – nel senso morale del termine – sono un brutto segnale per il mondo. L’impeachment a Trump è destinato a fallire (o forse neanche a cominciare, perché la Pelosi si riserva di trasmettere gli atti al Senato di Washington soltanto quando lo riterrà opportuno, e meno male che nascerebbe avvocato), il presidente in carica è largamente avanti nei sondaggi ed il Senato che dovrebbe processarlo è a maggioranza repubblicana. Ma la vicenda getta un’ombra pesante sulla vita politica di un paese che finora invidiavamo perché condivideva gli stessi valori fondanti, dai democratici ai repubblicani. Se è finito anche il secolo americano, le tenebre sono pronte a distendersi su tutta la superficie terrestre.
Di sicuro sono pronte a distendersi sulla nostra povera Italietta. Qui Montesquieu ha sempre trovato cittadinanza relativa, la democrazia è arrivata con gli angloamericani nel 1943 e i poteri comunque lungi dal restare separati secondo lo schema classico, hanno sempre fatto quello che pareva loro. Magistrati senza scrupoli ma con molte ambizioni di carriera quando non addirittura politiche non hanno remore ad inventarsi procedimenti a carico dei nemici della loro parte di riferimento nel campo del potere legislativo. Quello che stanno facendo le procure siciliane contro il ministro dell’Interno Matteo Salvini grida vendetta (legalmente parlando) e spinge a far desiderare alla società civile un completo reset del sistema giudiziario. Altrimenti, ai danni non più ripristinati causati da Di Pietro & c. si aggiungeranno quelli di Patronaggio & c., e stavolta saranno danni irreparabili.
La politica dal canto suo ringrazia Magistratura Democratica e magistratura siciliana. La politica vera, non quella incarnata da Luigi Di Maio, che per come si sta comportando nella smorfia che imperversa dalle sue parti al massimo può essere giocato col numero dell’omarino o con il numero 9, tutti sanno a cosa si riferisce. Nemmeno a Beppe Grillo, che ha da risolvere ben note beghe familiari e sta impegnandosi tutto, dall’argenteria al movimento.
No, la politica vera è quella che si fa in ben determinati ambienti, che si riuniscono in sedi diverse da quelle istituzionali previste dalla Costituzione, e mai alla luce del sole. E’ quella politica che ha deciso di puntare tutto sul circo equestre rappresentato dal partito democratico italiano e sul carosello rappresentato dal movimento 5 stelle. E’ quella politica che non vuole tornare a votare, perché a che in tal caso sa che chiuderebbe i suoi giochi, mentre se tutto rimane nella penombra di quegli ambienti e nell’ambito delle apparentemente deliranti azioni intentate da certe procure, a chiudere i giochi sarà chi aveva pensato di dare un futuro diverso al popolo italiano.
Parafrasando ciò che ha detto ieri Donald Trump, non è a Matteo Salvini che questi signori stanno dando la caccia. Ma a noi. A tutti noi.
Lascia un commento