E’ uno dei tratti distintivi di noi italiani. Non siamo immorali, siamo amorali. La morale non sappiamo neanche dove stia di casa. Non ci interessa saperlo. Il nostro motto, la nostra cifra stilistica e comportamentale, è quel mio particulare di cui parlava Francesco Guicciardini. Pensato a noi stessi, pensato a tutti. Non esiste valore condiviso che crei solidarietà comune, che ci renda un popolo a tutti gli effetti, e non soltanto un’accozzaglia di individualisti costretti a convivere negli stessi spazi territoriali.
E pero siamo moralisti, eccome. Ci riesce benissimo scorgere la pagliuzza nell’occhio del vicino, del concittadino, anche attraverso la trave che sta dentro il nostro. Ci riesce e non facciamo mai mancare di notarlo, rivoltandoci contro i nostri stessi simili, se appena appena è in gioco un nostro interesse particolare. Di bottega, di famiglia, di qualunque genere.
Se un francese scende in piazza, trova un popolo ad attenderlo, o al più tardi a seguirlo. Contro il governo, la polizia, qualunque disagio e rischio, ci vanno tutti, insieme. E dal 1789 in poi non mancano di ottenere risultati, perché sono sempre il governo e la polizia a chinare la testa.
Se un italiano va in piazza, minimo c’è un altro italiano che gli grida contro dalla finestra, lo segnala a una qualunque autorità, dà una mano a ridurlo al silenzio, alla sconfitta, e pazienza se poi la sconfitta è anche sua. Ma la bottega è slava, ed il vicino – per dirla alla Scanzi – si fotta.
Da questo punto di vista, benché nessuno l’abbia mai votato in libere elezioni, Giuseppe Conte è l’uomo politico che ci rappresenta alla perfezione. Moralista come tutti i suoi concittadini che si sentono autorizzati e possono permettersi di dare lezioni e criticare comportamenti altrui a buon mercato. Ipocrita come tutti coloro, grandi o piccoli, che sanno di poter esercitare privilegi, arbìtri. Io sono io, e voi non siete un cazzo, diceva il Marchese del Grillo. Il Conte è l’ultimo in ordine di tempo dei suoi epigoni.
Il moralista Conte ha dimostrato di non sapere gestire nemmeno un condominio, ma è solerte a snocciolare dati statistici, epidemiologici, sociologici, su cui in realtà nessuno può esercitare controllo, ma che gli tornano tanto utili per i suoi DPCM sempre più estemporanei. E soprattutto sta mostrando un talento inaspettato nell’indottrinare i suoi concittadini come un vescovo durante un’omelia.
Così, per giustificare la fuga dal Natale imposta dall’ultimo e più sanguinoso dei suoi decreti, eccolo pontificare sulla necessità di un recupero di spiritualità da parte degli italiani, sfruttando l’occasione buona della pandemia. Il fatto di dover passare le prossime feste così come le precedenti, chiusi in casa, distanziati perfino da se stessi, segregati dai più cari affetti prima ancora che dal mondo civile e dall’economia, dovrebbe favorire molto un tale atteggiamento, reimportando nella nostra società la regola aurea benedettina ora et labora.
E questo non è nulla. Si avvicina il momento fatidico secondo cui dovrebbe diventare commerciabile quel vaccino antiCovid che assomiglia tanto a quegli elisir, quelle pozioni miracolose che certi imbonitori da fiera di paese vendevano una volta affacciandosi dai loro carrozzoni insieme all’orso ed alla donna barbuta. Con cosa se ne esce il Conte? Chi non fa il vaccino dovrebbe essere sottoposto a trattamento sanitario obbligatorio! E meno male che il tizio, prima di salire sull’Arca di Noé di Beppe Grillo, insegnava diritto…..
Parliamone. La misura dell’uomo emergeva già allora, sono molti i frequentatori della Facoltà di Giurisprudenza di Firenze che ricordano il sostanziale assenteismo dell’ex professore. Sempre in ritardo, anche cospicuo, alle lezioni, malgrado arrivasse in Facoltà annunciato dal rombo della sua Ferrari fiammante.
Forse la sua cattedra era Diritto del Più Forte? Forse è stata questa dicotomia tra nozione ed azione ad affascinare i grillini che l’hanno individuato come il loro uomo di punta (da tirare fuori dopo le elezioni, come il proverbiale coniglio dal cilindro)?
Certo, rispetto a bori de borgata come il Dibba e la Taverna il Conte fa la sua porca e forbita figura, sia che parli con la tardona Merkel sia che parli alla conferenza serale che ha ereditato alla RAI da Padre Mariano.
Poi però i nodi vengono al pettine comunque anche se si è un bellicapelli come lui. Poi ti beccano a dirottare la scorta di stato per far uscire illesa la fidanzata da una intervista delle Iene (pensa un po’…. avrebbero fatto cambio Falcone, Borsellino e Dalla Chiesa….). La motivazione regge poco, ancor meno il soccorso a cui si precipita un’altra che vive sopra le righe giuridiche, quella Lamorgese che diventerà la pietra di paragone nei secoli a venire a proposito di come non si fa il ministro dell’Interno. Se la signorina era turbata, come dice la Lamorgese, non poteva starsene a casa rispettando tra l’altro il coprifuoco imposto al paese dal partner?
Che poi è il primo a violarlo, come dimostra l’altro piede messo in fallo, allorché Conte e gentile fidanzata sono stati beccati a cena in un noto ristorante del centro romano dopo le fatidiche ore 22, con tanto di scorta alla quale verosimilmente abbiamo dovuto pagare anche gli straordinari.
Non c’è che dire, se i 5 Stelle erano nati per fare la morale al paese ed al sistema politico, hanno trovato proprio l’uomo giusto. Dal Joker siamo passati a Gastone con il labbro penzolone.
Consoliamoci. Più gente di scorta si autodestina la controcasta grillina per godersi in santa pace i propri privilegi, meno gendarmi ci saranno a giro per le case degli italiani, comunque decidano di trascorrere un Natale che si preannuncia come la versione cretina dell’Austerity.
P.S. Prima di battere le mani ai moralisti, ci sarebbe da riflettere sul fatto che cenone di Natale e sci sono i mezzi di sussistenza di qualcuno che ci sfama la famiglia.
Anche in Italia, perfino in Italia, usare il cervello a volte costa poco. In questo caso è gratis.
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