Guardaci o Signore dalla furia degli uomini del farmaco.
Concludevamo così, parafrasando una antica preghiera medioevale riferita ai Vichinghi ed alle loro scorrerie, il Calendario dell’Avvento dell’anno scorso, annus horribilis che aveva riportato il mondo indietro nel tempo fino ad epoche che credevamo dimenticate, come quelle della Peste Nera e delle grandi epidemie. Che non si chiamavano pandemie, perché l’uomo a quei tempi aveva mediamente meno istruzione ma più dignità.
Non avevamo in realtà dimenticato nulla, un antico terrore senza nome era rimasto dormiente nel nostro DNA di creature all’apparenza superbe ma in realtà poco meno che primordiali. E quando un nemico sconosciuto e inafferrabile si era diffuso tra noi nuovamente dopo decenni di relativa tranquillità, quel terrore aveva avuto un nome e soprattutto il dominio di una popolazione smarrita come quella che si era chiusa in casa (se ce l’aveva) nel 1348.
Credevamo di aver visto tutto nei mesi in cui il Covid aveva scorrazzato per il vecchio ed il nuovo mondo, colpendo soprattutto una razza bianca che sembrava andare finalmente incontro ad un castigo di Dio (o forse dell’uomo, di quell’uomo dalla pelle diversamente pigmentata che aveva finalmente deciso di saldare conti in sospeso da secoli). Facendo vittime, per di più in un modo che scientificamente ci sfuggiva e procedendo con cadenze da castigo divino, appunto, da piaga d’Egitto.
Se l’intento di chi l’aveva creato e diffuso sulla Terra (Dio o uomo che fosse) era stato quello di azzerare secoli di civiltà e di progresso della arrogante razza umana, quell’intento era stato soddisfatto nel giro di pochi devastanti mesi. Costituzioni democratiche e filosofie liberali conquistate a carissimo prezzo attraverso i secoli si erano sciolte come neve al sole dans l’espace d’un matin. Il mattino in cui ci svegliammo per scoprire che non era tutto sotto controllo e che non tutto sarebbe andato bene, anche se questa favoletta ce la saremmo poi raccontata a veglia durante la lunga notte del lockdown trascorso tra mura casalinghe improvvisamente diventate inospitali.
Credevamo di aver visto tutto allora, ma in realtà avevamo visto ancora ben poco, e ci avevamo capito ancor meno. L’Armageddon sarebbe arrivato l’anno successivo, quest’anno. Le avvisaglie c’erano state nell’autunno precedente, quando la strega del nord Ursula aveva firmato al buio contratti miliardari per la acquisizione di pozioni magiche fabbricate da improvvisati apprendisti stregoni. Quelli che la moderna terminologia chiama case farmaceutiche.
Queste pozioni le conoscevamo bene, dal dopoguerra in poi erano divenute fedeli compagne della nostra infanzia. I vaccini avevano avuto il loro momento di gloria negli anni cinquanta e sessanta, allorché avevano evitato finalmente alle nuove generazioni del boom economico il flagello di orrende malattie che si tramandavano nei nostri geni dalla notte dei tempi. Vaiolo, difterite, poliomielite, tubercolosi, perfino lo spiccio e brutale tetano erano divenuti spauracchi di cui ridere come il bambino Pinocchio alla vista del vecchio burattino che era stato, dopo che ci avevano iniettato i vaccini scoperti da giganti della scienza medica come Albert Sabin. Scoperti e poi testati per lunghi anni, nel silenzio di laboratori che allora non si aprivano direttamente su studi televisivi.
I vaccini erano nostri amici, e lo rimasero anche quando banditi come De Lorenzo e Poggiolini, per rendere più comodi i loro divani imbottendoli di soldi, avevano dato il via alla stagione del VACCINIAMO TUTTO, slogan para-sessantottino applicato ad una medicina sempre meno dalla parte del consumatore e sempre più remunerativa per la parte del produttore.
Dopo anni in cui al primo starnuto di provenienza influenzale si levava subito il coro VACCINAMUS IGITUR, e imperversavano come in un romanzo di Salgari, avvicendandosi nel nostro immaginario collettivo sempre più suggestionato, nomi sempre più esotici come SARS, H1N1, suina, aviaria, meningococco, e perfino quel morbillo che da piccoli noi futuri genitori iperansiosi avevamo fatto a gara a chi lo prendeva prima per spuntare via via una dopo l’altra le malattie esantematiche che a detta dei pediatri di allora prima te le facevi – per vie naturali – e meglio era; dopo anni in cui tra Stato e Regioni una classe politica sempre più incosciente, incapace ma che sapeva fare bene i conti sui propri estratti conti sperperava il denaro pubblico comprando vaccini in quote di massa per far fronte a epidemie che facevano si e no 4 vittime in tutta Europa; dopo un decennio buono trascorso così, era sembrato naturale a quei protagonisti della favola Al lupo, al lupo! che noialtri eravamo diventati riversare una fede messianica nel vaccino contro il Covid promesso dalla UE come unica salvezza possibile quando il lupo era finalmente arrivato.
Nessuno si era chiesto se questo lupo non fosse in realtà il cane di qualcuno scappato al guinzaglio. Ursula aveva firmato i contratti, e le logge e le lobbies internazionali avevano cominciato a martellare i poveri cervelli già in prelavaggio di individui e popoli dai nervi sempre più tesi, logorati.
Il 2020 è stato l’anno della Grande Paura. Il 2021 è stato l’anno in cui quella paura ha fatto saltare il banco del progresso scientifico, del pensiero, degli usi e costumi civilizzati che credevamo ormai valori acquisiti della nostra società.
Il 2021 è stato l’anno in cui l’umanità si è di nuovo divisa. Vaccinati e no vax (ma forse sarebbe più giusto dire free vax, poiché gli intolleranti, è un dato statistico, sono tutti dall’altra parte), cattolici e protestanti, comunisti e capitalisti, fascisti e liberali, guelfi e ghibellini, romanisti e laziali. Abbiamo bisogno di dividerci tra noi, è quello che sappiamo fare meglio. Giulio Cesare aveva brevettato il divide et impera, Joseph Goebbels era stato l’ultimo – finora – di una serie di manipolatori, di tragici venditori di fumo ideologico che avevano messo a punto le tecniche più efficaci per ottenerlo.
Abbiamo bisogno di saltare ciascuno di noi alla gola del proprio simile, sbranandolo per sentire appagato quell’istinto bestiale di sopraffazione che è rimasto in noi appena al di sotto della patina di civiltà che ci siamo spalmati addosso finora come crema solare.
Ottant’anni dopo le stelle gialle di Davide sui cappotti degli internati ad Auschwitz ed altre analoghe località, una parte di noi ha dovuto nuovamente subire l’obbligo di esibizione di un marchio d’infamia. Questa volta è verde, come quelle tessere che il Partito Nazionale Fascista imponeva di sottoscrivere nella stessa epoca. Come adesso, anche allora o ti adeguavi o non ti facevano più lavorare, e morivi di fame. Mentre altri, quelli delle stelle gialle, venivano caricati direttamente su treni i cui vagoni venivano piombati.
Il 2021 è stato l’anno dell’obbligo vaccinale da estendere progressivamente – nelle intenzioni dei promotori del Nuovo Ordine Mondiale che hanno salutato nel Covid l’occasione che aspettavano da tempo – a tutta la razza umana, almeno quella superstite. E’ stato ed è l’anno del Green Pass, da estendere a chiunque voglia uscire di casa, altrimenti a dar retta a qualcuno ci si potrebbe anche rimanere in eterno, murati vivi. Untermenschen, subumani, da odiare in attesa di sterminare.
Il 2021 è stato il 1348. Ma stavolta la Chiesa non ha aperto le sue basiliche ai fedeli terrorizzati in cerca di un conforto spirituale, se non materiale. Stavolta la Chiesa ha sbattuto le porte in faccia a chi non si è allineato al pensiero ed alla fede dominanti. Lo ha sempre fatto, ma stavolta la parola misericordia, che prima faceva capolino ogni tanto tra i suoi addetti ai lavori, è diventata uno dei tanti oggetti di un passato sempre più vintage.
La Morte Nera, intanto, ha fatto meno morti o comunque vittime di una qualunque delle influenze stagionali degli anni precedenti. Ma la coscienza umana, quando sono usciti i dati dell’Istat che raccontavano la verità vera, era già andata irrimediabilmente in corto circuito. L’odio per chi non si vaccina ormai si era scatenato senza freni, come nella Germania nazista per l’ebreo nemico della nazione. Non c’è stato dato statistico capace di arginarlo, e men che meno ragionamento derivante da quell’esercizio della ragione che i nostri filosofi avevano predicato da secoli, dai tempi di altre e ben più letali morti nere.
Il 2021 è stato l’anno dei mostri più terribili, rispetto a quelli che abbiamo mostrato gli anni scorsi. Perché sono mostri che si annidano in ognuno di noi, nel nostro piccolo. I mostri di questa galleria dell’Avvento 2021 sono soprattutto i politici e gli influencer che ci siamo scelti. Personaggi pubblici, che tuttavia sono tali solo perché hanno toccato le più profonde e le meno nobili tra le corde che avevamo dentro. E che aspettavano in silenzio, attraverso i decenni ed i secoli, di essere fatte nuovamente vibrare.
Il titolo che abbiamo scelto per il calendario di quest’anno è Brave New World, il mondo nuovo di Aldous Huxley, il più celebre scenario di fantascienza distopica insieme al Grande Fratello di George Orwell. Qualcuno riconoscerà nella società descritta da Huxley quella che qualcuno vorrebbe disegnare per noi a partire da questo Natale. Qualcun altro invece magari è già in coda per la Terza Dose, ansioso di farsela e di ricevere la spilletta commemorativa. In tal caso, questo calendario non fa per lui.
Mentre scriviamo questa presentazione, non sappiamo ancora quale destino ci attende. A dar retta alle avvisaglie c’è un che di millenaristico nell’aria. Ecco allora perché abbiamo avvicinato a ciascuno dei personaggi di questa galleria una carta dei Tarocchi, l’antico metodo di divinazione del futuro. Con la sensazione che la carta chiave, in questo frangente, possa rivelarsi la fatidica numero tredici.
In ogni caso, se si muore lo si fa sempre per rinascere.
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