Avvento 2021

Avvento 2021 – Giorno 9 L’Eremita

Un vecchio saggio, con una lunga barba bianca in un ambiente buio e senza stelle né sole. Il grande Maestro, che “svela la verità”, che aiuta coloro che si sono persi e che si fidano di lui. Rappresenta l’osservazione, la ricerca e la comprensione e, di conseguenza, la sapienza e l’ascesa.

L’Eremita rappresenta (tradizionalmente) la cautela e la prudenza e il “buio” in cui si muove non comporta per lui né incertezza né timore visto che l’allontanarsi dalle “luci comuni dei luoghi comuni” (le verità superficiali) è il suo presupposto stesso.

Nel buio degli anni luce, titolò una delle sue prime trasmissioni un Piero Angela che ancora faceva divulgazione scientifica e non marchette governativo-farmaceutiche, superato in questo soltanto dal figlio Alberto.

Mala tempora currunt, le tenebre sono calate d’improvviso sulla nostra civiltà, sulle nostre coscienze, sul nostro sapere, sulla nostra stessa – forse – evoluzione. E’ bastato un oggettino minuscolo, come quello scagliato da Mago Merlino addosso a Maga Magò nella Spada nella Roccia, e siamo regrediti ad uno stato di natura quasi ferino, l’un contro l’altro armati.

Homo homini lupus, aveva capito Thomas Hobbes, filosofo inglese dell’alba dei tempi moderni. L’uomo è un lupo nei confronti dell’altro uomo, e non perché del lupo mostri le qualità positive, l’appartenenza funzionale al branco, la solidarietà di specie, il senso della famiglia e degli affetti, l’intelligenza che serve a sopravvivere, individualmente e collettivamente, in ambienti più o meno ostili. No, del lupo l’uomo di Hobbes che si è incarnato infine nuovamente in quello del ventunesimo secolo ha soltanto l’istinto all’attacco ed alla sopraffazione dell’altro, non perché ha fame o bisogno, ma soltanto perché appartiene a branchi diversi, di cui ha paura o che ha in gran dispetto.

Siamo questi, da quando il microbo coronato si è introdotto in alcuni dei nostri organismi minacciando – dicono gli scienziati in televisione – di estendersi a tutti e sterminare la razza umana. Siamo quelli di prima del Secolo dei Lumi, fotografati da Alessandro Manzoni (che in quanto ad elaborazione filosofica non scherzava neanche lui) al tempo della Peste Nera di Milano e dintorni. E’ bastato un attimo, e siamo di nuovo belve feroci e senza discernimento.

E non abbiamo più i buoni maestri di una volta, Norberto Bobbio, Bertrand Russell, perfino quel Karl Popper che inconsapevolmente ha generato poi mostri come George Soros e Mario Monti. Sono pochi ormai i pensatori, a qualsiasi livello. Figurarsi a quello che oggi chiamiamo di influencer e che una volta più nobilmente si definiva come maitre à penser, maestro del pensiero e della coscienza.

Pochi si avventurano nel buio di questi giorni, di questi mesi, di questi anni, per riemergere con un barlume di verità ragionata che dovrebbe spingere le masse primitive a riflettere prima di cedere a qualsiasi cazzata del governo e dei suoi comitati tecnici. Prima soprattutto di farne di proprie, di cazzate. Abbiamo combattuto per decenni l’iniezione letale nei paesi che ancora conservano la pena di morte, adesso corriamo tutti a farcela fare, credendo che sia l’elisir di lunga vita.

Da quel buio riemerge faticosamente qualche scienziato (evidentemente non a libro paga di nessuno) e qualche filosofo. Si, c’è gente che quando deve dire la propria professione si qualifica come filosofo. Bel mestiere, direbbe qualcuno. A saperlo fare, però.

Devi poi essere capace in poche parole di spiegare alla gente cosa è etico e cosa no, cosa è libertà e cosa è sopraffazione, cosa è giustizia e cosa è arbitrio, cosa è civiltà e cosa è vigliaccheria. Ne conosco solo uno, e spezzo una lancia per lui. Non é Aganbem, non mi piace, troppo fumoso, troppo relativista, troppo vago quando si tratta di passare dal pensiero all’azione, come avrebbe detto Giuseppe Mazzini. D’accordo il filosofo mostra la via, dai tempi di Socrate, il discepolo deve poi scegliere in proprio se e come percorrerla. Ma dopo una paginata di Aganbem si rimane lì come ebeti con la faccia di chi – con una pera in mano – voleva saperne semplicemente il prezzo ed il venditore lo ha sconcertato piuttosto con una dissertazione sull’essenza delle cose: è tutto relativo, per alcuni è pera, per altri è mela.

Diverso il caso di Massimo Cacciari. L’ultimo eroe del pensiero politico, altro che filosofia delle monadi e delle menate. L’unico che ha ancora il coraggio di andare in televisione a difendere le tesi sue e della nostra migliore civiltà contro energumeni come il vermilinguo Bassetti e l’energumena Gruiber.

Non mi piaceva al tempo della sua via veneziana al post-comunismo, anche se poi con lui sindaco Venezia era ritornata un gioiellino. Mi piace tanto adesso con quella faccia un po’ così, di chi sta per incazzarsi da un momento all’altro ascoltando eresie da tribunale dell’Inquisizione o da bugiardino di farmaco generico letto al contrario.

Cacciari è l’uomo che vorrei essere, almeno quando parlo con quella metà dell’umanità che ha portato il cervello all’ammasso senza farsi dare lo scontrino. O con l’altra, che si sta attrezzando per fare altrettanto.

 

Autore

Simone Borri

Simone Borri è nato a Firenze, è laureato in scienze politiche, indirizzo storico. Tra le sue passioni la Fiorentina, di cui è tifoso da sempre, la storia, la politica, la letteratura, il cinema.

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