Avvento 2021

Avvento 2021 – Giorno 11 La Forza

La carta simboleggia la fortezza, la disciplina, la forza interiore, il coraggio, la sicurezza. A rovescio, simboleggia la prepotenza, la brutalità, la sopraffazione, l’arbitrio esercitato con le peggiori maniere.

Diceva il mahatma Gandhi che la civiltà di un paese si misura da come tratta gli animali. Avresti detto che avrebbe scelto un altro parametro: la polizia, lui che con quella coloniale britannica dovette vedersela per quasi mezzo secolo prima di veder liberato il proprio di paesi. C’è anche chi dice che la durata assai lunga della sua lotta dipese anche dal metodo scelto, la non violenza. Gli indiani soverchiavano largamente gli inglesi per numero e magari passando ad altre vie di fatto avrebbero risolto la cosa prima. Anche se il Sudafrica dell’apartheid ci suggerisce che le cose non sono poi così semplici.

Una cosa la si può dire con certezza lapalissiana. Quanto più un regime ha rapporti problematici con la democrazia, tanto più la sua polizia mena. E la legge spesso assolve, come titolava un vecchio film degli anni settanta, i nostri anni di piombo.

L’Italia è sempre stata borderline, in quanto a liberalismo prima e a democrazia poi. Quest’ultima è stata importata di fatto dalle grandi case madri dell’Otto-Novecento, in due mandate: quella risorgimentale al tempo dell’Unità d’Italia e quella resistenziale al tempo della Liberazione dal nazifascismo. L’ultima versione tutt’ora almeno nominalmente in vigore ce l’hanno portata gli angloamericani nel1943-45, e l’abbiamo dovuta assimilare con le buone o con le cattive. Non che l’italiano sia antidemocratico per natura (oddio, gli ultimi due anni danno da pensare….), è piuttosto un anarchico: la tua libertà finisce dove inizia la mia, la mia libertà non finisce mai.

La nostra polizia fu istituita al tempo che la libertà appena riconquistata sembrava di nuovo messa a rischio. Abbattuto Hitler il nemico era diventato Stalin, ed un fronte popolare social-comunista attestato oltre il 30% dell’elettorato sembrava la sua formidabile e riottosa quinta colonna. Il ministro dell’Interno dell’epoca Mario Scelba vietò da un lato la ricostituzione del fascismo ma si armò soprattutto contro l’insorgere del comunismo.

La polizia da lui rifondata si chiamò celere, perché era strutturata per intervenire con la massima velocità ed efficienza (qualcuno direbbe cattiveria) in ogni parte del paese dove qualche sommossa popolare lo richiedesse.

E così è rimasta, attraverso gli anni settanta che videro lo scontro frontale tra opposti estremismi e istituzioni, con scontri di piazza, stragi e tragedie di ogni tipo a cadenza quasi quotidiana. Il confine tra i due fronti era labile, i terroristi erano tutti infiltrati e manovrati dai servizi, ma anche in polizia confluivano personaggi non sempre limpidi, animati spesso dalla possibilità di menare le mani su chiunque, facendola franca. Sapevamo che si combatteva una battaglia decisiva per le nostre libertà durante gli anni di piombo, ma non abbiamo mai avuto la certezza che i buoni fossero tutti da una sola parte.

Più o meno a partire da quell’epoca la nostra polizia nel suo complesso, non solo il reparto celere, ha preso l’abitudine a presentarsi nelle piazze calde in assetto antisommossa. Con gli agenti bardati cioè da quelle armature che fino a quel momento avevamo visto soltanto nei film di fantascienza, oppure nei reportages provenienti da paesi dove i poliziotti difendevano oggettivamente con ogni mezzo regimi impresentabili. Le manganellate fanno male ovunque vengano tirate, e facevano male anche in Italia, che chi le riceveva se le meritasse o no.

Il poliziotto del ventunesimo secolo, non c’è niente da fare, è stato brevettato e consegnato all’immaginario collettivo a Bolzaneto, frazione di Genova, la notte del 21 luglio 2001 in cui gli occupanti di una scuola media, manifestanti antigovernativi poco più grandi di età degli usuali frequentanti, furono rastrellati e seviziati come non si vedeva fare dai tempi della Gestapo nell’Italia occupata dai tedeschi.

Nominalmente gli agenti erano lì per arginare i Black Bloc, il più fasullo tra i fenomeni di agitazione e devastazione controllata e infiltrata dai tempi delle Brigate Rosse. Di fatto scatenarono una violenza inaudita contro ragazzi armati soltanto del sacco a pelo in cui dormivano quando furono sorpresi dagli uomini in nero.

Per vent’anni, l’incerta e sgangherata democrazia italiana ha arrancato nel fare chiarezza e giustizia su questo episodio oscuro e indegno così come su tanti altri del suo passato più o meno recente. Non sappiamo ancora chi fece scoppiare l’ordigno a Piazza Fontana, figuriamoci se possiamo sapere che cosa venne in testa ai questurini a Genova all’alba del millennio. O cosa sta prendendo adesso, da due anni a questa parte, a chi sta rivoltando nuovamente e sistematicamente le forze dell’ordine contro i propri cittadini. Quelli che pagano loro lo stipendio e che nel frattempo sono costretti a manifestare perché il loro di stipendi si è volatilizzato.

La carta di Luciana Lamorgese l’abbiamo già estratta da questo mazzo. La ministra dell’Interno non si è fatta scrupoli l’anno scorso di sguinzagliare agenti come feroci vopos della Germania Est addosso a inermi cittadini la cui unica colpa era stata di aver escogitato qualche escamotage per prendersi una pausa dal lockdown che aveva messo tutta l’Italia agli arresti domiciliari. Scene, francamente, da film di fantascienza. Quest’anno, la ministra ha individuato come priorità emergenziale nazionale i manifestanti no green pass, e le scene viste nelle piazze dove i suoi poliziotti si sono scatenati a mano armata francamente sono più da reportage dal Cile degli anni settanta.

Candelotti fumogeni tirati addosso a passeggini e relative mamme, o lanciati in cortili di scuole elementari come si è visto a Trieste per lo sgombero dei portuali, manganellate a donne incinte o ad anziani protestatari con sprezzo perfino della diretta che ormai le web radio libere assicurano da ogni parte d’Italia ed in ogni circostanza; idranti aperti su inermi scioperanti come nemmeno in Ucraina e Bielorussia ai danni dei migranti; queste ed altre sono le scene raccapriccianti che fanno della ministra Lamorgese la peggiore tra i successori di Scelba, e della sua polizia la meno presentabile al cospetto di una opinione pubblica democratica (e, come detto, pagante) dai tempi appunto di Bolzaneto.

Ogni tanto qualcuno avvista in qualche piazza il miraggio di agenti che si levano il casco in segno di solidarietà con i cittadini che si trovano di fronte. Ci dispiace dire che sono altrettante navi nel deserto. Più facile assistere allo spettacolo di agenti che estraggono il manganello, e giù botte da orbi verso chicchessia. Se Gandhi tornasse oggi e misurasse la civiltà del nostro paese da cosa si è visto fare alla nostra polizia, il voto sarebbe ancora più basso di quello della nostra stampa nella scala graduata della libertà, temiamo.

Autore

Simone Borri

Simone Borri è nato a Firenze, è laureato in scienze politiche, indirizzo storico. Tra le sue passioni la Fiorentina, di cui è tifoso da sempre, la storia, la politica, la letteratura, il cinema.

Lascia un commento