La temperanza, quattordicesimo arcano maggiore. Solitamente è rappresentata come una figura femminile che travasa dell’acqua da un recipiente in un altro. La vita che scorre, secondo il suo ritmo naturale. Ciò che defluisce da una coppa, da un recipiente, confluisce in un altro. La temperanza è sinonimo di moderazione, lasciare che le cose facciano il loro corso per portarci dove vogliamo arrivare. La ricerca dell’equilibrio esistenziale, ed il farsi coppa per accogliere.
“Regola numero uno, mai attaccare per rabbia” dice Anthony Hopkins al suo giovane allievo Antonio Banderas nella Maschera di Zorro. Si concede sempre un vantaggio di troppo al nostro avversario, e si fatica di più ad arrivare senza scoprire il proprio fianco a quel cerchio interno dello spadaccino che ci permette di colpirlo al di sotto delle sue difese. Al cuore.
Abbiamo già incontrato il Mahatma Gandhi in questo calendario. L’apologo della non violenza fu brevettato da lui, al tempo in cui l’India, mezzo miliardo di abitanti allora, stentava a liberarsi dal giogo di poche decine di migliaia di inglesi dell’Impero Britannico, che però avevano su di loro il vantaggio della tecnologia e dell’economia. Gandhi riuscì contro ogni pronostico. L’India ci mise un sacco di tempo a diventare indipendente, ma alla fine ce la fece, e nessuno potrà mai dire se sarebbe stato tutto più facile seguendo strade diverse tipo quelle insurrezionali.
La storia è fatta di un susseguirsi di lotte per le cause più disparate, sempre aventi a comune denominatore la libertà di qualcuno oppressa dalla sopraffazione da parte di qualcun altro. La storia è fatta di buoni e cattivi maestri che l’hanno avuta vinta o persa a seconda dell’esito della lotta che hanno ispirato. Oggi si chiamano influencer. Cinquant’anni fa si chiamavano teorici.
Ce n’erano di grandi e piccoli, Mao Tze Tung, Ho Chi Mihn, Tony Negri. Predicavano la rivoluzione permanente, la nostra società occidentale trasformata in un teatro di guerriglia continua come succedeva a Belfast, Beirut, Saigon. Molta gente rimase a terra per causa dei loro incitamenti, e non abbiamo mai saputo se abbiamo vinto o perso, se il mondo dopo quei sacrifici e quel sangue versato è stato migliore. Se lo fosse diventato, crediamo, non saremmo oggi al punto di dover lottare nuovamente per la nostra libertà.
Stavolta, i maitres à penser, gli influencer predicano non più in nome di Che Guevara ma in quello di un riscoperto Gandhi. Sediamoci a terra davanti alla polizia inglese armata di manganello e senza scrupoli ad usarlo come quella della Lamorgese. Incrociamo le braccia. Diciamo NO e restiamo lì in silenzio, ostinati e caparbi nel sopportarne le conseguenze. Siamo di più, siamo più determinati e più forti, come lo erano gli indiani allorché scoprirono le loro potenzialità. La storia è dalla nostra parte, lasciamo che faccia il suo corso senza dare appigli a chi vorrebbe trasformare il tutto in un marasma e perché no, in una carneficina. Resistiamo.
La storia di questa Italia di un problematico inizio di ventunesimo secolo non la fanno più Tony Negri o Renato Curcio. La fa un influencer suo malgrado, come si definisce lui stesso, come Andrea Colombini da Lucca. Troppo estroverso e troppo consapevole dei traguardi personali raggiunti per assomigliare a Gandhi nel carattere, ma troppo simile al Mahatma nella sua quieta determinazione e nella cultura dell’esistenza per essergli troppo distante nella mente.
L’uomo che ha mandato in pensione i mass media sostituendoli con i social influencers ed informers tiene ogni sera una diretta con il popolo di facebook, di telegram e di tutti i social rifugi dove si ammassano ogni giorno di più le reclute della nuova Resistenza. Una diretta che assomiglia ormai a quelle di Radio Londra durante la guerra. Una diretta che si conclude invariabilmente con il vecchio slogan di Winston Churchill, quello delle due dita sollevate a V in faccia a vecchi e nuovi nazisti: WE SHALL NEVER SURRENDER, noi non ci arrenderemo mai.
La storia, e prima ancora la repubblica italiana se sopravviverà, dovranno ringraziare lui e pochi altri per aver tenuto la popolazione sempre più esasperata dentro gli alvei di una lotta politica civile, non violenta, matura e consapevole. Ci sono tanti da ambo le parti che vorrebbero dare il via alla degenerazione prima possibile. Sarebbe tanto comodo per questo governo e per le ditte farmaceutiche che lo foraggiano trasformare Roma e Milano in Santiago del Cile 1973 ed in Buenos Aires 1976. Non glielo permetteremo, e sarà molto grazie a chi ha saputo parlare ogni sera ai microfoni delle nostre radio clandestine boicottate dal regime usando parole di saggezza, di intelligenza.
Noi siamo di più. Noi siamo più forti. Grazie, Andrea Colombini, se non te la farà alla fine di tutto questo la tua Lucca una statua te la farà qualcun’altra delle nostre città, quando il popolo che ci abita potrà ritornare a vivere una vita normale.
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