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Avvento 2022

Siamo di nuovo all’Avvento di qualcosa. Il Santo Natale, per chi ci crede. La fine dell’anno, per chi la aspetta a gloria o con un po’ di malinconia. La fine di un triennio difficile, per certi aspetti drammatico, per chi ha vissuto in Italia.

Il primo anno, il 2020, è stato quello del lockdown. Come all’epoca della peste del Boccaccio, ci siamo ritrovati tutti chiusi in casa a raccontarci e ad ascoltare storielle. Non sapremo mai se fu vera pandemia o cosa, chi lo sa si guarderà bene per ovvi motivi dal divulgarlo. Ma di certo sappiamo che il mondo non sarà più quello di prima. Basta guardare per le nostre strade e vedere come giovani e vecchi girino all’aria aperta con una mascherina simile a quella che ci faceva tanto ridere di cinesi e giapponesi, negli anni passati. Il terrore de lo nero periglio che vien da lo mare è rimasto dentro a tanti, pronto ad esplodere alla prossima occasione, vera o presunta.

Il Covid è venuto dalla Via della Seta, per mare e per terra. Il 2021 è stato l’anno del vaccino, della carta verde, della limitazione pesante e forse non del tutto reversibile di diritti civili e politici scritti nella nostra Costituzione con il sangue di tanta gente morta per farci vivere in un mondo dove le carte e le stelle verdi cucite sul bavero non fossero esistite più. Ma terminata la narrazione – spesso in stile fantasy – delle città al tempo della peste nera e la conta più o meno fittizia dei morti per Covid, è cominciata la campagna militare per far vaccinare più gente possibile. Pena l’eliminazione morale, se non addirittura fisica. Un governatore di Regione solitamente salottiero e moderato come il toscano Eugenio Giani non usò tempo fa mezzi termini: «stanerò ed espellerò da uffici e luoghi pubblici tutti coloro che non si vaccineranno».

Con toni da Mein Kampf, politici e politicanti coadiuvati da burocrati, virologi e sedicenti giornalisti hanno battuto quotidianamente sul tasto della caccia al nemico interno e della instaurazione di una nuova razza ariana, quella dei plurivaccinati con i ritrovati di Pfizer & compagnia bella.

Molti hanno perso il lavoro, e con esso la possibilità di sostentare famiglie e di mantenere diritti civili effettivi. Soltanto Mussolini nel 1938 aveva ordito un simile massacro sociale, ma allora chiunque non fosse costretto dalla palese dittatura pensava a tutto ciò e lo chiamava con il suo vero nome: dittatura, appunto. Stavolta si è chiamato stato di diritto. Dove il diritto non è più assoluto come previsto da Madre Natura, ma é condizionato dalle limitazioni impostegli da nuovi sacerdoti in camice bianco e dai politicanti a cui questi ultimi devono i loro lauti incarichi ed i loro contratti televisivi.

Il 2022 è stato l’anno – prevedibile – del facciamo pace. Siamo o non siamo in Italia? Qui una soluzione si trova a tutto. Mai dignitosa, mai legale, mai solidale e moralmente ineccepibile. Ma basta che ci porti alla sopravvivenza a qualunque costo. L’arte di arrangiarci penetra profondamente noi cittadini e lo stato di cui facciamo parte. E del resto, con governanti come i nostri, se non ti arrangi dove vai?

Era chiaro da almeno un anno e mezzo che il Covid non uccide, a meno che non si aggiunga ad altre complicanze che nessuno peraltro per lungo tempo si è peritato di studiare, adagiandosi sulla raccomandazione pedissequa dell’uso di un noto – e discusso – farmaco sommato alla vigile, ridicola attesa. Il più stupido e letale dei mantra.

Ma per un anno e mezzo si è continuata la caccia agli eretici, si è tenuta la gente senza lavoro, le famiglie senza sostentamento. Si è tenuto in carica un governo che millantava un prestigio internazionale tutto da dimostrare e che in realtà ha disposto una serie di obblighi che gridano vendetta davanti alla Costituzione nata dalla lotta al fascismo. Si è tenuto un generale in carica come commissario de facto alla sanità ed alla protezione civile, ed i generali – si sa – in Italia non brillano per acume fin dai tempi delle guerre di indipendenza, di Caporetto, dell’8 settembre. Hanno sempre tenuto insieme i ranghi con la minaccia di esecuzioni sommarie, come nella Grande Guerra. Con quello e poco altro.

Alla fine, nel 2022 non si poteva più sostenere che c’era un rischio reale Covid, anche perché lo spettacolo doveva continuare altrove. Esaurite nel frattempo e pagate a spese del bilancio pubblico le scorte vaccinali specifiche, c’era da riprendere lo smercio dei vaccini anti-influenzali, e pazienza se Sabin si rivolta una volta di più nella tomba.

Sabin, sì, quello che ha salvato la vita ad intere generazioni nel ventesimo secolo, e che aveva dettato la più celebre delle massime: con una pandemia in atto non si vaccina MAI. Sabin che qualcuno ha pubblicamente apostrofato come un vecchio coglione, come Luc Montagner, lo scopritore del vaccino anti AIDS, grazie al quale molti coglioni effettivi sono potuti venire al mondo.

Nel 2022, italianamente, si sono attese elezioni non più rinviabili per questione di decenza (siamo l’unico paese europeo che non ha votato mai nel triennio della pandemia) mentre nel frattempo chi era a casa sospeso dal lavoro c’é rimasto, sbeffeggiato dal livore di colleghi che, lungi dal vergognarsi di essersi piegati ai diktat del potere politico-sanitario in barba al loro giuramento di Ippocrate, ora rinfacciano ai colleghi vessati di aver dovuto lavorare anche in quelli che sarebbero stati i loro turni. Che restino a casa a morire di quella fame che si sono meritati!

Il 2022 è l’anno della resa dei conti. Passata la tempesta, non si odono augelli far festa, ma cornacchie che gracidano da una parte e dall’altra. L’obbligo vaccinale è stato tolto, molti tornano finalmente al lavoro, ma la sanità ed il mondo in generale non saranno più quelli di prima. Il servizio sanitario nazionale è devastato e in bancarotta, il mondo è abitato da gente sempre più brutta, cattiva, meritevole di tutto il male che puntualmente le arriverà addosso, per aver dimenticato o oltraggiato principi che erano sacri.

Non saranno Putin o il suo dirimpettaio Biden a mettere fine a questo nostro piccolo brutto mondo antico. Sarà un virus ancora più infinitesimale del Covid, che ci portiamo dentro da sempre e per cui temiamo che non esista la cura.

La galleria di mostri di quest’anno l’abbiamo pensata più agile, essenziale, e speriamo divertente. Non volevamo appesantire l’umore già torvo di tanti nostri concittadini alle prese con problemi al momento non si sa come sormontabili. Ci pensa la bolletta del gas a deprimere chi si sveglia ogni mattina in questo paese. Non vogliamo aggiungervi il nostro giornale, che nei giorni che ci separano da Natale vuole soltanto offrire una occasione di riflessione e – se ci riesce – di svago.

In attesa di salutare un altro anno che certo non rimpiangeremo.

Autore

Simone Borri

Simone Borri è nato a Firenze, è laureato in scienze politiche, indirizzo storico. Tra le sue passioni la Fiorentina, di cui è tifoso da sempre, la storia, la politica, la letteratura, il cinema.

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