Diciamo la verità, può piacere o non piacere, si può condividere le sue idee o non condividerle, ma era l’ultima testa pensante rimasta al PD. Che da quando l’ha persa è rimasto appunto acefalo. Tanti personaggi in cerca di autore, come il fratello del Commissario Montalbano, ma l’unico che era stato davvero autore di se stesso, prima a Firenze e poi a Roma, se n’era ormai già andato.
Matteo Renzi è l’Uomo Ragno. Nel senso che come sa arrampicarsi lui sulle pareti più scabrose non c’é nessun altro. Sembrava definitivamente sconfitto dopo il referendum costituzionale del 2016, sembrava aver perso tutto, a cominciare da una maggioranza virtuale che qualcuno gli accreditava nei paraggi del 40%, tanto da spingerlo alla promulgazione del Rosatellum elettorale che adesso ha sorriso alle destre.
Non era così, il 40% non apparteneva né a lui né al PD che anche grazie a lui rimaneva il partito più odioso della storia d’Italia. Ma aveva torto anche chi lo dichiarò finito la sera che dette le dimissioni, anche se allora si commosse solo sua moglie Agnese.
Sono passati sei anni, e Renzi è più che mai determinante. Lo è stato nella legislatura gialla, quella in cui ci fu da fare la festa all’altro Matteo, Salvini, per riportare al comando i suoi ex del PD. Potrebbe esserlo in questa, malgrado i suoi numeri apparentemente esigui condivisi con Carlo Calenda, avendo già fatto capire di essere disposto a venire in soccorso della maggioranza di centrodestra, dovesse Berlusconi o chi per lui essere punto da vaghezza di fare casino.
La tela del Renzi è più robusta che mai. Stan Lee non avrebbe saputo disegnarlo meglio. E in uno dei prossimi albi di quella Marvel che è la politica italiana, state certi che lo rivedremo protagonista.
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