Avvento 2023

Avvento 23 – Giorno 12 – Game, set and match, mr. Burioni

«Il tennis è complicato, imprevedibile, magari piove e ti rimandano il match. Non è solo correre e colpire. È strategia, testa. E non c’è droga per migliorare l’intelligenza».
(Boris Becker)

Come ogni sport che si rispetti, il tennis a volte offre risultati clamorosi. Due anni fa sembrava che Novak Djokovic fosse ad un passo dal compiere il Grande Slam, la vittoria in Australia, Francia, Inghilterra e Stati Uniti, i major tournaments tutti insieme nella stessa annata, un’impresa che dopo il leggendario Rod Laver non ha portato a termine più nessuno.

Nole era ed è un giocatore straordinario, ma quel giorno Danil Medvedev lo fu più di lui, fermandolo a pochi punti dalla leggenda in modo anche ingeneroso: il russo lo regolò 6-4 6-4 6-4.

Chiunque sarebbe rimasto a terra piegato in due. Non Djokovic, che nel gennaio successivo si presentò imperterrito alla Rod Laver Arena di Melbourne, per ricominciare da capo e prendersi quel benedetto e meritatissimo Grande Slam.

Gli australiani sono un popolo strano. Figli al pari dei Padri Pellegrini americani di quella parte del mondo anglosassone che cerca da sempre libertà, si sono ritrovati in epoca moderna a scimmiottare le idiosincrasie della ex madrepatria inglese. L’Australia è il paese delle quarantene e delle più assurde restrizioni in ordine alla possibilità di ottenimento della cittadinanza. In Australia non entri, non resti, non esci nemmeno dall’albergo se non sei in regola con la più soffocante delle normative.

Nel gennaio 2022 la paura del Covid la faceva ancora da padrone. A Melbourne ti facevano a malapena scendere dall’aereo, in attesa di riprenderne un altro che ti riportasse a casa tua, se non eri vaccinato. Nole aveva fatto sapere da tempo come la pensava, absolutely novax, e fu così che il secondo Grand Slam consecutivo lo perse a tavolino per mano dei bacchettoni aussies. Durante la stagione avrebbe vinto a Parigi, a Londra e in quella New York che l’aveva visto beffato l’anno prima, ma ormai era andata. Mancava Melbourne, e lo Slam rimase down under, nelle nobili mani del razzo di Rockhampton, Rod Laver.

Fu l’ignobile pennivendolo Andrea Scanzi from Italy a incaricarsi di una sbeffeggiatura veramente antitetica a quel fair play di cui il tennis si fa portatore da sempre. O fallo adesso il Grande Slam, fenomeno!, berciò il DJ aretino (chiamarlo giornalista è bestemmia) a nome e per conto di tutte le menti poco capienti per di più appesantite dalle overdoses dei vaccini anti Covid.

Nole incassò, andò per la sua strada e per la terza volta fu fermato nel 2023 da un ragazzino spagnolo che più di lui aveva soltanto i quindici anni di età in meno che gli consentirono una giornata di assoluta grazia nella finale di Wimbledon.

Il tempo passa, gli anni e l’usura non perdonano, e forse è tardi ormai perché il grande campione abbia quello che si è meritato. Ma insomma lui non demorde, e si ripresenta sempre in campo a inseguire stoicamente il suo sogno. A Torino, al Masters ATP di fine stagione, poche settimane fa ha fatto un miracolo. Doveva essere morto a sentire gli esperti virologi, e invece ha vinto il torneo e si è confermato n. 1 del mondo.

Stavolta a ragliare la sua soddisfazione è stato il noto Roberto Burioni (chiamarlo medico, malgrado lui si firmi così sul suo proflo Facebook, è anche in questo caso bestemmia). Il tizio dà dell’asino a chiunque non la pensi come lui. E ultimamente pare si intenda anche di tennis. La settimana dopo secondo lui Sinner ha fatto vincere l’Italia in Davis perché il somaro serbo – parole sue – non vaccinandosi ha indebolito il suo organismo.

Pensiamo che Sinner sia l’erede di Djokovic, e che troppi anni sono passati da quando Nole ha cominciato a inseguire lo Slam, questa è la differenza tra i due, un ventenne ed un trentaseienne. Pensiamo che l’anno prossimo non ci sarebbe da meravigliarsi né di una vittoria del serbo né di una dell’italiano. Pensiamo che Burioni dovrebbe firmarsi Robero Burioni Cretino. Pensiamo che Scanzi gioca a padel meglio di come scrive.

Una cosa è certa, nel 2024 per vincere a tennis bisognerà ancora saper giocare, avere testa e grinta e fregarsene di tante minchiate come quelle sparate ad alzo zero da chi da tre anni a questa parte vorrebbe farti l’infame punturina e schiuma rabbia adesso perché tu sei sempre lì, e loro se non li vai a cercare apposta non li trovi più nemmeno sui calendari di Frate Indovino.

Autore

Simone Borri

Simone Borri è nato a Firenze, è laureato in scienze politiche, indirizzo storico. Tra le sue passioni la Fiorentina, di cui è tifoso da sempre, la storia, la politica, la letteratura, il cinema.

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