Scompare nel 2023 Giorgio Napolitano (Napoli, 29 giugno 1925 – Roma, 22 settembre 2023), undicesimo presidente emerito della Repubblica Italiana, poche settimane prima del suo amico Kissinger, che lo chiamava il mio comunista preferito.
De mortuis nihil nisi bonum, dice l’antico detto. Dei morti non si parla che bene. Francamente, il personaggio è stato nell’ultima parte della sua vita estremamente divisivo. Osannato da una sinistra che gli deve una altrimenti improbabile riconquista del potere nel 2011, esecrato da una destra che con quella sinistra proprio non ci fa razza, neanche nei governi di unità nazionale. Anche se spesso, durante l’arco della sua vita politica, Napolitano ha dimostrato di dialogare meglio con gli avversari, che non con i suoi compagni di partito.
«Non possiamo non dirci liberali». Con questa frase, retorica come tutto nel suo stile, Giorgio Napolitano aveva riassunto la sua vita in apertura della lunga intervista concessa ad Eugenio Scalfari pochi giorni dopo la sua rielezione a Presidente della Repubblica e pochi giorni prima di compiere 88 anni.
Doveva essere la prima intervista privata concessa dal vecchio Presidente al termine del suo mandato e, presumibilmente, della sua lunga e controversa carriera politica, un bilancio della propria vita, del XX secolo che ha attraversato, del XXI° il cui sviluppo successivo stava fortemente condizionando.
Risultò invece, clamorosamente, la prima intervista pubblica concessa dal nuovo Presidente, nelle stanze del Quirinale dove si era appena reinsediato poco dopo aver prestato giuramento ad una repubblica e ad un popolo italiano più sbigottiti che mai.
C’era un sacco di gente quella sera in cui u rieletto presidente a manifestare inferocita in Piazza Montecitorio. Ce n’era peraltro molta di più a Budapest a manifestare nelle strade il 4 novembre 1956 quando i carri armati sovietici arrivarono a stroncare i sogni di libertà del popolo ungherese. La storia di Giorgio Napolitano si è snodata tra queste manifestazioni, egualmente frustrate anche se in modo decisamente diverso.
Nei giorni successivi alla repressione della rivolta ungherese fu proprio il giovane deputato napoletano, in rapida ascesa grazie al favore personale nientemeno che dell’allora leader comunista Palmiro Togliatti, a rendersi autore di una delle prese di posizione più spietate contro gli insorti, elogiando quell’intervento sovietico che aveva «non solo contribuito a impedire che l’Ungheria cadesse nel caos e nella controrivoluzione, ma alla pace nel mondo».
Cominciò così la carriera politica dell’uomo che sarebbe diventato il primo presidente della repubblica eletto due volte, oltre che il primo presidente della repubblica proveniente dal mondo post-comunista. Dopo Budapest arrivò Praga, il P.C.I. entrò in crisi e Napolitano si ritrovò alla guida della corrente migliorista, alla destra del partito e che guardava alla destra altrui per trovare interlocutori. Di qui l’amicizia con Kissinger e il primo visto concesso dagli USA ad un esponente comunista nel 1978.
Il resto è storia nota, e va in archivio insieme alla vita dell’undicesimo presidente della repubblica italiana. Storia del ventesimo secolo che ha condizionato anche i primi decenni del ventunesimo. Vecchie storie di una sinistra e di una destra ormai sorpassate. Resta un record che il suo successore Mattarella sta già battendo, quello della durata in carica. Si, perché nel frattempo la rielezione è diventata prassi consolidata, e il mandato presidenziale rischia di diventare longevo come il diritto dinastico del re d’Italia. Ed altrettanto insindacabile nella sua azione.
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