«Per me si va ne la città dolente
per me si va nel’etterno dolore
per me si va tra la perduta gente»
(Divina Commedia, Inferno, Canto III)
E’ sempre stato presente in tutte le edizioni del nostro calendario. Un record, a suo modo. Non poteva mancare quest’anno, l’ultimo se Dio vuole. L’anno prossimo scade il suo secondo mandato, e per statuto non può essere rieletto, almeno non subito. Sarà l’occasione per verificare la veridicità del vecchio adagio secondo cui caduto Nerone lo segue sempre un imperatore addirittura peggiore. Del resto, dai fiorentini quando metti loro in mano la matita copiativa e li mandi dentro al seggio elettorale non sai mai cosa aspettarti.
Dario Nardella da Torre del Greco appartiene alla seconda generazione di immigrati con velleità politiche che ha cambiato il volto di Firenze. In peggio. La prima era stata quella dei La Pira, che perlomeno i danni li facevano in periferia. Il centro, dentro le antiche mura erette dal medioevo al rinascimento da altra genia di immigrati venuti a far grande – loro sì – la città, era stato risparmiato.
Finché il PCI-PDS-PD che governa la città da quando l’immigrazione di sinistrorsi ha spazzato via la vecchia classe dirigente liberal democristiana, non si è accorto che i Grandi Affari si fanno con i Grandi Lavori, e i Grandi Lavori si fanno sventrando il centro. I viali del Poggi erano stati un limite invalicabile fino ai giorni nostri. Fino alla genia Domenici – Renzi – Nardella, quest’ultimo gongolante nel farsi fotografare a pollici alzati sulle macerie di Piazza San Marco, il cuore della città ottocentesca che si rivolta adesso nei suoi sarcofaghi, e bestemmia e maledice questi arruffapopolo venuti a Firenze da ogni dove, a renderla irriconoscibile.
Mentre le spire del drago pidiota si estendono verso la parte sudovest di una città che in futuro assomiglierà a quelle metropoli o agglomerati urbani da cui provengono i suoi violentatori, la Città Metropolitana urla maledizioni non meno aspre all’indirizzo di un presidente che ha completamente abbandonato il suo territorio. Una bella fetta di Toscana, a ben vedere. La più popolosa, la più sofferente proprio per questa densità abitativa non supportata da sistemi di trasporto ed infrastrutture degni di questo nome.
L’Alto Mugello è sommerso dalla mota e semi-isolato come se fosse ancora la fine del maggio scorso. Le ordinanze del Metropolita di Torre del Greco aprono e chiudono strade ormai simili a viottoli motosi senza che alla cittadinanza ne sia dato preavviso. A Campi si chiedono intanto se la tramvia fosse davvero la necessità principale dell’hinterland fiorentino. E se quello stadio nuovo del calcio, così osteggiato dalla Città Metropolitana che avrebbe dovuto incentivarlo, non avrebbe rappresentato un’occasione unica per mettere mano a tante cose che nella Piana non vanno.
Addio Dario Nardella, ti sia lieve il ritorno a Torre del Greco. Resterai negli annali della città come quei signorotti tipo il Duca d’Atene, mai troppo presto messo in fuga da una città che quel suo 60% di consensi l’ha pagato assai caro.
Lascia un commento