26 luglio 1983. L’estate più torrida della storia, dicono. Di sicuro a memoria d’uomo. Quel giorno, i termometri fanno registrare temperature record in tutta Europa. Il record assoluto spetta, manco a dirlo, a Firenze. La città che i legionari di Giulio Cesare avevano costruito nel punto in cui la valle dell’Arno era racchiusa da tutti i lati da colline insormontabili, per le correnti d’aria come per gli eserciti di allora.
Il termometro ufficiale segna 42,6 C° quel giorno. I termometri privati delle civili abitazioni, o comunque a livello del suolo, fanno registrare temperature da Valle della Morte. Chi scrive può testimoniare di un 48 C°. Dopodiché semplicemente la gente smette di guardare i termometri, e quella notte va a dormire in vasca.
Da allora, a cadenza decennale la lunga estate calda si ripete con la sua caccia ai record ed ai luoghi dove almeno si respira. Da allora, l’umanità si divide puntualmente in due, tra coloro che possono fuggire verso i luoghi più freschi, al mare ed in montagna, e quanti invece sono costretti a rimanere in città. A sopravvivere a pomeriggi troppo azzurri e lunghi, con tanto sole come tanti anni fa, senza nemmeno più il treno dei desideri di cui cantava un giovanissimo Adriano Celentano nell’estate del 1968.
La canzone era di Paolo Conte, il cantante era il numero uno dell’epoca, l’ex ragazzo della Via Gluck, il capo del Clan che aveva accolto tra le sue fila l’avvocato astigiano che aveva scoperto di avere più talento per la musica che per il diritto. E che quell’estate spiegò una volta per tutte a tutti come si sopravviveva quando il cielo diventava troppo…..
Azzurro.
Lascia un commento