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Belfast, 2 aprile 1912

Il 2 aprile 1912 un transatlantico della classe Olympic appena varato lascia i cantieri Harland and Wolff di Belfast per dirigersi a Southampton, dove deve prendere servizio per la White Star Line, compagnia di navigazione britannica, e partire di lì a pochi giorni per il suo viaggio inaugurale sulla rotta oceanica per New York.

Il transatlantico della classe Olympic è il secondo del suo genere, dopo il prototipo omonimo varato due anni prima. Ne seguirà un altro, due anni dopo, battezzato orgogliosamente Britannic e varato ormai quando il mondo è in fiamme e i mari vengono solcati principalmente da rotte militari, e non più o non soltanto commerciali.

Ma è del secondo che ci interessa la storia, perché è una storia destinata a divenire leggenda. Tragica leggenda. La White Star Line l’ha commissionato ai cantieri Harland and Wolff di Belfast per riprendersi i record della marina mercantile, stabiliti dalla concorrenza quando ancora l’Atlantico è teatro di crociere e di migrazioni, e non di guerre sanguinose. La White Star è in competizione con la Cunard, che in quel momento detiene quei record possedendo la nave con la stazza maggiore, con la maggiore velocità di crociera ed il lusso più impressionante a bordo, tra quante compiono periodicamente la traversata dal Vecchio al Nuovo Mondo.

Anche le navi, come i loro passeggeri, hanno un kharma. La nave a cui la White Star vuole opporre la propria per toglierle il primato, il gioiello della Cunard Line, si chiama Lusitania. Il suo destino è già scritto. Saranno gli U-Boot del Kaiser a dargli compimento nella primavera del 1915, quando il transatlantico sarà ormai adibito a trasporto di rifornimenti statunitensi per la Gran Bretagna in guerra con la Germania, oltre che di passeggeri. L’affondamento del Lusitania avrà un ruolo determinante per scuotere gli U.S.A. e tirarli fuori dal loro storico isolazionismo, facendoli entrare nella Prima Guerra Mondiale.

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Ma questa è un’altra storia, e la storia principale – quella per cui la nostra nave misteriosa partita il 2 aprile 1912 da Belfast e diretta a Southampton e poi a New York era stata progettata – a quel punto è già stata scritta, tra i ghiacci del Mare Artico al largo di Terranova.

Non era vero che, come avrebbe cantato qualcuno molto tempo dopo, «la terza classe costava dolore e spavento». In realtà, valeva almeno la seconda di tutti gli altri piroscafi a giro per il mare a quel tempo. I suoi armatori non avevano badato a spese. Bruce Ismay, presidente della White Star Line, aveva commissionato a Lord William Pirrie, proprietario dei cantieri navali Harland e Wolff di Belfast, una vera e propria reggia galleggiante, dove potessero viaggiare a loro agio perfino i viaggiatori di classe economica. Come quei ragazzi che vinsero all’ultimo momento il biglietto d’imbarco alla lotteria e videro materializzarsi il loro sogno americano pochi minuti prima che la sirena della grande nave chiamasse tutti a bordo per la partenza.

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Commodoro Edward John Smith

Gli interni erano stati disegnati sul modello degli arredi del Palazzo di Versailles, e non importa dire altro. La White Star non si accontentava di vincere facile, togliendo alla rivale Cunard lo scettro di Signora degli Oceani. Voleva stravincere, e tra i premi i palio c’era quello che toccava a chi copriva la rotta dall’Inghilterra agli Stati Uniti nel minor tempo possibile, il leggendario Nastro Azzurro che valeva più di una corona regale se aggiunto allo stemma di una compagnia di navigazione.
La nave che stava per lasciare Southampton era carica di oltre 2.000 passeggeri, e quasi un migliaio di appartenenti all’equipaggio. Pesava oltre 59.000 tonnellate, anche la stazza era record. Nelle intenzioni dei proprietari e del comandante Edward John Smith – il cui nome per due terzi ricordava quello del comandante del primo storico viaggio inglese nel Nuovo Mondo, il John Smith di Jamestown, Virginia, che aveva incontrato la principessa indiana Pocahontas -, niente avrebbe dovuto e potuto fermarla, in quella corsa record verso una nuova leggenda marinara.
Per quel viaggio inaugurale, il jet set dell’epoca si era dato appuntamento a bordo, nessuno voleva mancare. Vi furono costretti con loro rammarico alcuni nomi illustri, come Benjamin Guggenheim, il cui fratello stava fondando la celebre galleria d’arte a New York, e Isidor Straus, proprietario di quei magazzini Macy’s che avrebbero presto inondato il mondo con i loro Black Fridays.
Il 10 aprile mattina, sul molo di Southampton, il mondo guardava attonito il nuovo gigante del mare che si accingeva a prenderne possesso. Senza dubitare che quella che stava cominciando sarebbe stata un’altra grande storia.

Lo sarebbe stata eccome. La più grande tragedia del mare di tutti i tempi.

Autore

Simone Borri

Simone Borri è nato a Firenze, è laureato in scienze politiche, indirizzo storico. Tra le sue passioni la Fiorentina, di cui è tifoso da sempre, la storia, la politica, la letteratura, il cinema.

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