Se è vero che le donne partono svantaggiate rispetto agli uomini per il solo fatto di nascere tali, è altrettanto vero che ci sono donne che paiono non accorgersene. E sono capaci di forgiare il loro destino terreno a prescindere dall’abito che la consuetudine sociale riserva loro. Donne che i pantaloni ce li hanno dentro, nell’anima, anche se in pubblico ci si aspetta che indossino le gonne.
Nelle vene di Bianca, secondogenita di Piero e di Lucrezia, il sangue dei Medici scorreva potente. Il figlio di Cosimo il Vecchio aveva penato per farsi accettare dal padre come degno erede, e da Firenze come capace signore. Handicappato dal male di famiglia, la gotta, aveva trovato tuttavia nella moglie, la rampolla Tornabuoni, una partner capace di assecondarlo da par suo nel governo della famiglia e della città.
A Firenze, essi seppero assicurare diversi anni di governo illuminato e moderato, malgrado il fatto di dover affrontare anche loro la consueta dose di congiure, come la generazione precedente e quella successiva. Alla famiglia, seppero assicurare ricchezza ed una discendenza degna di questo nome.
Dapprima ebbero tre femmine. Maria, bella quanto bastava perché Benozzo Gozzoli scegliesse le sue fattezze per l’angelo affrescato nel ritratto denominato la Madonna del Magnificat, conservato a Palazzo Medici Riccardi. Poi Nannina, che in realtà si chiamava Lucrezia, ma che tutti avevano ribattezzato così in memoria della bisnonna, Piccarda Bueri, moglie di Giovanni di Bicci, il fondatore della Banca Medici e padre di Cosimo il fondatore della loro signoria.
E tra le due lei, Bianca. A cui genitori illuminati, intuendone l’indole e l’intelletto, fornirono la stessa educazione umanistica e letteraria riservata agli eredi maschi, nati successivamente: Lorenzo, Giuliano ed il bastardo Giovanni (frutto, pare, di una precedente relazione del padre Piero).
Se la storia conosce Lorenzo come il più grande signore e mecenate della storia europea e forse di tutti i tempi, tanto da averlo consacrato come il Magnifico; se la storia conosce suo fratello Giuliano come un giovane nobile che aveva nel sangue la stessa predisposizione del fratello per la signoria illuminata e l’Umanesimo, a cui aggiungeva un estro romantico da cavaliere medioevale; la storia dovrebbe anche riconoscere alla loro sorella Bianca una statura intellettuale e morale almeno pari.
Se Lorenzo fu un personaggio a cui Firenze e tutto il Rinascimento hanno stentato – probabilmente senza riuscirvi – a trovare una figura di pari grandezza, Bianca fu l’unica capace di tenergli testa. Non si chiese chi portava i pantaloni in famiglia. Li indossò, a sua volta. E quando venne il momento, fu il Magnifico fratello a dover piegare la testa, per ben due volte, di fronte a lei.
Nel momento in cui prendeva piede l’ostilità tra la sua famiglia e quella rivale dei Pazzi, lei si innamorò di uno dei rampolli di quella casata avversa, Guglielmo. Pretese ed ottenne di sposarlo, costringendo la sua famiglia a tollerare la loro condizione di Giulietta e Romeo sui generis e la loro volontaria estraneità alle beghe pubbliche e private che opponevano l’uno all’altro i loro consanguinei.
I nodi vennero al pettine la domenica di Pasqua del 1478. Fu allora che lo zio Jacopo ed il fratello Francesco misero Guglielmo in una posizione difficile se non impossibile, scatenando quella che è passata alla storia come la Congiura dei Pazzi. Lorenzo e Giuliano presero posto nella cattedrale ignari del fatto che a quella funzione intervenivano come agnello sacrificale. Dietro di loro si sedettero Guglielmo e Bianca. Lei assolutamente ignara di ciò che stava per succedere ai fratelli, lui – pare – in situazione più ambigua. Qualcosa aveva saputo, o intuito. Non denunciò i parenti, non li assecondò o aiutò, ma non mosse di fatto un dito per salvare Giuliano.
Lorenzo, il sopravvissuto, quel giorno non fu Magnifico, ma terribile. Lasciò che il popolo eseguisse la vendetta in suo nome e per suo conto, appendendo alle finestre di Palazzo Vecchio i membri della famiglia Pazzi, uno dopo l’altro.
A Guglielmo, Lorenzo offrì salva la vita a condizione che partisse per l’esilio e non tornasse mai più. Non era chiaro nel suo intento che sorte dovessero seguire la moglie Bianca ed i loro figli (non pochi, alla fine ne avrebbero avuti 16). Ma fu sua sorella a togliergli ogni dubbio. E per la seconda volta, a piegare il suo volere, il volere del signore di Firenze. Lei disse, dove va mio marito, vado anch’io. E così fu.
Lo sceneggiato recentemente trasmesso dalla RAI ci restituisce il personaggio di una Bianca ormai vedova, che torna a Firenze in tempo per stringere la mano al fratello in punto di morte. In realtà, quando Lorenzo chiuse gli occhi per l’ultima volta, Bianca lo aveva già fatto da quattro anni.
Se lo fosse meritato o meno, suo marito Guglielmo le sopravvisse per 28 anni, fino al 1516. Quando i Medici furono scacciati da Firenze, la Repubblica restaurata si avvalse dei servigi di Guglielmo dei Pazzi, riammettendo la sua famiglia in città.
Chissà se nei suoi ultimi giorni l’ultimo dei Pazzi si rese conto che tutto ciò che aveva avuto e vissuto dopo quella maledetta domenica di aprile del 1478, lo doveva soltanto all’amore di sua moglie Bianca. L’unica, donna o uomo che fosse, ad aver tenuto testa a Lorenzo il Magnifico.
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