Animali

Cat people

E’ di nuovo festa per il gatto. Che poi al gatto, animale sovrano per eccellenza, non potrebbe importare di meno di queste celebrazioni con cui gli umani si scaricano la coscienza.

Proprio così, dall’alba dei tempi teniamo accanto a noi questi felini poco cresciuti e apparentemente molto addomesticati facendo finta in molti casi che siano nostri animali di affezione. In realtà temendoli, di una nostra paura tutta ancestrale. Il gatto è una serie di cose che ci affascinano e ci terrorizzano insieme, perché provengono dalle nostre profondità. Soprattutto, è la capacità di essere insieme animali ferini e soggetti civilizzati (in apparenza). E’ sensualità del tipo più animale che ci sia, e nello stesso tempo affettività, sì, ma condizionata.

Il gatto, dice qualcuno, è l’unico animale che non è stato creato da Dio, ma dal Diavolo. Per stare dietro e nello stesso tempo emendarci, liberarci da tutta una serie di flosofie, superstizioni, false credenze scientifiche che come spesso succede nelle cose umane confinano direttamente con la sciocchezza, alla fine del circolo vizioso del nostro pensiero, abbiamo istituito giornate mondiali celebrative di un animale che è già il padrone del mondo, anche senza le nostre celebrazioni.

Guarda caso, però, il giorno scelto è sempre il 17, che nella nostra cultura è associato al negativo, alla sfortuna, al malocchio. Tutto intenzionalmente scientifico e/o scaramantico, per carità. Ma chissà che miagolate di risate si farebbero i nostri amici se capissero in cosa consiste la loro festa. 17 febbraio, festa di tutti i gatti. 17 novembre, festa del gatto nero. Pochi giorni dopo Halloween, l’umanità chiede scusa della propria bestialità a quelle creature che una volta (non troppo lontana….) associava direttamente a Satana e perseguitava. Se ci si pensa bene, la forma di razzismo più imbecille che l’umanità abbia mai prodotto.

Corde profonde che vibrano, se toccate, nel nostro animo. Come quelle evocate magistralmente dal film che nel 1982 Paul Schrader dedicò ad un felino un po’ più cresciuto, ma stretto parente del gatto nero. Il bacio della pantera era una storia gotica ambientata nei nostri giorni. La pantera era (nei suoi momenti umani) una splendida Nastassja Kinski, che ritornava allo stato felino solo dopo aver consumato rapporti incestuosi con il fratello, un altro attore cult dell’epoca, Malcolm McDowell, il Jack Nicholson inglese.

Come si vede, il campionario c’é tutto. La pantera é femmina, diabolica, lussuriosa, ferina, selvaggia al di sotto di una patina sottile di civiltà. Il film di Paul Schrader era veramente ben fatto nel suo genere, e si avvaleva tra l’altro di quel tocco in più dato come sempre da una colonna sonora di gran classe. Schrader commissionò direttamente la canzone principale a una delle più grandi rockstar dell’epoca, David Bowie. Il quale fece una cosa molto intelligente, adattando il proprio testo alla musica già predisposta da uno dei più grandi compositori dell’epoca: Giorgio Moroder.

Ne venne fuori quella hit che esplode sulle scene finali, assieme all’ultimo ruggito della pantera Kinski. Grande musica, grande cinema, grande storia.

Dedicata ai nostri amici alla fin fine più sinceri, perché non assecondano nessuna delle nostre debolezze e delle nostre idiozie umane.

Autore

Simone Borri

Simone Borri è nato a Firenze, è laureato in scienze politiche, indirizzo storico. Tra le sue passioni la Fiorentina, di cui è tifoso da sempre, la storia, la politica, la letteratura, il cinema.

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