Musica

Congratulations

Li riconoscete? Da sinistra verso destra....non c'é bisogno di didascalia.

Li riconoscete? Da sinistra verso destra….non c’é bisogno di didascalia.

Erano cose che eravamo abituati a veder fare soltanto ai supereroi della Marvel. Il mitico Thor, Iron Man, Capitan America, Ant Man e Wasp che si uniscono per dare vita ai Vendicatori. La squadra invincibile al servizio del bene, contro tutto il male che può affliggere l’umanità.

Negli anni ottanta, i nostri supereroi si chiamavano, tra gli altri, Bob Dylan, George Harrison, Tom Petty, Roy Orbison (sì, proprio lui, quello di Pretty Woman), Jeff Lynne. Combattevano le afflizioni dell’umanità a suon di rock’n’roll. Le loro armi erano la chitarra elettrica, le percussioni e tutti gli strumenti musicali che potevano essere portati su un palco. Come quelli su cui da decenni – a partire dal 1951, anno in cui il DJ Alan Freed aveva parlato per la prima volta di rock per definire il nuovo genere musicale che stava nascendo dalla fusione del rythm’n’blues e della musica country – i nostri eroi avevano combattuto le loro battaglie e costruito le loro fortune.

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Singoli o in formazione (Petty era il leader degli Heartbreakers, Lynne della Electric Light Orchestra, Harrison era un superstite dei più grandi di sempre, i Beatles, Orbison e Dylan sembravano invece degli scapoli impenitenti, anche se quest’ultimo si era spesso concesso scappatelle sonore con partners occasionali come Joan Baez), gli eroi del rock avevano accompagnato le nostre esistenze fino alla maturità inoltrata in splendida, iconica e dorata solitudine, con noi invariabilmente imperterriti sotto il palco ad applaudire e andare in estasi malgrado gli anni cominciassero a passare in modo consistente e gli acciacchi a farsi sentire in modo inequivocabile.

Di adunanze di supereroi ne avevamo viste poche, dopo Woodstock. Praticamente un paio, Band Aid e U.S.A. for Africa, episodiche e finalizzate alla raccolta fondi a beneficio di zone del mondo dove la fame la faceva da padrona e la musica e lo stile di vita occidentale non penetravano.

Ma alla fine degli anni ottanta, qualcosa successe. Come Don Blake era capitato per caso nella caverna norvegese dove giaceva abbandonato il bastone che sbattuto in terra poteva trasformare un comune mortale (perdipiù, nel caso suo, storpio) nel mitico Dio del Tuono, successe che a Santa Monica, California, U.S.A. George Harrison si recasse da Tom Petty a recuperare la sua Fender Stratocaster per poi raggiungere Bob Dylan e registrare con lui un brano. Da lì a proporgli di aggiungersi al gruppo, e di fare altrettanto con Roy Orbison e Jeff Lynne che transitavano nei paraggi, il passo fu breve. O così almeno vuole la leggenda.

La chitarra Fender Stratocaster usata dai Traveling Wilburys.

La chitarra Fender Stratocaster usata dai Traveling Wilburys.

Il risultato fu Handle with care, un pezzo talmente ben riuscito da invogliare i cinque a tirarne fuori qualcosa di più, di sensazionale. I Traveling Wilburys nacquero così, tra il serio ed il faceto. Il nome al gruppo lo dette in pratica George Harrison. Chiestogli da Lynne come avrebbero fatto ad eliminare alcuni errori e difetti di registrazione, Harrison rispose: «We’ll bury ‘em in the mix.» (Li seppelliremo in fase di missaggio). Risposta che fece epoca, Wilburys rimase un mantra ripetuto ad ogni errore, a cui si aggiunse un Traveling reso d’obbligo dai frequenti impegni dei singoli, in primis Bob Dylan, che costringevano le sessions a continue interruzioni.

Alla fine il gruppo si ritrovò per le mani un LP, che fu pubblicato alla fine dell’88 con l’accorgimento di mantenere segreta la verà identità dei componenti del gruppo. Ma gli aficionados avevano l’orecchio fino e il segreto diventò di Pulcinella di lì a poco. Era difficile, del resto, non riconoscere la voce di un Dylan, di un Harrison o di uno Orbison. Il quale era destinato a non sopravvivere alla finalizzazione dell’estemporaneo progetto, l’LP denominato Traveling Wilburys Vol. 1. Poche settimane dopo il suo cuore lo abbandonò, e tolse gran parte dell’entusiasmo ai superstiti.

Dei quali al giorno d’oggi restano in vita soltanto Lynne e Dylan. Harrison e Petty sono andati nel frattempo a raggiungere Orbison, e chissà che lassù non stiano registrando quel volume 2 che in questa vita non hanno fatto in tempo ad elargirci. Oddio, per la verità c’é un volume 3, e ci sono alcuni bootleg….

Avevano una gran voglia di scherzare, i nostri supereroi.

Congratulations.

Autore

Simone Borri

Simone Borri è nato a Firenze, è laureato in scienze politiche, indirizzo storico. Tra le sue passioni la Fiorentina, di cui è tifoso da sempre, la storia, la politica, la letteratura, il cinema.

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