Politica

Contrordine compagni!

Qualcosa è cambiato, e non è il titolo di un film di successo, anche se le facce che girano per i telegiornali continuano ad essere ancor meno rassicuranti di quella di Jack Nicholson.

Il partito di sgoverno PD + Alfano trattiene vistosamente le briglie di quelli che aveva scatenato come poderosi cavalli di battaglia,  consapevole ormai che lo stavano portando ad una fine certa – e non altrettanto gloriosa – di quella della Carica dei Seicento.

Lo Jus Soli è rimandato a settembre, come uno scolaro asino. Gli asini siedono per la verità sui banchi della maggioranza, ma ormai da essi si leva e si ode soltanto la voce della sig.ra Boldrini – accattivante come il rumore delle unghie di un gatto che scorrono su una lavagna – che si rammarica apertamente del rinvio. Tutti gli altri, che lo ammettano o no, hanno capito che sulla questione rischiano il bis del referendum costituzionale, e questa volta senza poter dare la colpa al solo Renzi.

I vaccini obbligatori avanzano a fatica, come i soldati nel fango di una trincea della prima guerra mondiale. Un passo avanti e due indietro, una drole de guerre combattuta da parolai, fanatici ed interessati, il trattamento sanitario più obbligatorio e incostituzionale della storia d’Italia comincia a mostrarsi per quello che è: antiscientifico, ora che studi e articoli prodotti dalle maggiori autorità sanitarie e scientifiche mondiali cominciano a farsi strada sui mass media e nei social network superando strepiti ed anatemi di informatori sanitari spacciati per giornalisti ed opinionisti e di scienziate improbabili come la ministra Lorenzin. L’ostruzione parlamentare degli antivaccinisti (o per meglio dire dei contrari ai vaccini di prepotenza) viene subita forse con piacere da una maggioranza ormai consapevole di addentrarsi sempre più in pericolosissime sabbie mobili. Al punto da far assurgere un personaggio come Scilipoti ad eroe della resistenza costituzionale.

Poi c’è la questione generale dei migranti. Che fa rima con #avanti, lo slogan hashtag con cui Matteo Renzi ha battezzato quella che secondo lui dovrebbe essere la riscossa sua e di ciò che resta del suo partito. Qui, per quanto la gente cominci a mostrare di avere le scatole piene, le marce indietro sono più complicate, anche perché gli armatori degli scafi a bordo dei quali viene traghettata la nostra dose quotidiana di buonismo e di disastro economico prossimo venturo sono probabilmente persone assai meno raccomandabili e ragionevoli di quelle che si trovano nelle aule parlamentari o tra la gente comune.

Da un lato l’Europa ci sta dicendo basta, in tutte le lingue parlate sul continente. L’Austria minaccia i soldati al Brennero, mentre i furbetti del permessino tentano di addossare alla UE un cataclisma sociale la cui responsabilità per una volta è interamente ed esclusivamente italiana, cioè dell’unico paese che nell’ambito comunitario ha rinunciato totalmente alla propria sovranità. Dall’altro, ci dobbiamo sorbire l’omelia quotidiana non solo di un Pontefice che come un critico d’arte propone la sua personale versione figurativa della sofferenza di Cristo, ma anche di un Presidente della Repubblica che in quanto a retorica fa rimpiangere persino Napolitano, e di altre cariche da undici dello Stato con tutto il codazzo di parlanti in quanto aventi bocca.

In mezzo e al di sopra di tutto ciò si consuma la parabola umana di Matteo Renzi. Un anno fa di questi tempi lider maximo, enfant prodige ed ultima e migliore speranza della sinistra, adesso oggetto di dibattiti a tema nei salotti buoni e nelle spiagge della sinistra stessa: come mai tutti lo odiano così tanto?

La risposta è semplice. Il popolo italiano, da sempre, odia soprattutto se stesso. Si autodisprezza, al punto di gettarsi regolarmente e poco dignitosamente tra le braccia di chi gli promette grandi e piccoli successi, vantaggi, avanzamenti personali, prebende. E tra i tanti crimini che una magistratura sempre più stralunata (già libero l’accoltellatore del poliziotto a Milano, il GIP ha derubricato da tentato omicidio a resistenza a pubblico ufficiale, c’è da chiedersi se adesso il poliziotto stesso sarà indagato per danneggiamento di un utensile di proprietà del resistente, il coltello) e forze dell’ordine sempre più decimate non possono o non vogliono più perseguire, ce n’è uno che il popolo italiano non perdona assolutamente: il fallimento.

Il PD deve inventarsi qualcos’altro di funambolico di qui alle prossime elezioni. O non prenderà nemmeno i voti di parenti e affini.

Autore

Simone Borri

Simone Borri è nato a Firenze, è laureato in scienze politiche, indirizzo storico. Tra le sue passioni la Fiorentina, di cui è tifoso da sempre, la storia, la politica, la letteratura, il cinema.

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