Quando la Fiorentina parte per Udine, il 3 marzo 2018, giocatori e tifosi sono tra color che son sospesi. La partita del giorno dopo è di quelle determinanti, contro l’Udinese che è una tradizionale bestia nera dei viola. I quali devono fare risultato o andare incontro ad un amaro destino.
Il destino in realtà è in agguato in una maniera che nessuno può ancora immaginare. Quella partita, il giorno dopo, è destinata a non essere giocata. Nella notte udinese è successo qualcosa, e il mondo – non soltanto quello viola – non sarà più lo stesso.
A colazione, la mattina del 4, scendono tutti meno uno. Il capitano, Davide Astori – che ha ereditato gradi e leadership da Gonzalo Rodriguez e che è stato fino a quel momento una delle poche certezze di quella Fiorentina bruscamente ridimensionata dai suoi padroni prima ancora che dal campo – non si vede. L’ultimo a dargli la buonanotte è stato Marco Sportiello, senza immaginare di essere stato anche l’ultimo ad averlo visto vivo. Nella camera di Astori c’é un corpo esanime. Il capitano non c’é più.
Il tempo di giocare per la Fiorentina è finito. Firenze è nel dramma, e tutto passa in second’ordine. Risultati, polemiche, contestazioni non contano più. C’é una maglia da onorare, la numero 13, c’é un compagno da ricordare, un campionato da terminare onorevolmente. Come avrebbe voluto lui.
La partita con l’Udinese viene recuperata un mese dopo, quando già le esequie a Davide hanno dato un senso al cosiddetto lutto cittadino come poche altre volte si è visto nella storia non solo sportiva di Firenze.
Tra le tante cose che non sapremo mai, che la tragedia di Davide Astori ha lasciato senza risposta, c’é questa: quale sarebbe stato il risultato di quel 4 marzo. Il 3 aprile, quando si recupera, è un 2-0 (Veretout, Simeone) per la Fiorentina che addirittura costituisce il quarto successo consecutivo della squadra dopo la tragedia. I ragazzi orfani del capitano giocano, segnano, vincono, e si mettono sull’attenti rivolti al cielo.
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