Musica

Desert rose

Non abbiamo mai avuto particolare stima di Gordon Matthew Thomas Sumner, in arte Sting. L’abbiamo sempre considerato un gran furbone, capace di scegliersi i testi più accattivanti così come le cause moralmente e politicamente più corrette.

Archiviata la sua parentesi più genuina, quella dei Police, il solista Sting si è sempre barcamenato con i leit motiv del momento, dall’Amazzonia al disarmo nucleare (celebre la sua Russians che riuscì a scontentare tutti, ad ovest come ad est), riuscendo a passare per un filosofo quando era più che altro un esteta, ed anche discutibile.

Sting e Cheb Mani

Come talento musicale, no discussion, nulla quaestio. E’ il caso di questa Desert Rose, che nel gennaio 2000 ci sorprese, coniugando splendida musica e le altrettanto splendide voci di Sting e del collega pari grado algerino Cheb Mami ad un qualcosa che sembrava provenire dalle profondità delle nostre radici, in cerca di estrema sintesi tra occidente ed oriente, tra cristianesimo ed islamismo, tra cultura europea ed araba.

Nel melting pot improbabile che sta a monte di questo brano del giorno, pare ci fosse stata anche una relazione con il Dune di Frank Herbert, capolavoro della fantascienza portato sul grande schermo nel 1984 da David Lynch. In esso, Sting interpretava la parte di un supercattivo, e chissà perché ci risultava più convincente della rockstar. Meravigliosamente odioso come l’Asso di Quadrophenia, ricordate?

Il cattivo di Dune

Il cattivo di Dune

La canzone è stupenda, anche senza la motivazione addotta da Sting in una sua intervista alla CNN: «incentrata su un desiderio….romantico, filosofico desiderio». Di cosa, Sting? Si erano sbattute menti più eccelse e motivata della tua sullo scontro di civiltà tra est ed ovest del mondo. E del resto era questione più complessa e destinata a deflagrare di nuovo e presto, come dimostra non tanto il video prodotto sulla tua canzone quanto le immagini dell’11 settembre dell’anno successivo alla sua uscita sul mercato.

DeertRose191127-002La canzone è stupenda, lo ripetamo. Il video sembra né più e né meno uno spot della Jaguar, quale poi diventò di lì a poco sui nostri schermi televisivi. Perché una cosa è certa, Sting sa scegliersi i pezzi e le cause, ma gli agenti se li sa scegliere anche meglio, e quello suo dell’epoca – Miles Coppeland – fece bingo proponendogli il contratto con la Jaguar.

Peccato. Non per la canzone, ma per l’uomo. Ma del resto, se la storia dell’arte fosse piena di uomini all’altezza dei doni ricevuti da Madre Natura, sarebbe la storia della filosofia. Sogni d’oro, Sting, sulla tua Jaguar che attraversa senza scopo il deserto del Mojave. Mentre tu dormi, il tuo conto corrente non corre rischi.

Autore

Simone Borri

Simone Borri è nato a Firenze, è laureato in scienze politiche, indirizzo storico. Tra le sue passioni la Fiorentina, di cui è tifoso da sempre, la storia, la politica, la letteratura, il cinema.

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