Sale lo spread, fibrillano i mercati. Ogni volta che qualche accenno di cambiamento si affaccia sulla scena della politica italiana, è sempre lo stesso film visto e rivisto. L’Europa che chiede è ormai una matrigna a cui siamo abituati, sia coloro (una maggioranza in aumento, stando ai dati del 4 marzo scorso) che la detestano cordialmente, sia coloro che per interesse o appartenenza vanno a nascondersi tutt’ora tra le sue ampie gonne.
Ormai è un dolcetto o scherzetto che non funziona più. I difensori dello status quo sono costretti – per riuscire ancora a spaventare qualcuno – a deporre il fioretto e a brandire la clava, ricorrendo a immagini brutali come quella del Financial Times che nei giorni scorsi ha parlato dell’asse Salvini – Di Maio come dei nuovi barbari in arrivo in Italia. I critici del sistema acquisiscono ogni giorno nuovi adepti, mentre i vecchi arricchiscono le proprie argomentazioni con temi e discorsi impensabili, o inesprimibili, fino a poco tempo fa.
Così, fa scalpore – in senso buono almeno a parere di chi scrive – un Alessandro Di Battista che commentando la nuova impennata dello spread a seguito dell’annuncio della redazione della bozza di contratto di governo (che uno stizzito Mattarella dovrà visionare a breve, volente o nolente) ha parlato di ripetersi di una «congiura dei mercati” (i «potenti senza volto») per abbattere un’altra volta un governo italiano democraticamente eletto (con evidente riferimento alla precedente, quella del governo Berlusconi nel 2011) e dell’Italia come di una «repubblica fondata sul ricatto politico».
Per l’ex parlamentare grillino, Berlusconi era e resta «il male assoluto del nostro paese», ma è altrettanto vero che il suo governo fu buttato giù sette anni fa da manovre finanziarie facenti capo alle borse ed alle lobbies affaristiche europee (con l’appoggio di referenti istituzionali interni italiani). E che altrettanto gli stessi soggetti avrebbero in animo di fare adesso con il nascente governo Di Maio – Salvini. «A quanto pare i “fantomatici” mercati sono tornati a farsi sentire» .
L’onestà intellettuale di Di Battista fa specie in un paese la cui classe politica (non esclusa quella grillina che peraltro di fatto non batté ciglio alla rielezione di Giorgio Napolitano nel 2013) è costituita perlopiù di sepolcri imbiancati che non si tolgono di dosso la biacca nemmeno quando sono in procinto di fare una rivoluzione. «Pensate alla patria, non allo spread. Siate patrioti! Siete rappresentanti del Popolo italiano e non emissari del capitalismo finanziario» – prosegue Di Battista –. «Avete il dovere di ascoltare le grida di dolore dei cittadini e non le velate minacce dei congiurati dello spread terrorizzati dall’ipotesi di un governo che torni ad occuparsi dei diritti economici e sociali degli italiani (proprio quei diritti smantellati dalla sedicente sinistra). Ascoltate quel che si dice nei bar, nei mercati (quelli rionali), negli uffici dei piccoli imprenditori, nelle Università o in fila dal medico di base, non quello che esce da qualche consiglio di amministrazione di una banca d’affari».
C’é poco da aggiungere. Semmai molto da rievocare, per memoria storica e per utilità attuale. La storia del putsch dell’autunno 2011, della nomina del governo del presidente, anzi, dei presidenti (italiano nella persona di Giorgio Napolitano, francese nella persona di Nicolas Sarkozy e tedesco nella persona di Angela Merkel) e dei sacrifici sanguinosi chiesti al paese senza che questo avesse reale possibilità di scelta, la storia dei sette anni appena trascorsi e di tutti gli attentati alla costituzione e più in senso lato alla nostra democrazia commessi anche da chi doveva difenderla, quella storia la conoscono tutti, ma sono pochi ancora coloro che hanno coraggio e voglia di raccontarla ad alta voce. E non solo per paura della polizia postale di Franco Gabrielli.
In attesa del prossimo round, ve la raccontiamo noi in altra parte del giornale, ripubblicando un articolo di quattro anni fa: Intrigo internazionale: abbattete Silvio Berlusconi!
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