Politica

Dove eravamo rimasti?

A sentire Beppe Grillo, il Movimento Cinque Stelle è in crescita lenta ma costante. Già soltanto questo, assieme alla quinta rielezione di Leoluca Orlando a Palermo, a dare l’idea di come in Italia tutto cambia perché nulla cambi, come diceva in tempi non sospetti (e ancora non aveva visto nulla) Giuseppe Tomasi di Lampedusa. Ironia della sorte, proprio nell’isola da cui traeva origine il titolo nobiliare del celebre autore del Gattopardo si è verificato l’unico cambiamento degno di nota di questa tornata di elezioni amministrative.

Giusy Nicolini, il sindaco ONG, il buonismo e l’accoglienza indiscriminati fatti persona e applicati alla pubblica amministrazione, ha perso clamorosamente. Al suo posto, nell’isola da cui trae origine adesso l’invasione dell’Italia e dell’Europa e che ne è diventata la porta principale per i migranti a qualsiasi titolo, subentra Salvatore Martello detto Totò. Anch’egli di area PD, ma che promette manica meno larga.

Per il resto, tornata elettorale assolutamente nella norma, così come quelle britannica e francese che l’hanno preceduta. Ciò che non è più nella norma è il sistema dei mass media, che non riesce più ad azzeccarne una. Né prima, nei sondaggi, né dopo, nei commenti.

I mass media sono le vittime principali di questo mutamento epocale in corso, che non riescono più nemmeno a raccontare. Almeno nel senso della funzione/pretesa di porsi come baluardo della libertà e della democrazia.

I media odierni sembrano sempre più orientati verso l’assolvimento di una funzione di organi di partito/dispacciatori di veline. Ti raccontano la verità che tu sei già disposto o che qualcuno vuole che tu ti disponga a sentire. Ti sommergono di sondaggi attendibili quanto le quotazioni delle scommesse sui cavalli prima delle corse, per poi gridare regolarmente al risultato clamoroso quando si va a votare.

Così, Theresa May subisce in Inghilterra una débacle ed i newspapers non solo italiani gridano alla fine della Brexit. A ben vedere, la signora May ha perso solo 12 seggi, mantenendo ai Tories la maggioranza relativa che consente a Sua Maestà la regina di conferirle il reincarico di governo già la sera seguente al voto. Risultato, l’Inghilterra in tre giorni ha il nuovo esecutivo, e va avanti sulla strada della Brexit più convinta di prima.

Oltremanica, Emmanuel Macron travolge tutto e tutti trionfando alle politiche dopo averlo fatto alle presidenziali. Oltre 400 seggi all’Assemblée Nationale ed al Senato, come mai nessuno prima. A ben vedere, quasi un elettore su due non è andato a votare, cosicché Macron ha la maggioranza assoluta di quelli che già votavano Macron. Gli altri, o non vogliono o hanno paura a votare Le Pen. La Francia benestante vuole restare in un’Europa da cui guadagna, l’altra non sa bene dove andare, ma di sicuro non fischietta l’Ode alla gioia di Beethoven. Resta muta, in disparte.

Le amministrative italiane si concludono al primo turno con la sconfitta dei Cinque Stelle, che non entrano in nessun ballottaggio, e con la riproposizione di vecchi arnesi come Leoluca orlando, sopravvissuto a tre repubbliche e ai molti veleni siciliani, o come Matteo Renzi, che festeggia la consegna della natìa Rignano sull’Arno alla lista civica di Lorenzini, con buona pace sua e di papà Tiziano.

M5S e PD festeggiano comunque la sostanziale tenuta, come partiti del pentapartito nella prima repubblica. Perché nulla cambi. I grillini si pongono sempre più come alternativa in carta carbone ad un partito, quello democratico, di cui ricalcano comportamenti, politiche e soprattutto arroganza, ma rispetto al quale vantano molta meno esperienza e radicamento sul territorio. Oltre a Grillo, fanno scuola la Raggi ed il suo welfare state a beneficio di tutti i cittadini romani, meno che di quelli italiani. Dopo appena un anno, la luna di miele è abbondantemente finita.

Detto questo, non si doveva omettere di tener conto del fatto che la legge elettorale vigente per le amministrative è maggioritaria con doppio turno di ballottaggio, e che quindi non favorisce un partito che, a prescindere dal proprio peso specifico, nutre una forte idiosincrasia per alleanze e coalizioni. Al netto del fatto che forse il suo leader era più bravo a pubblicizzare derivati del latte che non a spendersi in politica, la consultazione andata in archivio domenica non rende giustizia ai Cinque Stelle più di quanta ne renda alla stampa che si è affrettata a scriverne il necrologio.

Prova ne sia, anche grazie ai Cinque Stelle la legge elettorale nazionale tutt’ora in discussione in parlamento è soggetta a pericolose derive proporzionali da cui ritenevamo di esserci messi in sicurezza una volta per tutte nel 1993, con quel referendum popolare che poi si incaricò di disattendere l’attuale capo dello stato, con quell’aborto giuridico-democratico che è andato sotto il nome di Mattarellum. E successive modificazioni e ulteriori peggioramenti.

Torneremo a votare anche noi italiani, prima o poi. Se non saremo troppo esausti, come dice Bersani, faremo sentire la nostra voce. Nel frattempo, assisteremo ad altre votazioni da parte di paesi limitrofi, in primis la Germania della kaiserin Merkel.

Il problema, oltre alla legge elettorale ed al contesto più o meno forzatamente europeista, sarà anche quello dei mass media con i quali affronteremo questi eventi che rischiano di essere epocali. Che storia vorranno e sapranno raccontarci.

Del resto, il mal comune non è mai mezzo gaudio, è solo male più diffuso. Vedere i gloriosi New York Times e Washington Post ridotti a uffici stampa del Partito Democratico del loro paese ci fa stringere il cuore, e ci lascia ancora meno speranza per un futuro di libertà.

Autore

Simone Borri

Simone Borri è nato a Firenze, è laureato in scienze politiche, indirizzo storico. Tra le sue passioni la Fiorentina, di cui è tifoso da sempre, la storia, la politica, la letteratura, il cinema.

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