Musica

El Pueblo Unido Jamas Sera Vencido

Estate 1975, Piazza della Signoria, Firenze. Concerto che riempie la piazza, come e più di una manifestazione politica. Alla fine di un brano mi chino a legarmi una scarpa, e d’improvviso sento l’aria fermarsi, ogni suono cessare, tutto quanto attorno a me andare come in sospensione.

Mi rialzo, e resto di stucco. Tutti, dico tutti nella piazza hanno il braccio sinistro teso ed il pugno chiuso. Nessuno fiata. E’ un momento particolare, e d’improvviso so cosa sta per succedere. Non sono mai stato comunista e non lo sarò mai in questa e nelle prossime vite, ma se dicessi che in quel momento non mi sono sentito emozionato, avvinto da qualcosa, partecipe di quel momento, direi una bugia.

Attaccano le prime note, e le mie previsioni si confermano. E’ la canzone delle canzoni, quella che in quei giorni cantano tutti, comunisti e non. Quella che simboleggia più di ogni altra in quel momento la nostra epoca.

Loro sono il gruppo che va per la maggiore. Scampati per miracolo ad un destino atroce, perché nei giorni in cui nel loro paese si scatena un feroce colpo di stato loro sono in tournèe qui in Italia. E vi resteranno per i successivi 18 anni, scrivendo la storia della musica e anche un pezzo di storia politica.

Sono stati fortunati. Victor Jara, Pablo Neruda ed altri non hanno avuto altrettanta fortuna. Isabel Allende, parente del presidente deposto ed assassinato, riuscirà ad espatriare soltanto tempo dopo dal suo paese ormai sotto il tallone di ferro di un governo militare tra i più brutali della storia.

Loro invece sono stati benedetti dal sole delle Ande. Quel sole della montagna Illimani che li ha battezzati e spediti in giro per il mondo a portare e far conoscere la Nueva Cancion Chilena, insieme al nuovo Cile di Unidad Popular ed al sogno di vedere finalmente in Sudamerica l’affermazione di un regime di libertà, eguaglianza, sviluppo.

Max Berrú Carrion, José Miguel Camus Vargas, Jorge Coulón Larrañaga, Horacio Duran Vidal, Horacio Salinas Alvarez, José Seves Sepulveda, Inti-Illimani sono nomi che conoscevamo a memoria, all’epoca. Tutti avevamo in casa i loro dischi, il primo intitolato Viva Chile, inciso alla vigilia del golpe di Pinochet, ed il secondo: La Nueva Cancion Chilena, appunto. Tutti imparavamo lo spagnolo dalle loro canzoni, sentendoci improvvisamente vicini a quei pueblos andinos che fino ad allora avevamo conosciuto soltanto sulle pagine di Edmondo De Amicis e di Jules Verne.

E dunque, quel giorno del 1975, quel pugno chiuso e alzato fu un gesto istintivo per tutti i presenti. Di qualunque colore fossimo, credevamo davvero che un popolo unito non sarebbe mai stato vinto.

Autore

Simone Borri

Simone Borri è nato a Firenze, è laureato in scienze politiche, indirizzo storico. Tra le sue passioni la Fiorentina, di cui è tifoso da sempre, la storia, la politica, la letteratura, il cinema.

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