Nel giorno che è uno degli anniversari di Steve Jobs e degli altri temerari delle macchine calcolanti, il brano che ci viene in mente è quello che accompagnava un film di qualche anno fa. Electric dreams, 1984, commedia brillante dai risvolti piacevolmente fantascientifici e sottilmente inquietanti per la regia di Steve Barron, irlandese trapiantato in America e fino a quel momento regista di video musicali.
Il film narrava di un triangolo amoroso. Lei, lui e….. il computer. La presa di coscienza e la rivolta della macchina contro l’uomo sono temi ricorrenti per la fantascienza. Sono passati 36 anni e se le macchine non si sono peraltro ancora rivoltate contro di noi come ci aspettavamo (il 1984 è anche l’anno del primo Terminator di James Cameron) c’é da pensare che si siano messe ad aspettare che ci eliminiamo da soli, come a volte sembra che siamo sulla buona strada per fare.
Scritta da Giorgio Moroder, all’epoca uno dei nostri artisti da esportazione, ecco a voi Sogni elettrici. Non proprio come quelli di Philip K. Dick, qui è assicurato il lieto fine.
Lascia un commento