Nelle ultime settimane parlare di calcio giocato è diventato molto difficile, dato il momento complicato e particolare che sta vivendo la squadra del capoluogo toscano. La tifoseria ormai in contestazione con la proprietà continua nelle iniziative che evidenziano la totale rottura. La Curva Fiesole chiama a raccolta i tifosi per un flash mob di protesta pacifica davanti allo store Tod’s nel pomeriggio prima dell’anticipo della gara del sabato.
In settimana anche l’Accvc (Associazione Coordinamento Viola Club), componente moderata del tifo, prende posizione e decide per la rimozione di tutti gli striscioni allo stadio. In questo clima già agitato, la mattina della gara Firenze si sveglia con una lettera del patron Diego Della Valle, affidata al giornale La Nazione, con messaggi traversali verso il tifo, la città e le istituzioni, e nello stesso tempo rimandando tutte le decisioni a un minuto dopo la fine del campionato. Nessun accenno ad un triennio di fallimenti sportivi e tecnici, nessuna autocritica o prospettiva per il futuro, con il solo risultato di inasprire gli animi e dividere una città con uno strappo ancora più netto, senza nessuna possibilità di dialogo.
Per la cronaca il flash mob in una nota strada del centro a Firenze, ha visto quasi mille tifosi in una dimostrazione pacifica, breve e intensa, circa dieci minuti. Un cordone umano, nello stile fiorentino, tra cori, magliette con le facce dei Della Valle e la scritta AnDateVene, cartelli ironici (meglio scalzi che con le Hogan). In un sabato reso particolare da situazioni extra calcistiche, decade il cinquantesimo anniversario dello storico secondo scudetto viola, 11 maggio 1969, di una giovane Fiorentina, detta ye’-ye’: i ragazzi di Pesaola, da Chiarugi e Maraschi, marcatori al Comunale di Torino contro la Juventus nella partita decisiva, a Superchi, De Sisti, Merlo, Ferrante, Rogora, Esposito, Amarildo, Brizi, Mancin, e Pirovano faro dello spogliatoio, che hanno reso indimenticabile quel tricolore da mezzo secolo. Il Franchi prima della gara tributa ai presenti un lungo applauso, anche se i Campioni di allora avrebbero meritato ben altri festeggiamenti.
A tre giornate dalla fine del campionato, la Fiorentina in un clima teso e complicato tra proteste, polemiche e dubbi, amarcord e celebrazioni, con la Curva Fiesole vuota per i primi 45 minuti, affronta il Milan non solo per ottenere punti per la matematica salvezza ma anche solo per l’orgoglio (citato da Montella nel pre-gara ). Al Franchi ancora un trend positivo con 33.520 spettatori, esaurito il settore ospiti. La formazione parte con il modulo del 4-3-3, Lafont, Laurini, Milenkovic, Vitor Hugo, Biraghi, Benassi, Edimilson, Dabo, Mirallas, Muriel, Chiesa.
Primi minuti di studio con un tiro di Muriel, dalla parte opposta Suso viene fermato dal portiere Lafont. Alla mezz’ora vantaggio degli ospiti con Calhanoglu, su errore di Edimilson, uno dei peggiori in campo.
Nella seconda frazione di gioco, i viola sembrano svegliarsi dal torpore iniziale, la Fiesole ritornata sugli spalti, incoraggia e inneggia con cori la squadra. Momento positivo dei viola che attaccano e hanno diverse occasioni per trovare il pari, Chiesa e Mirallas su tutti, ma difesa e portiere rossonero bloccano gli attaccanti.
Primo cambio, esce Laurini per infortunio per Gerson. Il secondo cambio è l’ingresso di Vlahovic per Edimilson. Il neo entrato serbo ci prova ma il tiro esce di poco fuori. Ultimo cambio, esce Dabo per Norgaard. La Fiorentina almeno nell’impegno ci prova anche nei cinque minuti di recupero, ma al triplice fischio la reazione del secondo tempo non evita l’ennesima sconfitta e una crisi che ormai dura da mesi. Partono i consueti cori contro la proprietà ma anche fischi e dissenso verso la squadra e la panchina.
Numeri impietosi di una squadra che manca il successo da 14 gare, quattro partite consecutive, senza grinta, carattere, motivazioni, idee e gioco. Il centrocampo inesistente, l’attacco mai incisivo, Muriel e Mirallas pochi spunti mai pericolosi per gli avversari, Chiesa più intraprendente e reattivo nella seconda parte, con la fascia da capitano si assume le proprie responsabilità, a dimostrazione di un ragazzo maturo e serio professionista anche nelle affermazioni in difesa dei compagni.
Un triste finale inaspettato e inimmaginabile, con una squadra apatica e svuotata mentalmente e fisicamente, che dai sogni europei e possibili trofei si è ritrovata nei peggiori degli incubi, la salvezza da raggiungere. Pochi si salvano in questa debacle collettiva, ma tutti devono essere consapevoli di uscirne con il massimo impegno negli ultimi 180 minuti, poi che ognuno vada per la sua strada, non vediamo l’ora di scrivere la parola fine su questo campionato grigio e anonimo.
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